Danzare sulle onde: il richiamo del mare nell'arte

Sharon Hecker
Sharon Hecker
28.7.2021
Tempo di lettura: 5'
Fra i soggetti più raffigurati di sempre nelle opere d'arte, il mare non smette di affascinare. Da Hokusai a Roy Lichtenstein, ecco alcune delle opere che maggiormente hanno beneficiato del suo fascino senza stagione
L'inizio dell'estate porta inevitabilmente con sé i pensieri del mare e – specialmente per una californiana come me – le immagini delle onde. Nel corso dei secoli, artisti, scrittori e poeti hanno cercato di catturare il flusso e riflusso ritmico delle onde, equiparando il ripetitivo aumento e diminuzione dell'onda sia al passare del tempo che all'infinito ed all'eternità.
Nel mondo dell'arte, le rappresentazioni visive delle onde vanno dalla calma all'agitazione, che si tratti della spumosità e dell'aggressività di un'onda che si infrange in una tempesta, come nei vaporosi, evanescenti ma potenti dipinti di J.M.W. Turner in Waves Breaking Against the Wind (1830-45 circa).

Waves Breaking against the Wind c.1840 Joseph Mallord William Turner 1775-1851 (Tate)

O il modo in cui la luce gioca serenamente sulla superficie scintillante del mare calmo, come nella serigrafia a punti di Roy Lichtenstein, Landscape 6 (1967).

mare arte
Anche l'arte di Roy Lichtenstein non è stata immune al fascino del mare

Ma l'onda più famosa e suggestiva di tutte rimane La grande onda di Kanagawa di Hokusai (1830-31 ca.), comunemente conosciuta oggi come La grande onda, un'opera che ha ispirato tantissimi artisti e ha generato un vero e proprio following di culto, dalle emoji creative, ai loghi per prodotti per il surf, ai tatuaggi.

il mare nell'arte The Great Wave at Kanagawa (from a Series of Thirty-Six Views of Mount Fuji)

L'immagine di Hokusai è considerata l'icona dell'arte giapponese di xilografia su legno. Tuttavia, parte della ragione dell'enorme popolarità dell'opera in Occidente, soprattutto nella Francia del XIX secolo, fu l'utilizzo da parte dell'artista della prospettiva occidentale per rappresentare l'enorme onda selvaggia in primo piano e il Monte Fuji in scala minuscola sullo sfondo, con l'orizzonte basso.

Infatti, a causa della sua minuscola rappresentazione nell'immagine, il sacro e potente Monte Fuji spesso non viene nemmeno notato o addirittura tagliato completamente dalle opere ispirate dalla xilografia di Hokusai, anche se l'opera faceva parte di una serie chiamata 36 Vedute del Monte Fuji (1830-33). Il Giappone era stato isolato dall'influenza straniera per oltre due secoli (dal 1603 al 1868), ma Hokusai fu in grado di imparare la tecnica visiva occidentale della prospettiva attraverso delle stampe che arrivavano in Giappone grazie agli scarsi scambi commerciali permessi con Cina e Olanda.
Anche il colore blu brillante della xilografia è prodotto di questi scambi Est-Ovest. Il commercio estero permise l'arrivo in Giappone di un nuovo pigmento, il meraviglioso blu di Prussia. Questo fu il primo pigmento sintetico moderno mai prodotto e, secondo gli studi recenti di esperti tecnici del Metropolitan Museum, fu considerato dai giapponesi come più bello e saturo dell'indaco, un colorante naturale usato in precedenza, ma molto più opaco. Piuttosto che sostituire il vecchio con il nuovo, gli stampatori giapponesi mescolavano creativamente i due pigmenti, stampando uno sopra l'altro in modo da ottenere una transizione da luminoso a saturo, creando un effetto vibrante e quasi tridimensionale.

Molti artisti nella Parigi di fine Ottocento si innamorarono dell'arte giapponese, e uno di questi fu Vincent van Gogh, che potrebbe essere stato ispirato dalla xilografia di Hokusai per la sua celebre Notte stellata. Ma in altre opere, van Gogh vide le onde sotto una luce diversa. Nel suo Paesaggio marino vicino a Les Saintes-Maries-de-la-Mer (1888), ha mescolato il verde e il blu: sentiva che i colori del mare non erano fissi. Piuttosto mutavano costantemente in ogni momento.


Il mare nell'arte di Vincent Van Gogh, Paesaggio marino vicino a Les Saintes-Maries-de-la-Mer (1888)

Per creare un effetto di luce scintillante attraverso le onde, van Gogh ha applicato i suoi colori in modo denso con una spatola. Scrisse che il mare “ha un colore come lo sgombro, in altre parole, cambia - non sai mai se è verde o viola - non sai mai se è blu - perché un secondo dopo, il suo riflesso mutevole ha assunto una tonalità rosa o grigia”. Come tocco finale, ha firmato il proprio nome sul dipinto in rosso vivo, affermando che lo intendeva come una “nota rossa nel verde”.

L'imponente onda di Hokusai è stata interpretata in molti modi, e in queste interpretazioni contrastanti sta la sua potenza come icona. Se alcuni scrittori e poeti l'hanno vista come un simbolo della terribile sublimità della natura, altri hanno percepito in essa un sereno, pacifico equilibrio di armonia naturale. L'onda di Hokusai potrebbe segnalare l'agitazione, la disgregazione o la distruzione: vediamo su di essa la piccola barca del pescatore che sta per essere schiacciata dall'onda. Ma la forma monumentale dell'onda potrebbe anche essere vista come momentaneamente ferma, dando allo spettatore un senso di rassicurante stabilità. Queste sensazioni antitetiche si ritrovano in una delle opere più sorprendenti ispirate da Hokusai, una scultura di Camille Claudel chiamata La vague (1898-1905).

Il mare nell'arte

L'opera fu esposta per la prima volta nello stesso anno in cui il suo amico Claude Debussy completò la sua composizione musicale La mer, per la cui copertina il compositore scelse una versione stilizzata della stampa di Hokusai. Sentendo l'aspetto giocoso dell'onda, Debussy ha incluso nella sua composizione una parte scherzosa che ha chiamato Jeux de vagues.


Il mare nell'arte di Camille Claudel

L'idea di scolpire un'onda è in sé innovativa, ma la bella onda scolpita di Claudel è molto di più di un'innovazione scultorea. Ci mostra un equilibrio momentaneo di un mondo in costante movimento, di cui non possiamo conoscere l'esito finale. Scolpita in onice verde, è un'opera che fissa fugacemente la forza oceanica sempre mobile e mutevole, tentando di fermare l'acqua ma mantenendo il suo senso di fluidità e acquosità, catturando la sua iridescenza nel marmo verde venato e traslucido.

Invece dei pescatori maschi su una barca nella xilografia di Hokusai, Claudel ha inserito nella sua onda tre piccole figure femminili in bronzo che ballano giocosamente e si tengono per mano. Sono Neiadi? Dee del mare? Si godono la loro danza, incitando le onde, o temono di essere inghiottite da esse? Si sentono potenti o vulnerabili? Qualunque cosa stiano facendo e provando queste donne, l'onda stessa sembra tenerle, come se fossero racchiuse nel palmo curvo di un'unica enorme mano.

Ma forse l'onda di Claudel è anche una metafora di qualcosa di più grande. Proprio in quegli anni, suo fratello Paul identificava le onde con il processo creativo della scrittura. Nella sua Art poétique del 1903, scrisse: “La mano di uno scrittore copre la carta dall'inizio alla fine con un movimento uniforme. Un milione di parole diverse, che prestano forza e colore l'una all'altra, devono la loro vita a questo moto uniforme, così che l'intera massa ... sente ogni contributo della penna in movimento ... L'atto creativo essenziale è l'emissione di un'onda.”
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Storica dell’arte e curatrice americana (laurea alla Yale University, dottorato alla UC Berkeley), esperta di arte italiana moderna e contemporanea. Ha collaborato con musei come la Peggy Guggenheim Collection. Ideatrice di The Hecker Standard fornisce consulenze su due diligence a collezionisti, studi legali, wealth manager e family office. Membro dell’Advisory Board, International Catalogue Raisonné Association (ICRA), Vetting Committee TEFAF NY (Committee Chair) e Maastricht, e coordina l’Expert Witness Pool della Court of Arbitration for Art (CAfA).

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