Errori da evitare quando si vuole impostare un fund raising

Andrea Messuti
Andrea Messuti
13.10.2022
Tempo di lettura: 3'
Quali sono gli errori che le startup commettono in modo ricorrente nel corso di un round di fund raising, ossia di raccolta fondi? Ecco quelli da evitare

Ci sono alcuni errori, o miopie, che le startup (anche quelle più strutturate) commettono in modo ricorrente nel corso di un round di fund raising (ossia di raccolta fondi)? Quello che noto sul mercato è che alcuni errori sono ricorrenti a prescindere dalle dimensioni del round. 


1° errore: non avere un approccio strategico 

La principale caratteristica dei più comuni “errori” che praticamente tutte le startup almeno una volta commettono è quella di non avere un approccio strategico al raising. Il più classico degli errori delle startup italiane (in genere questo errore è commesso dalle startup molto early con un team molto giovane) è quello di prendere come “oro colato” tutto quanto succede negli Usa, in termini di prassi di quel mercato e calarlo in modo acritico nel contesto italiano. Niente di più sbagliato per un mercato, quello del venture capital (Vc) italiano, che ha dimensioni, logiche e numeri molto più “conservativi” rispetto a quello oltre oceano. 


Una declinazione di questa miopia è anche quella di cercare in rete e utilizzare standard di term sheet made in Us senza nemmeno un confronto con legali italiani attivi nel mercato del venture. La percezione è che questo errore strategico porti alla quasi naturale conseguenza di non riuscire nemmeno a fare dei pitch con investitori, siano essi angel o venture capital. 


2° e 3° errore: troppo ottimismo sui tempi di chiusura e focus sulle dimensioni del raising 

Hanno sempre uno sfondo di sbagliato approccio strategico, a parere mio, anche altri due comuni errori che, invece, sono commessi da startup con una dimensione più importante ma non ancora ben strutturate: 

1) essere troppo ottimisti sui tempi di chiusura del fund raising; 

2) focalizzare la propria attenzione sulle dimensioni del raising e della valutazione pre-money, soprassedendo o prestando poca attenzione a tutto un set di clausole presenti nel term sheet proposto dagli investitori che hanno un impatto economico (magari indiretto), ovvero creano posizioni statiche e privilegio a favore degli investitori a prescindere dai round successivi.


Nel primo caso, la possibile fine della cassa in anticipo rispetto alla data del possibile closing fa alzare la temperatura fra i founder o manager, da una parte, e gli investitori presenti e quelli possibili futuri. L’assenza di lucidità può portare a scelte affrettate o dettate dalla impellente necessità quali, ad esempio, accettare obtorto collo valutazioni molto più basse ovvero chiedere agli investitori già presenti di continuare a finanziare a fronte di importanti concessioni di governance o sulla cap table. 


Nel secondo caso, invece, le conseguenze si ripercuoteranno nel futuro in quanto alcune strutture legali, nei fatti, ribaltano il rischio d’impresa sui founder e garantendo un upside agli investitori in termini di posizioni di privilegio nelle future negoziazioni per eventuali successivi round. Ci si accorge di queste defiance solo dopo la sottoscrizione del term sheet senza l’ausilio di buoni consulenti con scarsissime se non nulle possibilità di “aggiustare” il tiro nel corso della negoziazione dei contratti definitivi. 


L’importante è non perseverare, ma se si riuscisse a evitare alcuni inciampi già ai primissimi round sarebbe un ottimo risultato.

Suggerimenti 

Alcuni suggerimenti che possono essere utili: 

1) raffrontarsi al mercato interno prendendo ispirazione da esperienze più mature e non standard di mercato; 


2) pianificare tutto nei dettagli a partire dal primo term sheet: è cattiva abitudine delle startup chiedere agli investitori una prima bozza di term sheet, come se gli aspetti legali fossero sempre secondari. Questo è uno dei più rimportanti regali che si concede agli investitori. Il raising è della startup non dell’investitore e, quindi, oltre ai documenti di presentazione, ai dati economico-finanziari e sullo stato di avanzamento del prodotto o servizio, preparare un term sheet che sostanzialmente includa i diritti che la startup vuole concedere in cambio della richiesta economica che sta chiedendo; 


3) affrontare gli aspetti legali non come una formalità necessaria ma come una parte fondamentale del deal avente valore strategico ed economico che avrà un impatto sulla crescita della startup, scaleup e, speriamo tutti, unicorno.

Opinione personale dell’autore
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È avvocato e partner di Lca Studio Legale, dove coordina il team di Emerging companies &
venture capital. È specializzato in operazioni di M&A e venture capital e in operazioni sui mercati
dei capitali nazionali o stranieri (con particolare riferimento alle Ipo nei settori tech e life science).
Assiste clienti italiani e internazionali operanti in diversi settori industriali e tecnologici.

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