La diversità paga, anche in portafoglio. Ma occhio a non incorrere nel rischio di limitarsi a un’analisi preliminare delle società che rispondono meglio ai propri criteri. La chiave è seguirle in tutte le fasi della loro attività
Le imprese in cui il 30% delle posizioni dirigenziali è occupato da donne potrebbero vedere il proprio margine netto aumentare del 6%. E quelle che hanno almeno il 20% di presenza femminile nei ruoli executive sono anche più propense a stimolare l’innovazione
E, guardando al prossimo futuro, la prospettiva non cambia. Perché nelle stime raccolte da Varlet, le imprese che hanno almeno il 20% di “quote rosa” nei ruoli executive sono anche più propense a stimolare l’innovazione. Un contesto che si traduce poi in incentivi economici per gli investitori, che vedono nella she-economy un megatrend su cui puntare. “Dal nostro punto di vista, l’inclusione aggiunge un ulteriore livello alle nostre decisioni d’investimento, dando un’idea della cultura delle imprese”, spiega Bech. “Considerare in quali aree avvengono le decisioni nel business è importante, così come è rilevante combinare la diversity con altri driver di rendimento, come la valutazione e le opportunità di crescita”.
Una strategia che fa leva, nel caso di Nordea, anche su una gestione attiva, che consente alla società di definire e migliorare il proprio approccio e la propria comprensione del tema della diversità, senza far affidamento unicamente sulle definizioni e i vincoli degli indici. “Combiniamo valutazioni quantitative e qualitative per ottenere un portafoglio di 80-100 titoli a livello mondiale con valori convincenti e all’avanguardia nella diversità di genere. Cerchiamo aziende sostenibili che stiano promuovendo la diversity e implementando misure concrete, ma che allo stesso tempo presentino solidi principi di business e prospettive di crescita. Crediamo inoltre che garantire buone pratiche esg (environmental, social, governance) nelle partecipazioni dei nostri fondi sia importante per salvaguardare gli interessi a lungo termine degli azionisti e della società”, racconta Bech. Per valutare il livello di diversità e inclusione in un’azienda, Nordea ha sviluppato anche il “Gender diversity score” che, come sottolinea la portfolio manager, “assicura un processo d’investimento dinamico in grado di adattarsi all’arrivo di nuove informazioni e dati in modo strutturato”. Quanto invece al fondo Mirova women leaders equity, nella fase di stock selection e di costruzione del portafoglio della strategia azionaria tematica globale viene presa in esame la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società in questione. Con un focus su due ambiti specifici: l’equilibrio generale tra la rappresentanza femminile e l’organico complessivo e il numero di donne in ruoli di amministratori delegati o di chief financial officer.
Ma non mancano dei rischi. “Uno dei principali da tenere sempre a mente è quello di limitarsi esclusivamente a un’attività preliminare al momento della costruzione del portafoglio, inserendo solo quelle società che rispondono meglio ai criteri che selezioniamo. Ma la strategia migliore per assicurare la limitazione dei rischi è seguire le aziende in tutte le fasi della loro attività. E lo facciamo attraverso un’attività di engagement costante e continuata nel tempo che si dispiega sotto forma di differenti modalità: politiche proattive di assunzione e promozione, formazione specifica, e misure che aiutino ad assicurare un positivo equilibrio tra lavoro e vita privata”, conclude Varlet. “A nostro avviso, il rischio principale è la sovraperformance di alcune aziende in cui abbiamo deciso di non investire per ragioni relative alla sostenibilità”, aggiunge Bech. “Il nostro obiettivo è quello di essere neutrali rispetto al mercato e a livello geografico e settoriale, concentrandoci sulla scelta delle migliori imprese all’interno di ogni segmento. Tuttavia, è più sfidante trovare aziende in certi settori o paesi che siano all’altezza dei nostri standard di diversità di genere. Questi underweight naturali ci consentono comunque la flessibilità di includere opportunità da altre regioni o settori specifici”.
Articolo tratto dal magazine We Wealth di luglio-agosto 2021