BlackRock & Co: quando il portafoglio lo "prepara" il gestore

Alberto Battaglia
20.2.2023
Tempo di lettura: 5'
I portafogli modello orientano le scelte dei consulenti con un impatto da 350 miliardi di dollari, in forte crescita: in Italia, però, restano un'opzione poco usata

La personalizzazione non potrebbe non essere la priorità in ogni costruzione di portafoglio: di conseguenza, per molti consulenti finanziari, affidarsi a un modello di allocazione già pronto, può costituire un risparmio di tempo notevole. In linea di massima, basta definire un profilo di rischio e trovare un'allocazione già elaborata professionalmente è tutt'altro che difficile. Le società di gestione, anche con l'intenzione di promuovere i propri fondi, mettono a disposizione degli investitori professionali i cosiddetti portafogli modello (“model portfolio”). Il consulente che vi ricorre, vi trae libera ispirazione e non può far ricadere particolari responsabilità sul gestore che ha elaborato il modello. Quest'ultimo, inoltre, non può essere distribuito direttamente al cliente finale. Nel caso dell'accordo previsto per accedere ai portafogli modello di BlackRock, i più diffusi, il consulente prende l'impegno non “pubblicizzare, commercializzare e distribuire i Portafogli Modello e/o consegnare i Portafogli Modello agli Investitori Finali”. La responsabilità di valutare l'adeguatezza del portafoglio al caso specifico ricade sul consulente.


Negli Stati Uniti a fare ricorso a questi portafogli modello è una quota crescente del risparmio gestito dai consulenti finanziari. Secondo l'ultimo rapporto che Morningstar ha dedicato al tema, si era calcolato che, al marzo 2022, fossero investiti ricorrendo ai model portfolio circa 350 miliardi di dollari, in aumento del 22% rispetto a un anno prima. I principali fornitori sono BlackRock, Wilshire, Capital Group e Vanguard. Gli utilizzatori di portafogli modello spesso citano, fra i maggiori benefici, la possibilità di ottimizzare i tempi rendendo conveniente lavorare anche con clienti magari più piccoli in termini di asset investibili.


L'offerta di portafogli modello in Italia

Da qualche tempo in Italia alcune società di gestione, in particolare quelle più attive nell'offerta di Etf, hanno iniziato a proporre portafogli modello ai consulenti finanziari italiani. L'ultima in ordine di tempo è piattaforma white-label indipendente di Etf e Etc, HANetf, che ha lanciato sei modelli (di cui uno anche basato su “digital asset e crypto Etp”). La compagnia, però, non manca: Vanguard, Pimco, Franklin Templeton, Invesco, solo per citare alcuni dei principali attori che al momento offrono soluzioni di asset allocation pronte all'uso (o da utilizzare come base di partenza da modificare). 

Buona parte delle strutture bancarie, per la propria squadra di consulenti finanziari, ha elaborato portafogli modello “ad uso interno” che, contrariamente a quelli offerti dalle società di gestione, non sono di libero utilizzo. Ad esempio, il Gruppo Bcc Iccrea aveva parlato di portafogli modello lo scorso luglio a questo giornale. 


Gli investitori finali non potrebbero avere accesso ai portafogli modello offerti dalle società di gestione, anche se per scaricarli online è sufficiente dichiarare, con una piccola bugia, di essere un consulente: ed è facile, a quel punto, vedere “cosa c'è dentro” a un determinato portafoglio modello.

Ma se il cliente si presentasse al proprio consulente finanziario, presso la banca o altro intermediario, la gestione indicata in un portafoglio modello, quest'ultima potrebbe essere messa in pratica? Per rispondere a questa domanda, tocca tornare sul tema di grande attualità a livello europeo quello degli incentivi (retrocessioni) che la maggioranza dei consulenti finanziari percepiscono per la vendita di determinati prodotti d'investimento.


“La fattibilità di questa operazione dipende esclusivamente dal proprio consulente finanziario”, ha dichiarato Annacarla Dellepiane, head of sales Italy di HANetf, “oggi, molti consulenti finanziari in Italia operano con due diversi tipi di incentivi: il primo vede il consulente ricevere una retrocessione dalla propria casa madre per la vendita di prodotti creati e distribuiti dalla stessa, oppure per la vendita di prodotti dove esiste un accordo di distribuzione. Il consulente viene quindi pagato dalla propria casa madre ed è incentivato a 'spingere' certi prodotti a discapito di altri... spesso la prestazione dei servizi al cliente è distorta o negativamente influenzata a causa della retrocessione”.


Per fare breccia, il portafoglio modello arriverà più gradito ai consulenti che percepiscono un pagamento basato su parcelle direttamente pagate dal cliente. “La seconda modalità” di incentivo, “si ha quando il consulente usa un incentivo chiamato 'fee on top', dove esso si fa pagare dal cliente finale una percentuale sulle masse gestite per operare in maniera completamente svincolata e indipendente. In questo caso, la commissione che prende il consulente è completamente trasparente e dichiarata ex ante. Gli ETP rientrano sempre in questa seconda categoria, in quanto non prevedono retrocessioni e lo strumento del Model Portfolio composto da ETP si sposa bene con questo modus operandi, dove è quindi possibile che il proprio consulente replichi su richiesta quanto da noi (o da altri) già costituito”.


E' facile immaginare, quindi, che il relativo ritardo nella diffusione degli Etf in Italia vada di pari passo con la diffusione dei portafogli modello, di cui si è sentito parlare proprio al Fee Only Summit 2022, dedicato ai consulenti pagati solo tramite parcella. "I model portfolio hanno senso nell’ambito della consulenza indipendente", ha affermato a We Wealth, Francesco Paganelli, senior manager research analyst di Morningstar, "con l’affermarsi degli uni, crescerà l’uso degli altri".

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Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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