Le famiglie tendono ad essere meno sensibili alle performance portate a casa dai gestori, rispetto agli investitori istituzionali
Il risultato è che i fondi per i quali la quota detenuta dalle famiglie è più rilevante perfomano meno bene
Si dice spesso che selezionare i gestori di fondi più abili è complicato. Di sicuro, lo è di più per i piccoli risparmiatori, meno per gli investitori istituzionali che si rivelano decisamente più capaci di scegliere i fondi attivi “vincenti”. Secondo un nuovo studio condotto da due economisti della Banca d’Italia, Raffaele Santioni e Valerio Della Corte, i comportamenti delle famiglie risentono molto di più del marketing cui sono esposti e sono molto meno sensibili degli investitori istituzionali alle perfomance portate a casa dei gestori. In altre parole, è molto più probabile che un gestore che abbia performato bene sia premiato con maggiori flussi di capitali istituzionali che non da flussi di piccoli risparmiatori. Al contrario, chi ha performato male, sarà punito da maggiori deflussi di capitali da attori istituzionali, mentre sarà più probabile un atteggiamento “inerte” da parte delle famiglie.
Analizzare scientificamente i gestori paga (ma a farlo sono gli investitori istituzionali)
Gli autori sono arrivati a queste conclusioni esaminando una serie di fondi europei, disponibili sia a famiglie sia ad attori istituzionali, combinando dati da Morningstar e dall’Eurosistema: da questa analisi, estesa a un arco temporale compreso fra 2009 e 2020, è stato possibile osservare quali fondi fossero maggiormente detenuti da clientela retail o istituzionale. E capire quali hanno reso meglio.
Si è scoperto, così, che i fondi più comprati dalle famiglie registrano performance corrette per il rischio significativamente peggiori. Di quanto? “Nel momento in cui si passa da fondi detenuti al 25% dalle famiglie a fondi nei quali, invece, le famiglie rappresentano il 75% della base di investitori, c’è una perdita nei ritorni corretti per il rischio… di circa 40 punti base all’anno”, hanno affermato gli autori in un articolo su VoxEu, precisando come questa dinamica si osservi in fondi dalle differenti caratteristiche e anche in diversi momenti del periodo di osservazione.
Che cosa succede, infatti, quando in un dato momento la quota di investitori retail in un determinato fondo aumenta? Succede che quel fondo, poi, si rivela meno performante. “Quando le famiglie detengono una quota maggiore di un fondo, è anche il momento nel quale il fondo tende a registrare una performance significativamente inferiore alla sua media (temporale), a parità di altri fattori”, hanno affermato i due economisti di Bankitalia, “questo potrebbe essere considerato come una prova del fatto che la performance più debole dei fondi comuni di investimento delle famiglie è legata all’incapacità che queste ultime hanno nell’identificare la performance corretta per il rischio, il che porta all’inerzia nell’abbandonare (o aumentare le loro partecipazioni in) fondi comuni di investimento a bassa performance (ad alta performance)”.
L’aspetto un po’ paradossale di questo comportamento da parte delle famiglie, che mantengono gli investimenti su fondi che hanno dato poche soddisisfazioni, è che i gestori di fondi hanno “meno incentivi a generare alpha, ossia sovraperformance, e che possono invece ricorrere alla spesa in marketing e canali di distribuzione come mezzo per attirare gli investimenti” dalla clientela retail.
Famiglie troppo “inerti” nella valutazione dei fondi
Perché gli investitori al dettaglio sono meno attenti a tagliare i rami secchi e non valutano in modo più severo e attento i fondi su cui investono? Santioni e Della Corte hanno fornito alcune possibili spiegazioni. La prima è che i piccoli risparmiatori tipicamente attivano investimenti automatici in piani come quelli previdenziali, come i piani di accumulo. Questo, affermano gli autori, “potrebbe condurre a una diminuita riallocazione”, ovvero: una volta avviato il Pac, non si controlla molto attivamente come sta performando il fondo che riceve periodicamente i versamenti.
Un altro elemento che potrebbe influenzare le scelte delle famiglie su una base non razionale è “l’idea che i fondi comuni si affidino maggiormente al marketing e ai canali di distribuzione quando si rivolgono” alle famiglie. “Gli investimenti nel marketing possono ad esempio attirare i flussi delle famiglie per diversi periodi successivi, indipendentemente dalle altre caratteristiche del fondo”.
Infine, la presenza di eventuali costi in uscita dai fondi riducono l’incentivo a uscire dai “fondi a bassa performance anche per le famiglie vigili”.
Tutte queste evidenze possono suggerire come, per aiutare i piccoli risparmiatori e le famiglie a fare una selezione dei fondi più consapevole ed efficace, possano aiutare tutte quelle innovazioni a favore di una maggiore trasparenza come “la regolamentazione della protezione degli investitori o il miglioramento delle tecnologie informatiche che consentono una più facile comparabilità tra i fondi comuni”.