Investi e dimenticatene: vizi e virtù del portafoglio "pigro"

Alberto Battaglia
22.12.2022
Tempo di lettura: 5'
Si può risparmiare tempo, fatica e denaro senza rinunciare al rendimento? Reso celebre da Ray Dalio, ecco cosa sapere sul lazy portfolio

Raccogliere le occasioni che si presentano sui mercati con costanza, lo abbiamo ricordato molte volte, è un compito che riesce di rado anche agli investitori professionisti: perché dovrei pretendere da me stesso, o dal mio consulente, di ricalibrare periodicamente il mio portafoglio per "guadagnare di più"? Tralasciando le operazioni che servono per mantenere inalterate la distribuzione fra bond, azioni e le varie altre componenti della mia distribuzione, potrei forse dimenticarmi di qualsiasi altra modifica? L'impostazione che risponde 'sì' a entrambe le domande è quella del cosiddetto “portafoglio pigro” o “lazy portfolio”


Il pensiero che lo sorregge è il seguente: dal momento che sulla lunga distanza i mercati tendono a salire, una volta individuati gli anni di durata dell'investimento e la propensione al rischio, basta fare una buona diversificazione e... aspettare. Niente ribilanciamenti, niente acquisti o vendite particolari in questo o quel settore, su questa o quell'azione, bond o asset class. E' il dolce far niente


Di solito la strategia ha due vantaggi assicurati: costa meno fatica e anche meno denaro. Se alla base del portafoglio ci fossero solo Etf e gestioni a basso costo, ci si potrebbe limitare a un'assistenza preliminare con un consulente professionista, anche una tantum, e poi risparmiare per diverso tempo le eventuali parcelle (è più complicato, o comunque avviene di rado, costruire portafogli low cost servendosi dei consulenti abilitati all'offerta fuori sede e bancari). Una soluzione ancora più basica può ispirarsi alle scelte di investitori di chiara fama che hanno creato lazy portfolio ad uso e consumo dei loro seguaci: uno dei più famosi è il portafoglio All Weather (ossia buono per tutte le stagioni) creato dal noto hedge fund manager Ray Dalio. L'idea di fondo è che la sua diversificazione possa offrire rendimento in tutti i contesti di mercato ed economici. Che cosa c'è dentro? Appena cinque 'ingredienti'.


Un 30% di azioni, rappresentate dal Vanguard Total Stock Market ETF, che replica l'andamento di un indice diversificato a base di titoli a grande, media e bassa capitalizzazione da mercati sviluppati ed emergenti a livello mondiale. Un 55% di obbligazioni, in particolare Buoni del Tesoro Usa su diverse scadenze (iShares 20+ Year Treasury Bond ETF, 40%, iShares 7-10 Year Treasury Bond ETF) e un ulteriore 15% di materie prime, metà delle quali rappresentate dall'oro (SPDR Gold Trust) e la restante parte diversificata attraverso l'Invesco DB Commodity Index Tracking Fund. Dal gennaio 2010 al 17 dicembre 2022 la strategia ha reso il 131% complessivo. Meno dell'indice azionario S&P 500 (242%) come prevedibile: all'interno di questo indice, infatti, ci sono solo azioni, l'asset class che nel lungo periodo offre il rendimento più elevato (ma anche oscillazioni più ampie e, dunque maggiori rischi). Il portafoglio pigro di Ray Dalio ha ridotto, grazie alla sua diversificazione, il momento di massimo ribasso (drawdown) al -24,28% e, in questo modo, ha diminuito il rischio che eventuali imprevisti costringano a vendere parte del portafoglio nel momento in cui è in forte perdita (ad esempio, poco dopo lo scoppio della pandemia).


Cosa ne pensano i consulenti finanziari 

Che la spesa sia minima, in termini di tempo, fatica e denaro è evidente: ma il lazy portfolio dà anche la proverbiale 'massima resa'? “I lazy portfolio sono venuti alla ribalta tra gli investitori negli ultimi anni, in particolar modo grazie all’opera di divulgazione fatta negli anni da Ray Dalio, il suo principale sostenitore... favorendone la diffusione tra gli investitori, vista anche la semplicità”, ha dichiarato a We Wealth il consulente indipendente e fondatore di DLD Capital Scf, Edoardo Fusco Femiano. “Sul piano più strettamente pratico un lazy portafoglio necessita di un costante ribilanciamento delle posizioni, al fine di mantenere la percentuale delle singole asset class, sul totale del portafoglio, sui livelli indicati precedentemente. Tale ribilanciamento è necessario che avvenga almeno su base trimestrale. Una complessità ulteriore riguarda la componente legata alle materie prime industriali: non tutti gli strumenti sono negoziabili con un sottostante diretto, mentre si possono usare degli ETF, che tuttavia spesso hanno il problema al loro interno di utilizzare contratti future”.


E le performance? “In primis, i grandi contributori alla performance complessiva del portafoglio pigro sono stati l’azionario e l’obbligazionario, mentre l’oro e le materie prime industriali hanno di fatto distrutto valore per oltre un decennio. Di fatto, quindi, un lazy portfolio negli ultimi anni ha performato peggio rispetto ad un normale portafoglio bilanciato”. In conclusione, esistono diverse varianti di un approccio lazy ma, in generale, è fondamentale accettare che, per molti anni, una singola asset class delle quattro in portafoglio (stock, bond, industrial commodity, precious material) possa non generare o addirittura distrutte valore”, ha proseguito Fusco Femiano, “serve quindi un alto grado di disciplina per mantenere quell’asset allocation nel tempo”. O di pigrizia, potremmo dire.


Secondo Salvatore Gaziano, consulente indipendente e responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf i lazy sono “portafogli comunque interessanti da valutare e che rispetto ad asset allocation improvvisate o caricate di costi di struttura e gestione (tipicamente i lazy sono fatti con gli ETF) hanno dei vantaggi notevoli”. “Come SoldiExpert Scf li usiamo in parte da diversi anni in diverse nostre asset allocation ma all'interno anche di altre strategie poichè come ha mostrato il 2022 il portafoglio 'perfetto' non esiste e la decorrelazione fra azionario e obbligazionario non è sempre garantita in ogni condizione di mercato e anche la presenza di una 'spruzzata' di materie prime e/o oro non è in grado di raddrizzare tutte le equity line visto il peso”, a affermato via email a We Wealth. Il principio dell'allocazione buona per tutte le stagioni, infatti, è che l'obbligazionario aumenti di valore quando l'azionario scende: nella storia è avvenuto con frequenza, ma non è stato così nel 2022. “Per questo motivo preferiamo ragionare sia come diversificazione asset che di strategie, comprendendo fra queste anche quelle tattiche o rotazionali basate su approcci sia di tipo quantitativo sia fondamentale e con una parte moderata (molto moderata) di quota 'discrezionale'”, perché la statistica è impietosa su questo.


“Personalmente sono d'accordo ad utilizzare strategie il più possibili statiche per la costruzione di portafogli di investimento”, ha dichiarato a We Wealth il consulente indipendente Gianluca Sidoti, fondatore di TraDetector, invitando però a non dimenticare che, prima di tutto vanno stabiliti gli obiettivi di investimento. Successivamente, “mi sembra sensato costruire un portafoglio in Etf il più 'lazy' possibile, ma senza dimenticarcene completamente. Un esempio è il classico portafoglio bilanciato (60% azioni, 40% obbligazioni)”, più ambizioso e rischioso, dunque, di quello proposto da Ray Dalio, “una strategia che negli ultimi decenni si è sempre dimostrata vincente sia in termini di rendimento che di rischio; tuttavia dallo scorso anno - e non sappiamo ancora per quanto - questa tipologia di portafoglio non può andar bene e deve essere modificata”. In un certo senso ci sono svolte nei mercati di portata tale che potrebbe giovare non essere troppo pigri e fare qualche cambiamento. Sidoti ritiene che almeno ogni cinque anni alcune migliorie vanno valutate. “Meno movimentazioni facciamo, meno eventi fiscali avvengono” e meno tasse si pagano. “Ricordiamoci che negli Etf non è ammessa la compensazione tra minusvalenze e plusvalenze perché le prime sono assimilate a redditi diversi e le seconde a redditi di capitale”.

Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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