Tutti gli interventi di sostegno alla liquidità delle società e al loro rafforzamento patrimoniale saranno prorogati nel 2021. Alle imprese sono già andati 40 miliardi
L’industria del risparmio gestito è attiva per canalizzare la liquidità privata dai conti correnti alle imprese. Si pensi ai “pir e ai decreti varati da marzo in avanti”. Ma è chiaro che altri passi devono seguire, come l’educazione finanziaria: molti clienti non distinguono fra azioni e obbligazioni
La collaborazione fra pubblico e privato è una chiave per la ripresa. Ma non c’è in atto un ritorno dello statalismo: “Gli interventi del governo hanno una valenza strategica, sussidiaria e limitata nel tempo”
10.000 euro sui conti correnti oggi valgono 9000 fra 10 anni. Tuttavia proteggersi adesso contro l’inflazione costa molto poco. Anche se il rischio inflazione non è enorme, in portafoglio va valutato
Una lotta fra incertezza e voglia di crescita
“Siamo riusciti a scongiurare un nuovo credit crunch [stretta creditizia, ndr], che sarebbe stato esiziale”. Parte da un dato di fatto, il viceministro dell’economia Antonio Misiani nel suo intervento alla conferenza digitale di Assogestioni “La ripartenza passa dalla liquidità. Un match tra incertezza e voglia di crescita”. Sulla scorta di ciò, “tutti gli interventi di sostegno alla liquidità delle imprese e al loro rafforzamento patrimoniale saranno prorogati nel 2021”. Questo perché, a livello europeo, la Commissione “ha deciso, ed è una scelta saggia, di prolungare il termine di validità del temporary framework che allenta le regole sugli aiuti di Stato”.
Recovery fund, la liquidità delle imprese oltre i conti correnti
Le risorse europee giocheranno un ruolo decisivo e “il recovery fund è la madre di tutte le misure”. Ma “noi dobbiamo essere in grado di mobilitare i 1500 miliardi di euro parcheggiati sui conti correnti degli italiani”. È necessario prosegue Misiani, “canalizzare un flusso crescente di queste risorse verso l’economia reale, per dare l’avvio al motore della ripresa”. Il tasso di risparmio degli italiani si è impennato nei mesi del lockdown, c’è stato uno spostamento di liquidità dalle imprese ai conti correnti delle famiglie. L’industria del risparmio gestito è attiva per innescare la canalizzazione. Alcune scelte sono già state fatte. Si pensi al “rafforzamento dei pir e ai decreti varati da marzo in avanti. Ma è chiaro che sono dei primi passi a cui devono seguirne degli altri per far sì che un ammontare crescente di risorse finanzi la ripresa della nostra economia”.
Poi Antonio Misiani comunica un dato che dovrebbe far riflettere: “Gli investitori istituzionali hanno oltre 900 miliardi euro, di cui la grande maggioranza è investita all’estero“. In tal senso, la “nuova Borsa Italiana ha accumulato un know how molto importante per accompagnare le piccole e medie imprese verso un percorso di crescita sostenuta” e il suo ruolo “sarà strategico per una nuova stagione di rilancio del paese”.
Liquidità, perché resta sui conti e non aiuta le imprese
Ma perché tanto attaccamento al conto corrente? Giorgio De Rita, segretario generale Censis, fa un discorso strutturale. La stagnazione della crescita economica italiana è in atto da anni, “siamo cresciuti sempre dello ‘zero virgola’, in un contesto di divaricamento delle disuguaglianze sociali”. Il covid non ha fatto che spostare in avanti l’orizzonte temporale dell’incertezza. Ora le persone ragionano in termini di giorni e non di anni”.
Le rassicurazioni? Insopportabili. Le famiglie vogliono capire perché “mettere a rischio” la propria liquidità
La liquidità è percepita come uno strumento di prevenzione dei danni e dei rischi futuri, prosegue il segretario generale del Censis. E il risparmio è la vera tutela dei prossimi anni. Per questo “serve una buona consulenza finanziaria”. Dalle ricerche svolte con Assogestioni è emerso che “chi ha un consulente si fida molto di lui, ma crede anche che debba aumentare lo spettro delle proprie competenze”.
Un altro aspetto illuminante per gli operatori del risparmio gestito è che i risparmiatori desiderano addivenire a un “giusto mix” fra tecnologia e relazioni umane. E non è tutto: i clienti domandano alla finanza di “guardare oltre”. Emerge dalle indagini che le scelte di investimento non appartengono più solo al capofamiglia (inteso come maggiore percettore di reddito), ma presentano un modello collaborativo. Permane nel Belpaese un deficit nella cultura finanziaria. Lacune tali che portano molti a non distinguere azioni da obbligazioni.
Gli italiani, prosegue De Rita, chiedono una giusta composizione fra rassicurazione e orientamento al rischio. I messaggi di rassicurazione (“andrà tutto bene”) vanno bene nel brevissimo periodo, ma nel lungo sortiscono l’effetto contrario. L’eccesso di rassicurazioni blocca la società. Le famiglie vogliono essere rassicurate, ma chiedono anche maggior coraggio. Vogliono sapere perché a volte è importante anche rischiare, capire perché è vitale “rimettere in circolo” i propri soldi.
Bisogna imparare a mettere il risparmio a reddito
Cinzia Tagliabue (presidente del comitato diversity di Assogestioni) tratteggia il cospicuo risparmio degli italiani come il “gigante addormentato” dell’economia nostrana. Sottolinea anche l’esigenza di “lavorare su soluzioni di prodotto che aiutino la diversificazione in questo contesto di tassi e rendimenti negativi per orientare i clienti a una corretta pianificazione prospettica dei loro risparmi”. Un tema sempre più essenziale sarà quello previdenziale.
“La previdenza integrativa è un canale fondamentale”, aggiunge Ugo Loser (amministratore delegato Arca Fondi sgr). “Per definizione ha una propensione al rischio, ma con un arco temporale molto lungo”. Sul lungo periodo conta anche l’inflazione, dato che “10.000 euro sui conti correnti oggi valgono 9000 fra 10 anni”. Tuttavia “oggi proteggersi contro l’inflazione costa molto poco”, prosegue Loser. A tal proposito, Giuliano D’Acunti (country head di Invesco Am) evidenzia che “il rischio inflazione non è enorme, ma in portafoglio va valutato”.