Institutional Investor, sito di informazione economico finanziaria, ha osservato come sui mercati emergenti dall’inizio della guerra i fondi attivi abbiano perso di meno dei fondi passivi
L’esposizione media alla Russia dei fondi investiti nei mercati emergenti gestiti attivamente è scesa drasticamente dal 3,19% di gennaio allo 0,8% di fine febbraio, per arrivare allo 0,05% in marzo
Dal giorno in cui le truppe russe hanno attraversato il confine ucraino i fondi attivi in media hanno perso il 12,5%, contro il -13,1% registrato dall’indice MSCI EM
Invesco Developing Markets e Baillie Gifford EM Equities III sono tra i fondi che hanno ridotto maggiormente l’esposizione alla Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina. Il primo ha ridotto nel giro di un solo mese gli investimenti in asset russi dal 7% allo 0,26% del portafoglio. Il secondo, che aveva oltre il 6% investito in azioni russe a gennaio, ne ha scaricato la maggior parte entro la fine di febbraio e ha riferito di non avere investimenti nel paese a marzo.
Anche se gli investitori in questi fondi attivi hanno subito perdite, hanno sofferto meno rispetto agli investitori con in portafoglio fondi indicizzati. In un contesto di elevata volatilità del mercato, i fondi attivi in media hanno perso in media il 12,5% dal giorno in cui le truppe russe hanno attraversato il confine ucraino. Nel mentre, l’indice MSCI EM ha riportato un rendimento negativo del 13,1%.
La capacità di vendere rapidamente gli asset è stata fondamentale per i fondi attivi. Molti strateghi sostengono che era difficile, se non impossibile, prevedere la guerra, per non parlare delle conseguenze. In questo contesto, i gestori attivi sono stati favoriti, per via della loro maggiore flessibilità, a differenza dei fondi passivi che sono vincolati ai benchmark di riferimento.