I numeri
“La ricerca scientifica è uno degli strumenti più potenti per sviluppare o migliorare la nostra conoscenza dei fenomeni socio-economici, incluso il mondo degli investimenti”, spiega Basilico. Ma cosa ci dice sulle donne in finanza? O meglio, la domanda da porsi sarebbe: “Dove sono le donne in finanza?”. Secondo uno studio Morningstar, il settore del risparmio gestito è fermo a vent’anni fa: nel 2000 la quota di gestori-donne era del 14%, esattamente come nel 2019 (l’analisi, svolta con metodologie quantitative, ha coinvolto 56 paesi e oltre 25 mila fund manager). I grandi centri finanziari sono sotto la media globale, inclusi gli Stati Uniti (11%) e il Regno Unito (13%). In alcuni mercati minori troviamo risultati migliori, tra cui l’Italia (19%), la Spagna, Hong Kong e Singapore. Si stima che appena l’1,1% del patrimonio globale sia in mani femminili.
Non è questione di performance
Il confronto con altre professioni fa impallidire. Un’indagine del Cfa Institute negli Stati Uniti rivela che “le analiste finanziarie” nel 2016 erano il 18% contro il 33% di avvocatesse, il 37% di medici e il 63% di commercialiste. La ricerca scientifica fa fatica a spiegare queste differenze. “Non è una questione di performance – dichiara Basilico – Uomini e donne hanno profili di rendimento, rischio e costi simili. L’unica differenza è nel turnover di portafoglio che è inferiore per le seconde, il che depone a loro favore dato che i costi di transazione vanno a svantaggio dei risultati. Gli studi comportamentali mostrano che l’eccessiva sicurezza in se stessi può indurre a scelte che razionalmente non si prenderebbero, incluso un numero eccessivo di negoziazioni di titoli. E questo atteggiamento di overconfidence è provato che sia più presente tra i maschi”.
I pregiudizi
Altri studi hanno dimostrato che non ci sono grandi differenze nella gestione dei fondi; tuttavia gli investitori sembrano preferire gli uomini, che, di conseguenza tendono a raccogliere più facilmente, flussi di capitale. La ragione sono i pregiudizi e per scardinarli è necessario un rebranding della finanza in modo da rimuovere gli ostacoli strutturali, ma anche terminologici, che le donne incontrano sin dall’inizio della loro carriera. Dopo la crisi del 2008, la finanza ha ancora più urgenza di cambiare e l’adottare strategie di investimento attente all’ambiente, al sociale e al buon governo aziendale può essere una buona strada. Qui le donne stanno giocando un ruolo da protagoniste e potrebbero continuare a farlo se il covid-19 non ci farà tornare indietro penalizzando l’universo femminile più che quello maschile in termini di occupazione e possibilità di carriera.