Come e perché investire su imprese che rispettano la diversity

Rita Annunziata
6.10.2021
Tempo di lettura: 5'
Investire sulla tutela della diversità fa bene anche al portafoglio. Ecco quali sono i settori e i paesi su cui puntare. E quale strategia adottare

Le aziende che si preoccupano della diversità vantano anche prestazioni migliori nel mercato azionario

Plakman: “I settori che ottengono un buon punteggio sono piuttosto numerosi ma IT, sanità e consumi sono probabilmente i più avanzati”

Investire per accelerare il countdown dell'uguaglianza si può. A beneficio non solo della collettività e delle imprese, ma anche dei portafogli. We Wealth ha raccolto alcune delle strategie adottate dai gestori, identificando settori e paesi che meglio rispettano la diversity.Secondo Michiel Plakman, portfolio manager della strategia RobecoSam global gender equality impact equities di Robeco, investire in imprese con una cultura aziendale “sana” e che “si prendono cura di tutti i loro stakeholder” garantisce innanzitutto una migliore gestione e una crescita dei talenti. Inoltre, spiega, diversi studi accademici suggeriscono come le aziende che si pr...
“Dal nostro punto di vista, l'inclusione aggiunge un ulteriore livello alle nostre decisioni d'investimento, dando un'idea della cultura delle imprese”, spiega Bech. “Considerare in quali aree avvengono le decisioni nel business è importante, così come è rilevante combinare la diversity con altri driver di rendimento, come la valutazione e le opportunità di crescita, per avere una stima esaustiva e completa dell'azienda”. Una strategia che punta, nel caso di Nordea, su una gestione attiva, che le consente di migliorare la propria comprensione del tema della diversità senza far affidamento unicamente sulle definizioni e i vincoli degli indici. Mettendo insieme valutazioni quantitative e qualitative al fine di costruire un portafoglio di 80-100 titoli a livello mondiale “con valori convincenti e all'avanguardia nella diversità di genere”.

Quanto a Robeco, interviene Plakman, l'idea è di investire unicamente in aziende che danno un contributo positivo al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. E, per ciascun settore, di investire esclusivamente nel gruppo di aziende (50%) che vanta una valutazione migliore in termini di uguaglianza di genere e che si posizionano dunque nella parte alta del ranking. “In linea generale, siamo abbastanza neutrali rispetto al settore. Tuttavia, in alcuni di essi è più difficile trovare aziende veramente valide dal punto di vista della parità di genere. Controlliamo anche i bias di crescita e di valore e ci assicuriamo di avere un portafoglio di 50-70 nomi con correlazioni relativamente basse per costruire una selezione ben diversificata”. Tra i settori che vantano un buon punteggio in termini di diversity, segnala Plakman, si distinguono l'IT, la sanità e i consumi. “In generale, la società che investe nella diversità può avere un profilo molto vario”, precisa. Ma, aggiunge, le aziende europee tendono a preoccuparsi maggiormente della parità di genere, specie quelle scandinave.

A intervenire sul tema anche Soliane Varlet, gestore del fondo Mirova Women Leaders Equity, affiliata di Natixis investment managers, che spiega infine come il primo obiettivo di una strategia d'investimento sia quello di fornire rendimenti solidi in un dato periodo di tempo, combinati con il raggiungimento di obiettivi a impatto positivo sul fronte sociale. E non solo. “Nel nostro caso, tra le priorità extra-finanziarie del fondo, vi è la promozione della rappresentanza femminile all'interno dei ruoli apicali e dei consigli d'amministrazione. Dal punto di vista concreto, nella fase di stock selection e di costruzione del portafoglio della nostra strategia azionaria tematica globale, prendiamo in esame la percentuale di donne nel consiglio d'amministrazione della società in questione e ci focalizziamo su due ambiti specifici: l'equilibrio generale tra la rappresentanza femminile e l'organico complessivo e il numero di donne in ruoli di amministratori delegati oppure di chief financial officer”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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