Rimandata a data da destinarsi la revisione degli accordi commerciali della fase 1 in programma per il 15 agosto, vuoi per impegni diplomatici del partito comunista, vuoi per concedere più tempo alla Cina di raggiungere gli obiettivi di importazione fissati a gennaio, finora scarsamente raggiunti
Dopo TikTok e WeChat, ora tocca a Huawei e forse Alibaba. Tuttavia, le sanzioni contro le big tech cinesi potrebbero impattare ancora più pesantemente le big tech americane
I mercati finanziari cinesi tirano una boccata d’aria grazie all’iniezione di liquidità supplementare per 700 miliardi di yuan da parte della Banca Popolare Cinese: lo Shanghai Composite chiude in rialzo del 2,3% nella giornata del 17 agosto
Tutte le big tech coinvolte, battaglia dopo battaglia
Alibaba
La nuova battaglia potrebbe vedere l’amministrazione Trump contro Alibaba, società cinese fondata nel 1999 e quotata a Wall Street dal 2014 (con una pubblica offerta iniziale record da quasi 25 miliardi di dollari) e ad Hong Kong dal 2019. Dal prossimo 7 settembre, inoltre, la società sarà inclusa nell’indice benchmark cinese Hang Seng Index, confermando il trend che sta lasciando sempre più spazio sui mercati asiatici al comparto tecnologico. Inoltre, “essere quotati “più vicini a casa” sta diventando sempre più attraente man mano che le tensioni tra Washington e Pechino minacciano di limitare l’accesso ai mercati americani da parte delle società cinesi”, ha sottolineato Bloomberg.
Il colosso dell’e-commerce, prevalentemente b2b (business to business, a differenza di Amazon), ha aperto le porte ai venditori americani lo scorso anno e totalizza circa un terzo dei suoi utenti in America. Il Gruppo Alibaba, che conta tra le altre società anche Alipay (pagamenti online) e Taobao (marketplace che permette a piccole imprese e singoli imprenditori di aprire un proprio negozio online), ha chiuso il 2019 con 73,5 miliardi di fatturato globale e 161 milioni di ricavi, con i prossimi dati in attesa per il 20 agosto.
“Qualsiasi azione intrapresa da Washington probabilmente non inficerebbe l’e-commerce e il retail dell’azienda in Cina, che rappresenta circa l’80% del fatturato totale. Le vendite al dettaglio e ingrosso internazionali contano invece per il 7%. Le sanzioni sulle attività Usa di Alibaba avrebbero un impatto minimo”, riporta la Cnn. “Tuttavia, Alibaba ha bisogno di semiconduttori e software Usa per offrire i suoi servizi cloud in Cina. E anche se genera poco fatturato negli Stati Uniti, il Paese resta sempre un mercato importante”, aggiungono gli esperti. Il timore di alcuni investitori, quindi, è che alcuni colossi tech americani possano subire indirettamente gli effetti della nuova fase di tensione.
Huawei
Intanto, sebbene non direttamente, l’amministrazione Trump continua la sua crociata anche contro aziende come Huawei. Il Dipartimento del Commercio Usa, infatti, non ha finora rinnovato la licenza temporanea – in precedenza estesa diverse volte – che consentiva alle società americane di esportare componenti tecnologici al produttore cinese Huawei, come quelli necessari per la costruzione di alcuni chip degli smartphone. Il bando, quindi, è ora entrato in vigore: i rapporti si fanno sempre più tesi.
Lo scorso anno, infatti, l’amministrazione Trump aveva eliminato per Huawei la possibilità di includere alcuni servizi tecnologici americani nei propri dispositivi e aveva recentemente lanciato un appello alle democrazie occidentali invitandole a non considerare Huawei per implementare le proprie reti 5G (accolto, tra l’altro, dalla Gran Bretagna).
TikTok (ByteDance)
La notizia delle possibili nuove pressioni sui colossi del tech cinese come Alibaba arriva meno di 24 ore dal provvedimento con cui il Governo Usa ha imposto a ByteDance di cedere entro i prossimi 90 giorni tutte le attività americane di TikTok (e i dati acquisiti dagli oltre 100 milioni di utenti Usa iscritti al social network, amato soprattutto dai giovanissimi).
Un ordine che si aggiunge alla direttiva della scorsa settimana secondo cui il Presidente Trump impedirà alle aziende americane di svolgere qualsiasi operazione con TikTok a meno che l’app non venga acquisita da una società a stelle e strisce entro metà settembre. Rumors riportano l’interessamento di Microsoft, pronta a sborsare fino a 50 miliardi di dollari per un business in fortissima crescita che, secondo gli analisti, presto potrebbe valere il quadruplo (fonte Cnn). Anche Twitter e Netflix si sono dette interessate.
Una transazione che potrebbe portare nelle casse del Tesoro Usa “una notevole quantità di denaro” come annunciato da Trump, perché “gli Stati Uniti stanno rendendo possibile l’accordo”. Pensare che a fine luglio ByteDance stava considerando proprio Wall Street o una Borsa europea per quotare le attività extra Cina (che includono TikTok, non disponibile nel Paese), riporta Reuters.
Nel frattempo, secondo quanto riporta il Financial Times, anche Oracle potrebbe avanzare un’offerta per rilevare le attività di TikTok negli Usa, Canada, Nuova Zelanda e Australia. Interessante notare come il co-fondatore di Oracle, Billy Ellison, sia uno dei pochi nella Silicon Valley a supportare apertamente il Presidente Trump.
WeChat (Tencent)
Come TikTok, anche WeChat, applicazione di messaggistica istantanea che consente pagamenti online e delivery, è sottoposta alla direttiva che dà 45 giorni alle società americane interessate, per rilevare le attività Usa del social network. Con una capitalizzazione di mercato vicina ai 700 miliardi di dollari, Tencent è la seconda società tech cinese per valore di mercato. La notizia ha fatto attraversare al titolo una giornata di fuoco (il 7 agosto) sulla borsa di Hong Kong ha dapprima ceduto il 10%, archiviando la seduta con una perdita del 5%, grazie a un parziale recupero.
Big tech, un non richiesto effetto boomerang
Ma se le preoccupazioni per un uso illegittimo dei dati raccolti dalle società cinesi chiamate in causa rimangono la priorità per il governo americano, le prospettive per alcune aziende Usa potrebbero non essere così rosee nel prossimo futuro. Cosa succederebbe a colossi tecnologici come Apple e Google se Washington le forzasse a rimuovere le app dai loro store?
“Se questo dovesse accadere, il danno per Apple sarà molto più forte di quello per Tencent”, ha sottolineato Chingxiao Shao, fondatore di Red Gate Asset Management ed esperto dei mercati azionari cinesi alla Cnn. “L’anno scorso, Apple ha venduto 44 miliardi di dollari in beni e servizi tra Cina, Taiwan e Hong Kong, una cifra pari al 17% delle vendite globali”, continua Cnn. Se così fosse, l’iPhone diventerebbe una scelta molto meno attrattiva ai consumatori cinesi che si tengono quotidianamente in contatto con amici e familiari oltreoceano e utilizzano WeChat anche per comprare online e ordinare cibo.
Usa, Cina e gli indici big tech
Gli Stati Uniti stringono quindi la cinghia della severità contro i giganti della tecnologia cinese, accusati dall’amministrazione di uso improprio di dati riguardanti la popolazione americana. Una discussione che doveva essere affrontata insieme alla revisione degli accordi commerciali della fase 1 in programma per il 15 agosto. Il meeting è stato però cancellato senza indicazioni su una prossima data, vuoi per impegni diplomatici del partito comunista, vuoi per concedere più tempo alla Cina di raggiungere gli obiettivi di importazione fissati a gennaio – e scarsamente rispettati causa emergenza sanitaria.
I mercati finanziari cinesi, nel frattempo, tirano una boccata d’aria grazie all’iniezione di liquidità supplementare per 700 miliardi di yuan da parte della Banca Popolare Cinese: lo Shanghai Composite chiude in rialzo del 2,3% nella giornata del 17 agosto. Da non sottovalutare gli indici tecnologici cinesi, che continuano la loro crescita. L’Hang Seng Tech Internet & Information Technology Index (Hong Kong) è cresciuto del 33,8% da inizio anno, mentre l’SSE Star Market (Shanghai) ha registrato una performance del +46% da luglio 2019 a luglio 2020.