Stiglitz: “Inflazione transitoria, ma abbandoniamo i tassi zero”

16.9.2021
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L'economista e Premio Nobel, Joseph Stiglitz, interviene nella seconda giornata del Salone del Risparmio 2021. “Abbandonare i tassi zero sarebbe sano e auspicabile”, dichiara. “Per l'economia americana ma anche per l'economia mondiale nel suo complesso”
Secondo il Premio Nobel per l’economia nel 2001, l’inflazione è perlopiù transitoria. Un aspetto su cui concorderebbero la maggior parte dei banchieri centrali
“Abbandonare i tassi zero non è un male, anzi. Sarebbe sano e auspicabile, per l’economia americana ma anche per l’economia mondiale nel suo complesso”
Nessun timore circa l’impatto negativo dell’inflazione sulle famiglie a basso reddito. “La rete di protezione sociale costruita le tutela in larga misura”
“Direi che l'inflazione è perlopiù transitoria. Il mercato non è bravo a gestire cambiamenti drammatici come questo. I momenti bellici tra il 1939 e il 1945, per esempio, non sono stati gestiti con facilità ma hanno visto un maggior intervento del governo. In questo caso parliamo di una vera e propria chiusura dell'economia. Non sorprende assistere a degli inciampi”. Con queste parole l'economista e Premio Nobel Joseph Stiglitz ha aperto la conferenza “Chi paga il conto?” di Axa investment managers, nella seconda giornata del Salone del Risparmio 2021 in calendario dal 15 al 17 settembre a Milano. Un'occasione per fare un punto sulla situazione post-pandemica, tra bassi tassi d'interesse e debito pubblico ai massimi.
“Relativamente al settore automotive, il problema dei chip è reale, ma rientrerà. I prezzi delle autovetture usate, quando l'economia ripartirà, scenderanno. E così tante altre cose, come il prezzo del legname”, spiega Stiglitz. “La domanda è: in questo lasso di tempo, le attese di inflazione aumenteranno creando un momentum inflattivo? Io credo di no. E se dovessimo poi renderci conto del contrario, abbiamo gli strumenti per intervenire. Le banche centrali non sono state in grado di portarci alla piena occupazione neppure dopo la crisi del 2008, ma sono molto più brave a reprimere la domanda. Abbandonare i tassi zero non è un male, anzi. Sarebbe sano e auspicabile, per l'economia americana ma anche per l'economia mondiale nel suo complesso”.
A catturare l'attenzione negli Stati Uniti nelle ultime settimane, ricorda l'economista, è anche il termine del mandato del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Che potrebbe a sua volta incidere in tal senso nel breve termine. “Credo ci siano buone possibilità che venga sostituito con qualcuno che magari è più focalizzato su tematiche più ampie, quelle su cui si concentrano anche le banche centrali europee fin dal 2008, come il cambiamento climatico, le normative, l'inclusività, la concentrazione di mercato e l'impatto della politica monetaria sulle diseguaglianze. Questo significa che, se dovesse essere sostituito, chiunque lo sostituirà probabilmente si preoccuperà di più anche di lavoro e occupazione. E questo terrà i tassi d'interesse bassi. Saranno molto lenti ad alzare la testa”.
Nessun timore, invece, circa l'impatto negativo dell'inflazione sulle famiglie a basso-medio reddito. “Non mi preoccupa così tanto, perché finalmente abbiamo iniziato a costruire una rete di protezione sociale che le tutela in larga misura, specie dall'inflazione. Nonostante la pandemia abbia colpito soprattutto questa fascia di popolazione, la povertà non è aumentata”. L'effetto immediato del pacchetto di salvataggio lanciato da Joe Biden all'inizio del suo mandato, ricorda, è stato quello di ridurre del 50% la povertà infantile nell'arco di un solo anno. Dal 20% si è passati al 10%, un livello “ancora elevato ma di grande successo”, dichiara. “Questo è una prova del fatto che la povertà, le diseguaglianze, spesso sono frutto di scelte. Politiche diverse avrebbero avuto effetti molto diversi”.
Di fronte alla domanda su come ridurre il debito pubblico, l'economista torna a far ricorso alla storia. “Alla fine della guerra il debito pubblico rispetto al pil ha raggiunto livelli pazzeschi. La risposta è stata aumentare il pil. E ha funzionato. Eisenhower (34° presidente degli Stati Uniti dal 1953 al 1961, ndr) all'epoca mise in campo un ambizioso programma di infrastrutture, istruzione e ricerca. Il nostro pil è letteralmente impennato, mentre il rapporto debito-pil è stato tagliato di due terzi in pochissimo tempo”, osserva Stiglitz. Poi conclude: “In Europa ci sono troppi Paesi e usano troppe politiche di austerità, che riducono il debito ma uccidono anche il pil. Ora stanno tentando di capire come cambiare rotta. Mi auguro seguiranno la direzione giusta”.
Powell verso il secondo mandato?
A catturare l'attenzione negli Stati Uniti nelle ultime settimane, ricorda l'economista, è anche il termine del mandato del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Che potrebbe a sua volta incidere in tal senso nel breve termine. “Credo ci siano buone possibilità che venga sostituito con qualcuno che magari è più focalizzato su tematiche più ampie, quelle su cui si concentrano anche le banche centrali europee fin dal 2008, come il cambiamento climatico, le normative, l'inclusività, la concentrazione di mercato e l'impatto della politica monetaria sulle diseguaglianze. Questo significa che, se dovesse essere sostituito, chiunque lo sostituirà probabilmente si preoccuperà di più anche di lavoro e occupazione. E questo terrà i tassi d'interesse bassi. Saranno molto lenti ad alzare la testa”.
Giù la povertà infantile negli Usa
Nessun timore, invece, circa l'impatto negativo dell'inflazione sulle famiglie a basso-medio reddito. “Non mi preoccupa così tanto, perché finalmente abbiamo iniziato a costruire una rete di protezione sociale che le tutela in larga misura, specie dall'inflazione. Nonostante la pandemia abbia colpito soprattutto questa fascia di popolazione, la povertà non è aumentata”. L'effetto immediato del pacchetto di salvataggio lanciato da Joe Biden all'inizio del suo mandato, ricorda, è stato quello di ridurre del 50% la povertà infantile nell'arco di un solo anno. Dal 20% si è passati al 10%, un livello “ancora elevato ma di grande successo”, dichiara. “Questo è una prova del fatto che la povertà, le diseguaglianze, spesso sono frutto di scelte. Politiche diverse avrebbero avuto effetti molto diversi”.
Ecco come ridurre il debito pubblico
Di fronte alla domanda su come ridurre il debito pubblico, l'economista torna a far ricorso alla storia. “Alla fine della guerra il debito pubblico rispetto al pil ha raggiunto livelli pazzeschi. La risposta è stata aumentare il pil. E ha funzionato. Eisenhower (34° presidente degli Stati Uniti dal 1953 al 1961, ndr) all'epoca mise in campo un ambizioso programma di infrastrutture, istruzione e ricerca. Il nostro pil è letteralmente impennato, mentre il rapporto debito-pil è stato tagliato di due terzi in pochissimo tempo”, osserva Stiglitz. Poi conclude: “In Europa ci sono troppi Paesi e usano troppe politiche di austerità, che riducono il debito ma uccidono anche il pil. Ora stanno tentando di capire come cambiare rotta. Mi auguro seguiranno la direzione giusta”.