Le riserve in moneta cinese e il sogno americano infranto

Teresa Scarale
Teresa Scarale
13.1.2021
Tempo di lettura: 7'
Nella prima metà del 2020 le riserve auree di una importante banca centrale hanno superato quelle in dollari. Un indicatore ulteriore del declino Usa. A favore delle stablecoin (Libra), della Cina, di un manipolo di nazioni economicamente egemoni? Risponde il professor Massimo Amato, condirettore del Mints (Monetary innovation, new technologies and society) al Baffi-Carefin dell'Università Bocconi

Il sogno americano di diventare l'unica potenza in grado di gestire egemonicamente le relazioni internazionali è definitivamente tramontato

Il superamento dell'oro sul dollaro nelle riserve monetarie delle banche centrali è un chiaro segno di emancipazione dagli Usa e dalla loro capacità di influenzare la politica monetaria internazionale

Le sue caratteristiche rendono Libra un ‘banchiere'. Vale a dire, emetterebbe valuta a partire da depositi». Tecnicamente potrebbe funzionare, ma politicamente «si andrebbe a toccare il nervo scoperto della sovranità»

È fresca la notizia di un sorpasso dell'oro (23%) sul dollaro nelle riserve valutarie russe. «Non c'è da stupirsi. Siamo in un mondo multipolare, e il sogno americano degli anni '90 di diventare la potenza unica in grado di gestire egemonicamente le relazioni internazionali è definitivamente tramontato. Se io detengo le mie riserve in dollari, ho anche un interesse affinché il dollaro non si deprezzi». Interesse che adesso evidentemente è venuto meno. A parlare è il professor Massimo Amato, condirettore del Mints (Monetary innovation, new technologies and society) al Baffi-Carefin dell'Università Bocconi di Milano.
Secondo l'economista, il superamento dell'oro sul dollaro nelle riserve monetarie delle banche centrali è un chiaro segno di emancipazione dagli Usa e dalla loro capacità di influenzare la politica monetaria internazionale. «Nel momento attuale, c'è un inquietante parallelismo con l'accumulo di riserve auree del 1914, una corsa all'oro dovuta alla limitata utilizzabilità delle monete nazionali in vista del peggioramento delle relazioni diplomatiche». Nel 2021 «non possiamo parlare di guerra economica, ma di preparazione alla guerra si». E la composizione delle riserve valutarie mondiali è indice dei rapporti di forza geopolitici. «L'oro per definizione non ha odore», prosegue il professor Amato. In particolare, avere nelle proprie riserve una quantità decrescente di dollari vuol dire dipendere sempre meno dall'andamento dell'economia americana.

La cosiddetta egemonia del dollaro si è costruita a partire dal 1944 (accordi di Bretton Woods) e «ancor più dal 1971 [il 15 agosto 1971 Nixon sospese la convertibilità del dollaro in oro] ha conosciuto sfide sempre maggiori, non ultima l'ascesa della potenza cinese. Fino a poco tempo fa si poteva parlare di monopolio Usa nel sistema dei pagamenti internazionali (Swift). Ora sia la Russia che la Cina stanno dotandosi di sistemi di pagamenti internazionali che bypassano Swift». È chiaro, prosegue Amato, che c'è una strategia cinese di partnership commerciali – soprattutto per quanto riguarda l'approvvigionamento di materie prime in Africa. C'è inoltre una prospettiva macro-regionale, lo yuan potrebbe diventare la moneta di riferimento a livello asiatico. Più irenicamente si potrebbe invece pensare a un paniere di valute egemoniche [ossia di riserva] a livello globale. «Questa è la proposta di Mark Carney, ex governatore della banca d'Inghilterra il quale aveva proposto una syntethic egemonic currency».

Dopo il dollaro e le riserve di moneta cinese, cos'altro?


Fra le nuove forme monetarie alternative al dollaro non si può non annoverare Libra, la tanto attaccata valuta digitale di Facebook. Dopo gli attacchi dell'establishment bancario internazionale però, nel suo secondo libro bianco Libra ha fortemente ridimensionato le sue ambizioni. «A seconda di come le si costruiscono, le stablecoin possono ambire a diventare delle valute egemoniche. Il motivo è che sono valute nazionali che fanno capo a una entità emittente pubblica, ma nello stesso tempo possono essere usate come mezzo internazionale di pagamento. L'euro è un'altra possibile valuta di riserva. Ma la nostra valuta è ancora lungi dall'essere in grado di giocare questa partita: la posizione politica Ue è ambigua. Non esiste un ministero degli esteri europei. In tal senso, continua a valere la vecchia battuta di Henry Kissinger, ‘datemi il numero di telefono dell'Europa e io la chiamerò'.

In quanto tempo si arriverà a una sostituzione del dollaro con altre valute nei forzieri delle banche centrali? «Impossibile fare previsioni. Le forze in campo danno egual probabilità a forme di competizione e di cooperazione. Gli sono esiti ancora da prevedere. La Cina continua a crescere, ma bisogna vedere come si contemperano i vari aspetti politici, militari ed economici».

Libra potrebbe diventare allora la prossima valuta egemonica grazie al suo essere una stablecoin, ossia valuta sostenuta da titoli e monete ufficiali? «Le sue caratteristiche rendono Libra un ‘banchiere'. Vale a dire, emetterebbe valuta a partire da depositi». Tecnicamente potrebbe funzionare, ma politicamente «si andrebbe a toccare il nervo scoperto della sovranità. Per come sono andate le cose, non è questa la strada». Quale, allora? «Io credo che la via sarà quella delle valute digitali delle banche centrali». Si torna al tradizionale, ma con dei cambiamenti: «le cbdc [central bank digital currency] non sono solo una edizione tecnologizzata delle vecchie banconote.

Le criptovalute entreranno nelle riserve valutarie? Differenze fra bitcoin e stablecoin


E il bitcoin? «Il fatto che ci sia un rally positivo non toglie che le ragioni del suo salire o del suo scendere sono le stesse. È una moneta che vale perché la gente pensa che valga. ‘Pensare' vuol dire comprare o vendere. Il bitcoin vale se quel giorno c'è una prevalenza dei compratori sui venditori. Dietro non c'è nulla. Invece alle spalle delle stablecoin c'è un paniere di valute che corrisponde alle forze produttive dell'economia. Si tratta di una differenza fondamentale».

Il tema della riconfigurazione del sistema monetario internazionale è una delle questioni nevralgiche dell'economia globale attuale. «Un po' come la revanche dei francesi, ci si pensa sempre ma non se ne parla mai. Bisognerà però mettere mano a questo disordine». I fari restano puntati sugli Usa. «È necessario che si riassetti la posizione americana. Non è un caso che la nazione che meno si sta dando da fare sulla questione delle digital currency siano proprio gli Usa. Tutti gli altri si stanno attrezzando, sia la Cina che L'Europa. Ovvero le grandi entità mondiali non statunitensi. Stiamo vivendo in una situazione di sospensione dal 1971. È chiaro che vi si riesce a sopravvivere, ma è pur sempre una situazione di disequilibrio. Un'anomalia che dura da 50 anni».
Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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