Le probabilità di una recessione negli Stati Uniti, secondo un modello elaborato dagli strategist di JPMorgan, sono salite dal 51 al 92% fra agosto e fine settembre
“La probabilità un periodo prolungato di prezzi elevati e bassa crescita economica è in aumento”, hanno affermato gli analisti di S&P nel loro ultimo rapporto “Darkening horizons”
I segnali tecnici che il mercato azionario americano sta lanciando lampeggiano sempre più numerosi sugli schermi dei trader, indicando una tendenza ancora protesa su nuovi ribassi. Le probabilità di una recessione negli Stati Uniti, secondo un modello elaborato dagli strategist di JPMorgan, sono salite dal 51 al 92% fra agosto e fine settembre. Il risultato è dovuto alla reazione nettamente negativa dell’azionario in seguito all’ultima stretta monetaria della Fed, con calo del 3,92% per l’S&P 500 fra il 21 e il 29 settembre.
Sempre i modelli di JPMorgan basati sui prezzi dei metalli industriali indicano una probabilità di recessione in crescita dall’84 al 96% ad agosto. Si tratta di percentuali ancor più nette, se messe al confronto con quelle del consenso degli economisti, all’interno del quale permane una minoranza ancora aperta all’idea che si verificherà un più moderato rallentamento economico.
Le radici della recessione, che scatta a partire dai due trimestri consecutivi di riduzione del Pil, affondano in un terreno di costi crescenti e tassi in rialzo: entrambi i fattori riducono, di fatto, la capacità di spesa dei cittadini che, contraendo i consumi, fanno rallentare l’attività economica.
La Federal Reserve ha ritenuto che la forza dell’economia americana, testimoniata da un tasso di disoccupazione ancora molto basso (3,7% ad agosto) avrebbe potuto reggere bene alla stretta monetaria. L’ultimo conferenza post-meeting del presidente Jerome Powell è stato molto più esplicito sul fatto che la svolta necessaria per raffreddare i prezzi avrà conseguenze “dolorose” per i cittadini e l’economia. L’aspettativa di nuovi rialzi dei tassi da parte della Fed sta spingendo verso l’alto i rendimenti dei Buoni del Tesoro, nonostante sia sempre più probabile la recessione. Di norma, quando una recessione è alla finestra i rendimenti tendono a diminuire.
S&P: lo scenario economico si fa “oscuro”
“La probabilità un periodo prolungato di prezzi elevati e bassa crescita economica è in aumento”, hanno affermato gli analisti di S&P nel loro ultimo rapporto “Darkening horizons”.
“L’economia statunitense rischia un atterraggio potenzialmente duro se gli attuali sforzi della Federal Reserve per contenere l’inflazione dovessero fallire; un inasprimento monetario superiore alle attuali aspettative potrebbe portare a una recessione più profonda del previsto”, hanno proseguito gli analisti dell’agenzia di rating, “inoltre, l’aumento dei tassi rafforzerà ulteriormente il dollaro americano, aggravando le pressioni inflazionistiche per gli importatori di materie prime e i deflussi di capitale dai Paesi emergenti”.
L’outlook economico è ancora più fosco per l’Europa, molto più esposta al rischio energetico dovuto alla guerra in Ucraina e per la gran parte dei mercati emergenti “vulnerabili al deprezzamento delle rispettive valute, condizioni finanziarie più strette”. A beneficiare dell’attuale scenario sarebbero solo “pochi Paesi emergenti che esportano energia”.
Le prospettive per l’azionario Usa
Quanto descritto finora non promette bene per l’azionario. L’indice Fear & Greed elaborato dalla Cnn, che sintetizza una serie di indicatori sul sentiment (gli umori) del mercato puntano verso “l’estrema paura” a quota 15 punti (al 30 settembre) ai minimi dallo scorso maggio. Per la seconda volta, dopo una breve parentesi di metà giugno, il numero delle opzioni put (che offrono ai trader l’opportunità di vendere azioni a un prezzo tale da coprire il rischio di eventuali ribassi) hanno superato quelle call (che funzionano in modo opposto) con un rapporto di 1,1 – uno sbilanciamento che si verifica solo quando le attese sono fortemente negative.
Sempre indicativa di una crescente avversione al rischio è l’aumento del differenziale fra i rendimenti dei bond high yield, quelli emessi da emittenti più rischiosi, e quelli dei titoli ad elevato rating. Il 26 settembre è stato raggiunto uno spread superiore al 2%, il più ampio fra queste due asset class negli ultimi 12 mesi.
“I forti aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia stanno mettendo sotto pressione i margini operativi delle aziende in molti settori, ma molte di esse sono ancora in grado di trasferire questi aumenti ai loro clienti”, ha scritto S&P, “ciò è dovuto a un consistente portafoglio ordini che non ha ancora assorbito completamente l’impennata dovuta al covid e all’elevata occupazione che sostiene la domanda finale dei clienti”. Tuttavia, i consumatori dovrebbero presto ridimensionare la propria richiesta, di fronte gli aumenti dei prezzi e alla riduzione del potere d’acquisto. Secondo S&P i settori che potrebbero subire le peggiori conseguenze nei prossimi mesi sono, nell’ordine, l’industria dei beni di consumo, quella automobilistica e quello della ristorazione.