Sono già dieci, ad oggi, i Recovery plan promossi dalla Commissione europea
Qualche confronto: la Germania ha puntato con forza sulla digitalizzazione, Austria e Danimarca sulla transizione green
L’enfasi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, avallato martedì in diretta televisiva dalla presidente Ursula von der Leyen e dal premier Mario Draghi, è giustificato dalla sua imponenza: dei 672,5 miliardi previsti per il Recovery fund europeo (Rrf) l’Italia riceverà ben 68,9 miliardi in sussidi e 122,6 miliardi in prestiti dai tassi più convenienti. Da qui al 2026, sono 191,5 miliardi in tutto.
La Commissione europea ha fissato una serie di paletti per l’elaborazione dei Piani che potranno essere finanziati tramite l’Rrf (Recovery and resilience facility). Ad esempio, dovranno essere fissati obiettivi monitorabili, che consentiranno di verificare, passo dopo passo, i progressi raggiunti. Ma a livello di indirizzo le indicazioni di Bruxelles sono soprattutto due. Almeno il 37% del budget previsto per ciascun Paese deve essere destinato ai progetti legati agli obiettivi climatici, come il taglio delle emissioni. Un altro 20%, poi, dovrà essere destinato ai progetti legati alla digitalizzazione. Quest’ultimo aspetto è strettamente legato agli obiettivi di efficienza che la Commissione reputa prioritari per accrescere stabilmente il potenziale dei vari Paesi.
Al fronte della digitalizzazione il Pnrr italiano ha destinato, invece, il 25% delle risorse disponibili, ovvero circa 47 miliardi di euro. Vi sono inclusi i progetti di espansione della banda ultra-larga, la connettività 5G e il supporto alla digitalizzazione di imprese e pubblica amministrazione.
I Pnrr degli altri Paesi
Oltre all’Italia, altri nove Stati membri hanno già ricevuto le valutazioni per i rispettivi Pnrr. Alcune scelte di indirizzo hanno impresso una direzione più netta rispetto ai due capitoli cruciali indicati dalla Commissione.
Ad esempio, la Germania ha deciso di dare alla transizione digitale un peso di gran lunga superiore rispetto alla soglia minima consentita: il governo Merkel, destinerà a questa particolare sfida almeno il 52% dei 25,6 miliardi in arrivo. Parallelamente, il 42% del Piano tedesco andrà alla transizione ecologica.
La Spagna, che riceverà 69,5 miliardi di euro, ha spinto un po’ di più rispetto all’Italia in entrambe le aree fissate dalla Commissione: il 40% andrà alla transizione green e il 28% alla digitalizzazione.
Finora i Pnrr più focalizzati sull’ecologia sono quelli del Lussemburgo, che vi dedicherà il 61% del suo pur limitato budget, e, a pari merito, quelli di Danimarca e Austria, che investiranno sugli obiettivi climatici il 59% delle proprie risorse (rispettivamente 1,5 e 3,5 miliardi). Degno di nota, sempre per il peso specifico ricoperto dagli investimenti per l’ambiente, anche il Pnrr del Belgio, che vi ha dedicato la metà dei suoi 5,9 miliardi.
Più simili a quelli italiani, gli orientamenti di Portogallo e Grecia, che hanno puntato il 38% dei rispettivi budget europei sul capitolo green e, rispettivamente, il 22 e 23% su quello della digitalizzazione. Chiudono questa panoramica provvisoria Lettonia e Slovacchia, le cui agende green e digitali non si sono discostate troppo dalle percentuali minime fissate dalla Commissione.
Anche nella comunicazione, sembra che i toni intransigenti, siano scomparsi, almeno per il momento. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis, tradizionalmente inserito nel gruppo dei falchi, ha commentato con queste parole il Recovery plan italiano:
“Darà una spinta strutturale alla sua crescita economica e aiuterà a ridurre le differenze sociali e regionali. Le ambiziose riforme ambiziose della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, anche attraverso la digitalizzazione… faranno molto per rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita”. Anche se, in conclusione, Dombrovskis ha fatto capire che aspetta l’Italia al varco: “Attendiamo con impazienza che il piano porti a un vero cambiamento sul campo, una volta che sarà pienamente attuato”.