Un grande taglio della produzione Opec+ era decisamente nell’aria, ma la sua entità, al termine del meeting di Vienna di mercoledì 5 settembre, ha superato buona parte delle previsioni. La riduzione, sulla carta, è di 2 milioni di barili al giorno, pari circa al 2% della produzione globale. Il taglio effettivo sarà, nei fatti, inferiore: molti Paesi del cartello, a partire dalla Russia, stanno producendo al di sotto delle quote a loro assegnate.
Il Brent, nel pomeriggio del 6 settembre vale oltre 93 dollari al barile in crescita settimanale da quota 88 e di poco in calo rispetto mercoledì.
“I nostri calcoli suggeriscono che il taglio annunciato porterà a una riduzione effettiva di circa 1,1 milioni di barili al giorno dai livelli di produzione di agosto”, ha dichiarato Warren Patterson, analista per le commodity di ING, “è probabile che solo Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Iraq, Gabon, Algeria e Oman dovranno tagliare la produzione. Tutti gli altri membri stanno già producendo al di sotto del loro nuovo obiettivo di produzione”.
Patterson si aspetta di vedere il barile Brent nell’area 90 dollari per il resto dell’anno e nella prima metà del 2023, per poi salire sopra i 100 dollari nel quarto trimestre del prossimo anno: “l’ultima mossa dell’Opec+ suggerisca un possibile rialzo della nostra previsione per i 97 dollari al barile per l’intero 2023”, ha scritto l’analista di ING in un articolo.
La decisione dell’Opec+ dà una grande mano alla Russia a poche ore dall’accordo politico europeo sul tetto al prezzo del petrolio importato da Mosca. “Un grande vincitore di questi tagli all’offerta sarà la Russia” poiché “non ha bisogno di tagliare la produzione, dato che sta già producendo al di sotto dei livelli previsti, ma beneficerà dei prezzi più alti che probabilmente vedremo come risultato dei tagli”, ha commentato Patterson.
La notizia è giunta particolarmente sgradita alla Casa Bianca: “Il Presidente è deluso dalla decisione miope dell’Opec+ di tagliare le quote di produzione mentre l’economia globale sta affrontando il continuo impatto negativo dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin”, hanno dichiarato in una nota Brian Deese, direttore del Consiglio economico nazionale, e Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale.
Per controbilanciare l’effetto del taglio deciso dall’Opec+ l’amministrazione Biden ha previsto per novembre il rilascio di 10 milioni di barili addizionali dalle riserve strategiche. A poter controbilanciare sui mercati la riduzione dell’offerta proveniente dal cartello Opec+ sarà anche un’attesa riduzione della domanda “anche se quanta distruzione della domanda vedremo è qualcosa che dipenderà dalla gravità della recessione in arrivo”, ha aggiunto Patterson.
L’Opec+ ha agito in anticipo sull’atteso rallentamento economico, ha affermato a We Wealth l’analista di mercato di eToro, Gabriel Debach. “In secondo luogo “il cartello allargato sostiene che il mondo è troppo povero di capacità inutilizzata e che i prezzi del petrolio devono essere più alti per incentivare investimenti adeguati – soprattutto se comparati agli altri prezzi dell’energia”, ha aggiunto Debach, “le scorte e la capacità inutilizzata rimangono criticamente bassi e l’aumento dei prezzi rimane la soluzione principale, praticabile e a lungo termine, per far fronte all’aumento delle scorte nel breve termine e all’aumento della capacità di offerta nel medio termine”.
L’impatto di mercato: chi sale
Se i prezzi petroliferi aumentano non è difficile immaginare che i primi vincitori saranno le società attive nel settore energetico. “Se il prezzo medio si dovesse stabilizzare intorno ai 90 dollari al barile, ciò porterebbe ingenti flussi di cassa per le relative società. Ieri il comparto ha chiuso in testa tra i settori statunitensi con un rialzo del +2,07%”, ha commentato Debach. “A trarne vantaggio le fonti energetiche alternative, pensiamo al carbone, che tra rialzi energetici del gas e del petrolio rappresentano la soluzione più veloce e meno cara al problema (sebbene meno pulita)”.
“A Piazza Affari privilegiamo Tenaris ed Eni sulla scia degli ottimi risultati aziendali registrati lo scorso giugno. Il primo potrebbe mostrare un forte momentum rialzista dato anche dall’aumento degli investimenti nel settore petrolifero mentre il secondo, come tutte le Major, sta beneficiando soprattutto dal settore upstream”, ha dichiarato Federico Vetrella, analista di IG Italia, “anche Saipem, azienda attiva nella progettazione di impianti onshore e offshore, potrebbe risultare privilegiata anche se le sue problematiche aziendali (aumenti di capitale) hanno penalizzato di molto il corso del titolo quest’anno”.
… e chi scende
“Chi invece trova nella notizia ulteriori pressioni al ribasso sono soprattutto i comparti del trasporto, da quello aereo, su strada e marittimo, i quali saranno nuovamente aggravati da rialzi sui prezzi del greggio”, ha affermato l’analista di eToro. Settori che, peraltro, avevano già pagato gravemente la crisi pandemica. “Solamente venerdì scorso il gigante delle crociere Carnival era crollato di oltre il 23%, toccando il minimo degli ultimi 30 anni, dopo avere annunciato risultati negativi. L’azienda ha infatti presentato previsioni di perdite nel suo quarto trimestre citando, tra l’altro, preoccupazioni per gli elevati prezzi del carburante”, ha ricordato Debach, interrogato sui titoli più impattati nell’attuale fase del mercato energetico. “Sul fronte del trasporto su strada titoli del calibro di Knight-Swift Transportation Holding ha ieri visto cedere oltre 2 punti percentuali, così come la canadese TFI International. Vendite sulle società di crociera Carnival, Royal Caribbean e Norwegian Cruise Line Holding così come nelle società di trasporto marittimo A.P. Møller – Mærsk A/S e ZIM. Infine, pressioni sulle società di trasporto aereo, pensiamo a Ryanair, Delta Airlines e EasyJet”.