Il barile Wti nelle ultime cinque giornate al 4 agosto ha ceduto oltre sette punti e mezzo, con un calo vicino al 12% nel mese.
Secondo Federico Vetrella, Market Strategist di IG Italia, è improbabile che il ribasso dei prezzi petroliferi abbia qualcosa a che vedere con la decisione dell’Opec+ e la sua previsione è che il barile si manterrà caro nel breve periodo
Il barile di petrolio Wti è sceso sotto la soglia dei 90 dollari al barile, riportandosi ai minimi da febbraio. Dopo un’effimera reazione rialzista, l’aumento della produzione giornaliera di 100mila barili concordato mercoledì dall’Opec+, un intervento di per sé modesto, è coinciso con una nuova spinta ribassista sul greggio che nelle ultime cinque giornate al 4 agosto ha ceduto oltre sette punti e mezzo, con un calo vicino al 12% nel mese.
“L’accordo non è enorme, ma dato il contesto economico e i rischi di crescita al ribasso che si prospettano, non sorprende che si sia adottato un approccio conservativo; la domanda chiave è quanto sarà grande il deficit in futuro”, ha commentato l’analista di Oanda, Craig Erlam, “una rottura al di sotto dei 90 dollari è piuttosto notevole se si considera quanto il mercato rimane rigido e quanto poco spazio c’è per alleggerirlo, ,a le voci sulla recessione si fanno sempre più insistenti e, se dovesse diventare realtà, è probabile che affronterà una parte dello squilibrio”.
Il prezzi petroliferi “sono scesi in un momento in cui le prospettive della domanda si oscurano e i timori di recessione aumentano”, ha dichiarato Ben Laidler global markets strategist di eToro, “l’offerta è aumentata grazie alle vendite delle riserve statunitensi, mentre l’aggiunta dell’Opec di 100.000 barili al giorno di mercoledì è stata minima, ma comunque gradita. Tutto ciò contribuisce ad attenuare i timori di inflazione. Ma i colli di bottiglia della raffinazione impediscono che tutto ciò venga trasferito al consumatore, smorzando i benefici. I premi di prezzo per i prodotti raffinati come la benzina e il gasolio da riscaldamento sono doppi rispetto ai livelli medi. Questi dovrebbero scendere man mano che la domanda diminuisce e si riducono le strozzature. Ma per ora i raffinatori, da Marathon a Valero, e i produttori integrati di petrolio, stanno beneficiando più dei consumatori”.
Secondo Federico Vetrella, Market Strategist di IG Italia, è improbabile che il ribasso dei prezzi petroliferi abbia qualcosa a che vedere con la decisione dell’Opec+ e la sua previsione è che il barile si manterrà caro nel breve periodo: “L’incremento, troppo esiguo per poter avere effetti tangibili sui prezzi, suona come una decisione politica attuata per non scontentare nessuno… Il cartello ha cercato di non deteriorare le attuali relazioni né con il mondo occidentale né con la Russia e ha pertanto tentato di mantenere una posizione equidistante tra i due opposti. Di conseguenza concedendo un lieve aumento nella produzione (dagli effetti sui prezzi pressoché trascurabili) il cartello ha potuto accontentare tutte le parti in causa mantenendo un velato status quo – nonostante alcuni membri come il Kazakistan avessero proposto un incremento più ampio che portasse i prezzi nel range tra i $60 e gli $80 al barile”.
“Gli interessi politici” dei membri dell’Opec+ ha aggiunto Vetrella, “hanno quindi surclassato l’acume economico che prevedrebbe un incremento della produzione con conseguente diminuzione dei prezzi del greggio e delle pressioni inflazionistiche e che porterebbe ad una normalizzazione delle politiche monetarie delle banche centrali (diminuzione dei tassi di interesse)”.