È il Bordeaux (con un +33%) il vino 2022 dei collezionisti. In un mercato che brinda ai 5 miliardi di dollari di vendite all’anno, le bottiglie di prestigio rimangono un bene da collezione significativo che ha acquisito valore nel momento di massima difficoltà finanziaria quando la gran parte delle asset class hanno invertito la rotta: sia il Covid, sia l’inflazione, ne hanno alimentato i prezzi. Sono quindi un buon investimento per proteggere il portafoglio nei momenti difficili o per allocare al sicuro parte del capitale.
La Borgogna meglio dell’oro
D’altra parte, i vini, come altri oggetti da collezione, richiedono conoscenze specialistiche: bisogna infatti andare al di là della mera competenza finanziaria, per garantire il successo economico. Secondo uno studio di Credit Suisse, la Borgogna ha fatto particolarmente bene in termini di prezzo. Da Gennaio 2021, anche l’indice della Borgogna ha sovraperformato il prezzo dell’oro (11,1% annuo). Gli champagne vintage rari hanno visto crescere il prezzo tra il 30% e il 40% negli ultimi due anni.
Vini italiani per un investimento fino a 15 anni
Perché un vino invecchi e migliori, e sia quindi un migliore investimento, ci sono tanti fattori da considerare. Al momento, i vini italiani sono popolari perché sono fermi e attraenti in termini di prezzo. Il focus è sui vini dalla Toscana e dal Piemonte. Purtroppo, molti vini di queste due regioni (anche famose tenute) non durano mai quanto il grande Bordeaux. Il Brunello di Montalcino non dovrebbe essere conservato per molto più di 15 anni, con lo stesso vale per Barolo e alcuni dei “Supertuscan” con vitigni Bordeaux. Il problema è l’acquisto di annate più vecchie dove continuare a conservarli può essere rischioso.
Oltre i 15 anni
I Borgogna sono più adatti per investimento oltre i 15 anni. Tuttavia, il loro basso contenuto di tannino e la struttura fragile li rendono molto più vulnerabili a uno stoccaggio scadente rispetto ai Bordeaux. Quando si acquistano costosi Borgogna è inoltre indispensabile sapere come i precedenti proprietari li hanno conservati e soprattutto come e con quale frequenza i vini venivano trasportati.
Il peso della valuta
Un aspetto da non sottovalutare quando si investe nel vino è la valuta. In che valuta compriamo vino è assai importante ai fini del rendimento finale. Questo anche alla luce delle oscillazioni delle varie valute: basti pensare che tra il 2008 e la fine di maggio 2022, l’euro ha perso il 38% del suo valore contro il franco svizzero e il 15% rispetto al dollaro. Quindi le persone che costruiscono grandi portafogli di vino in scala dovrebbero considerare una diversificazione su questo fronte. Per esempio, nel 2008 l’imposta sui vini è stata abolita a Hong Kong, e nel 2019 è stata imposta una tassa del 25% dagli Usa sui vini dell’Ue con meno del 14% di alcol, dettaglio che ha portato a un crollo delle esportazioni. Aspetto che non ha riguardato l’Italia, esente da tributi, che ha visto così crescere molto la domanda.
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