Il Nasdaq, il principale indice tech statunitense, dai massimi di novembre ha perso quasi il 30%, appesantito dai timori di inflazione e rialzo dei tassi
Dopo lo scoppio della bolla di inizio 2000, le azioni tech sono scese di oltre il 25% all’anno, per tre anni. La perdita cumulativa dei titoli Value è stata inferiore al 5%
“Pensiamo che nel brevissimo periodo siano possibili dei rimbalzi nelle quotazioni dei titoli tech sulla situazione di forte ipervenduto e sulle scelte di alcuni investitori di “buy the dip”” ha commentato Filippo Diodovich
Se la pandemia aveva incoronato il tech come il settore dalle performance borsistiche migliori, la guerra e l’inflazione nel giro di pochi mesi non solo gli hanno tolto la corona ma lo hanno reso tra i comparti peggiori di tutti. I massimi dello scorso novembre sono infatti un ricordo lontano, con il Nasdaq che ora quota a livelli di circa il 30% inferiori rispetto ad allora. La domanda sorge spontanea: quanto si può spingere il basso il settore tech? A questi prezzi non sarà mica il caso di tornare ad acquistare growth?
Per Filippo Diodovich, senior strategist è ancora presto, soprattutto per quanto riguarda i titoli americani. “Crediamo che sia preferibile ritardare ancora un ritorno di investimenti sul settore tecnologico statunitense. Riteniamo che le nubi sul tech USA siano ancora presenti e sia sufficiente un semplice trigger come quello di ieri (il profit warning di SNAP) per riaccendere il pessimismo degli investitori sul comparto” spiega Diodovich, che sottolinea come il cambio di condizioni macroeconomiche, in particolar modo l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve per fronteggiare le crescenti pressioni inflazionistiche e i problemi al sistema degli approvvigionamenti, hanno aumentato i timori degli investitori sulla capacità delle grandi aziende tech di rispettare gli obiettivi di redditività prefissati. “Pensiamo che nel brevissimo periodo siano possibili dei rimbalzi nelle quotazioni dei titoli tech sulla situazione di forte ipervenduto e sulle scelte di alcuni investitori di “buy the dip”. Ma nel medio/breve termine le nostre aspettative sono ribassiste”.
Anche Ben Laidler, global markets strategist di eToro, è dello stesso avviso. La storia insegna. “Abbiamo già visto questo film di sottoperformance dei titoli Growth all’indomani della “bolla tecnologica” del 2000. Oggi molto è cambiato, con una maggiore adozione della tecnologia e un maggior numero di società che realizzano profitti. La pellicola del passato è però un monito a non riacquistare troppo presto i titoli Growth” spiega Laidler che continua: “All’epoca, queste azioni sono scese di oltre il 25% all’anno, per tre anni, mentre la perdita cumulativa dei titoli Value è stata inferiore al 5%. Le valutazioni relative non sono molto diverse oggi. Il rapporto prezzo/utili delle aziende Growth è prossimo a 30 volte, così come lo era allora, con alcuni utili “posticipati” dalla pandemia. A titolo di confronto, i titoli Value hanno valutazioni che sono quasi la metà e hanno ancora uno sconto di valutazione relativo doppio rispetto all’ultimo decennio”.