Dopo che la Fed ha annunciato un nuovo rialzo dei tassi da 75 punti, portando i tassi a oltre il 3%, la volatilità è tornata molto elevata a Wall Street con il Vix – l’indice della paura – che lunedì, è salito oltre 31 punti, ben oltre la sua media mobile a 50 giorni di 23,86. Nel mentre l’S&P 500 ha toccato un nuovo minimo per l’anno in corso e il Dow Jones ha chiuso nel territorio dell’orso. L’inflazione rimane la principale fonte di preoccupazione per gli investitori, anche se l’alternativa non è molto più confortante: recessione.
Ma il calo dell’inflazione sarebbe un buon segnale per i mercati?
Per Ben Laidler, Global Markets Strategist di eToro, intervistato da We Wealth la risposta è sì. “L’inflazione è oggi il motore dominante dei mercati. Sta costringendo le banche centrali ad aumentare i tassi di interesse, alimentando le preoccupazioni per la recessione e gli utili aziendali e spingendo i mercati al ribasso. Quanto più a lungo l’inflazione rimane elevata, tanto maggiore sarà il rischio per l’economia e i mercati. L’inflazione non solo deve scendere, ma deve anche scendere rapidamente perché le banche centrali tolgano il piede dall’acceleratore dei tassi di interesse. Gli attuali livelli dei prezzi sono quattro o cinque volte superiori ai loro obiettivi di inflazione del 2%” spiega Laidler.
In caso di recessione, quanto può ancora durare il mercato ribassista?
Tutto dipende dall’intensità dalla contrazione dell’attività economica. La domanda da porsi non è infatti se si ci sarà una recessione – per l’analista di etoro è inevitabile sia negli Stati Uniti che in Europa -, ma piuttosto quanto severa sarà. “È da capire se la recessione sarà “ciclica” relativamente breve e poco profonda che abbiamo previsto, causata dalle banche centrali che aumentano i tassi di interesse per frenare l’inflazione. Oppure se sarà “sistemica” più profonda, più lunga e più dannosa, aggravata dal deleveraging dei consumatori e delle imprese e dalle crisi del debito”.
L’economia che rallenta
Come nel resto del mondo, anche le prospettive di crescita economica negli Stati Uniti sono peggiorate a causa del rincaro energetico e delle incertezze macroeconomiche. L’Ocse ora si attende che l’economia usa cresca dell’1,5% quest’anno – un punto percentuale in meno di quanto si pensasse a giugno – e dello 0,5% nel 2023. È invece imminente un netto rallentamento della crescita dell’eurozona. Secondo S&P Global, i cinque trimestri consecutivi di solida crescita del pil, a partire dal secondo trimestre del 2022, lasceranno il posto a due o tre trimestri di attività ridotta o addirittura inferiore. Per questo motivo S&P prevede una stagnazione dell’economia dell’Eurozona l’anno prossimo (0,3% contro l’1,9% precedente).
Le previsioni per l’S&P 500
Come si traduce tutto questo per i mercati? Difficile da dirsi. Goldaman Sachs ritiene che la Fed continuerà ad aumentare i tassi a livelli più alti di quelli in precedenza ipotizzati, impattando anche sulle valutazioni azionarie. Nel suo scenario centrale, rispetto a un rapporto p/e del 18 x per l’S&P 500 di qualche settimana fa, ora la banca ipotizza un rapporto pari a 15x il che implica un prezzo target per l’indice statunitense a fine anno di 3600 punti (-5%) con una previsione a 12 mesi di 4000 punti (+6%). Se invece il calo degli utili societari si dovesse accompagnare a una recessione, e dunque quello della Fed sarebbe un atterraggio non certo morbido, le prospettive per l’S&P 500 sarebbero molto meno rosee con previsioni a 3,6 e 12 mesi rispettivamente del -10%, -17%, – 1%.
Un mercato orso più lungo del solito
Al netto delle stime della banca americana, due sono le certezze: i ribassi stanno durando più del dovuto e prima o poi gli indici torneranno a salire. “Il “mercato orso” statunitense medio dal 1929 è durato 19 mesi e ha visto un calo medio dei prezzi del 38%. È un dato peggiore di quello che abbiamo visto finora. Ma ricordiamo anche che il mercato toro medio che segue dura 60 mesi e registra un rally del 180%. Si tratta di un periodo quasi quattro volte più lungo e più grande di un mercato orso medio” conclude Laidler.