Mercati emergenti, Cina e India pronte a sostenere la crescita

26.7.2019
Tempo di lettura: 3'
Nonostante il rischio di effetti indiretti legati alle tensioni commerciali permanga, la Cina e l'India sosterranno la crescita dei mercati emergenti e quella mondiale. Secondo Laura Ostrander di State Street Global Advisors, la fine dell'anno riserverebbe opportunità interessanti per gli investitori sia nel segmento azionario che in quello obbligazionario
La Cina rappresenta la principale economia mondiale in termini di parità di potere di acquisto, con il 18,7% rispetto al 15,2% degli Stati Uniti
L'India contribuisce alla crescita mondiale con il 7,5% di crescita stimata per il 2020
La forza del dollaro statunitense e l'aumento del prezzo del petrolio favoriscono gli importatori netti come l'India e la Cina, ma anche economie di minori dimensioni come l'Indonesia, la Turchia e il Sudafrica
Nei prossimi anni la Cina e l'India sosterranno non solo la crescita dei mercati emergenti, ma anche quella mondiale. A dichiararlo è Laura Ostrander, emerging markets macro strategist di State Street Global Advisors, secondo la quale l'andamento della crescita dei due giganti dei mercati emergenti offre ancora delle buone opportunità per gli investitori sia nel segmento azionario che in quello obbligazionario.
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti che sembrano mettere in discussione eventuali risvolti positivi sui mercati emergenti, le misure di stimolo fiscale in Cina e i movimenti della Federal Reserve iniziano a costituire le prime basi per un miglioramento delle prospettive verso la fine del 2019. Il rischio di effetti indiretti della guerra commerciale sono infatti ancora vividi, il dollaro statunitense continua a rimanere forte e il prezzo del petrolio aumenta, ma non sembrerebbe tutto perduto. “In termini di allocazione ai mercati emergenti, vale la pena considerare quale sia il modo migliore per ottenere esposizione alle economie di più grandi dimensioni – spiega Laura Ostrander - In alcuni casi, il miglior modo potrebbe essere tramite un'esposizione attiva alle società cinesi orientate verso trend secolari sul mercato interno che sono scarsamente rappresentate nell'indice. In altri casi, come per il mercato dei titoli di Stato, la progressiva inclusione delle obbligazioni cinesi onshore nei principali indici dei mercati emergenti e mondiali dovrebbe facilitare l'accesso degli investitori globali che intendono beneficiare di titoli di Stato a rendimento più elevato con rating migliori rispetto alla media dei titoli di Stato dei paesi emergenti”.
I dati sembrerebbero di fatto non tradire le aspettative. La Cina oggi rappresenta la principale economia mondiale in termini di parità di potere di acquisto, registrando il 18,7% rispetto al 15,2% degli Stati Uniti. “Secondo il Fondo monetario internazionale, la crescita stimata del Pil per il 2019 dovrebbe contribuire per il 34% al 3,3% di crescita del Pil mondiale stimata per lo stesso anno, pari al triplo di quella statunitense, e forse ancora di più nel 2020, quando si prevede che il Pil mondiale raggiungerà il 3,6%”, aggiunge Laura Ostrander. Sulla stessa linea d'onda anche l'India, che contribuisce alla crescita mondiale con il 7,5% di crescita stimata per il 2020, +0,2 punti percentuali rispetto alle stime del 2019. Ciononostante, secondo Ostrander, il trend di crescita non correrebbe in parallelo con equivalenti rendimenti finanziari. “Fino a ora il rally è stato sostenuto più dai multipli che dagli utili e resta esposto alla guerra commerciale. Le stime di consenso relative alla crescita degli utili per azione (EPS) nel 2019 per l'indice MSCI EM sono state riviste al ribasso dall'8,9% di fine 2018 al 6,7%, anche se le attuali aspettative sono aumentate rispetto al minimo del 5,8% toccato a febbraio 2019”, continua il gestore.
Se a maggio i mercati avevano preso sottogamba i potenziali rischi legati all'escalation delle tensioni commerciali, oggi l'attenzione è dunque completamente catalizzata sulle due grandi potenze. “Molti osservatori continuano ad aspettarsi che gli Stati Uniti e la Cina trovino un modo per coesistere in pace, ma la mutevole natura del rapporto tra queste due potenze mondiali resterà probabilmente una minaccia latente nei prossimi anni – spiega Ostrander – Il dollaro continua a rimanere forte rispetto al passato. Affinché la situazione cambi, la crescita economica nel resto del mondo, in particolare in Europa, deve registrare una ripresa”. Eppure, la situazione relativa al dollaro statunitense sembrerebbe favorire gli importatori netti come la Cina e l'India, ma soprattutto alcune economie di minori dimensioni come l'Indonesia, il Sudafrica e la Turchia.
Ma qual è il futuro dei due giganti dei mercati emergenti? “Anche se la Cina continua a dover fare i conti con i problemi di indebitamento, riteniamo che essi siano gestibili e che l'andamento dei consumi resti intatto. Nonostante le sfide da affrontare a livello di infrastrutture e occupazione, l'India ha il potenziale per mettere a frutto il proprio surplus demografico nel lungo periodo”, conclude Ostrander.
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti che sembrano mettere in discussione eventuali risvolti positivi sui mercati emergenti, le misure di stimolo fiscale in Cina e i movimenti della Federal Reserve iniziano a costituire le prime basi per un miglioramento delle prospettive verso la fine del 2019. Il rischio di effetti indiretti della guerra commerciale sono infatti ancora vividi, il dollaro statunitense continua a rimanere forte e il prezzo del petrolio aumenta, ma non sembrerebbe tutto perduto. “In termini di allocazione ai mercati emergenti, vale la pena considerare quale sia il modo migliore per ottenere esposizione alle economie di più grandi dimensioni – spiega Laura Ostrander - In alcuni casi, il miglior modo potrebbe essere tramite un'esposizione attiva alle società cinesi orientate verso trend secolari sul mercato interno che sono scarsamente rappresentate nell'indice. In altri casi, come per il mercato dei titoli di Stato, la progressiva inclusione delle obbligazioni cinesi onshore nei principali indici dei mercati emergenti e mondiali dovrebbe facilitare l'accesso degli investitori globali che intendono beneficiare di titoli di Stato a rendimento più elevato con rating migliori rispetto alla media dei titoli di Stato dei paesi emergenti”.
I dati sembrerebbero di fatto non tradire le aspettative. La Cina oggi rappresenta la principale economia mondiale in termini di parità di potere di acquisto, registrando il 18,7% rispetto al 15,2% degli Stati Uniti. “Secondo il Fondo monetario internazionale, la crescita stimata del Pil per il 2019 dovrebbe contribuire per il 34% al 3,3% di crescita del Pil mondiale stimata per lo stesso anno, pari al triplo di quella statunitense, e forse ancora di più nel 2020, quando si prevede che il Pil mondiale raggiungerà il 3,6%”, aggiunge Laura Ostrander. Sulla stessa linea d'onda anche l'India, che contribuisce alla crescita mondiale con il 7,5% di crescita stimata per il 2020, +0,2 punti percentuali rispetto alle stime del 2019. Ciononostante, secondo Ostrander, il trend di crescita non correrebbe in parallelo con equivalenti rendimenti finanziari. “Fino a ora il rally è stato sostenuto più dai multipli che dagli utili e resta esposto alla guerra commerciale. Le stime di consenso relative alla crescita degli utili per azione (EPS) nel 2019 per l'indice MSCI EM sono state riviste al ribasso dall'8,9% di fine 2018 al 6,7%, anche se le attuali aspettative sono aumentate rispetto al minimo del 5,8% toccato a febbraio 2019”, continua il gestore.
Se a maggio i mercati avevano preso sottogamba i potenziali rischi legati all'escalation delle tensioni commerciali, oggi l'attenzione è dunque completamente catalizzata sulle due grandi potenze. “Molti osservatori continuano ad aspettarsi che gli Stati Uniti e la Cina trovino un modo per coesistere in pace, ma la mutevole natura del rapporto tra queste due potenze mondiali resterà probabilmente una minaccia latente nei prossimi anni – spiega Ostrander – Il dollaro continua a rimanere forte rispetto al passato. Affinché la situazione cambi, la crescita economica nel resto del mondo, in particolare in Europa, deve registrare una ripresa”. Eppure, la situazione relativa al dollaro statunitense sembrerebbe favorire gli importatori netti come la Cina e l'India, ma soprattutto alcune economie di minori dimensioni come l'Indonesia, il Sudafrica e la Turchia.
Ma qual è il futuro dei due giganti dei mercati emergenti? “Anche se la Cina continua a dover fare i conti con i problemi di indebitamento, riteniamo che essi siano gestibili e che l'andamento dei consumi resti intatto. Nonostante le sfide da affrontare a livello di infrastrutture e occupazione, l'India ha il potenziale per mettere a frutto il proprio surplus demografico nel lungo periodo”, conclude Ostrander.