La guerra finanziaria: quando il dollaro diventa un'arma

Lorenzo Magnani
Lorenzo Magnani
7.4.2022
Tempo di lettura: 2'
Le sanzioni alla Russia hanno messo sull'allerta diversi paesi: il dollaro se usato come arma può mettere in ginocchio un'intera economia

Il potere delle sanzioni contro la Russia si basa sull'egemonia del dollaro nel commercio, nelle transazioni finanziarie e nelle riserve delle banche centrali

Il Financial Times ha evidenziato come queste sanzioni potrebbero allontanare diversi paesi dall’utilizzo del dollaro, divenuto un’arma capace di fare più danni di un intero esercito

Secondo gli ultimi dati del Fmi, le riserve in dollari ammontano a 12 mila miliardi di dollari, il 71% in meno rispetto al dato del 1999

Cyril Ramaphosa, Jair Bolsonaro, Andrés Manuel López Obrador e poi Xi Jinping. Sono alcuni dei nomi che mancano all'appello dei presidenti che hanno aderito alle sanzioni contro la Russia, a seguito dell'invasione dell'Ucraina. La (non) presa di posizione di Sud Africa, Brasile, Messico e Cina piuttosto che ridisegnare possibili alleanze militari sulle mappe geografiche, potrebbe avere importanti implicazioni per il futuro della finanza internazionale. Gli Stati Uniti e i loro alleati, facendo del dollaro un'arma, secondo un articolo del Financial Times, rischiano di provocare una reazione che potrebbe mettere a repentaglio la valuta statunitense e dividere il sistema finanziario globale in blocchi rivali.
La guerra in Ucraina ha reso chiaro per alcuni paesi che dipendere troppo dal dollaro può essere un gioco estremamente pericoloso per le loro economie. Prendere di mira un paese delle dimensioni e del potere della Russia non ha infatti precedenti, e nel bene e nel male è un fatto che potrebbe ripetersi in futuro. "Se cambi le regole per la Russia, stai cambiando le regole per il mondo intero" ha spiegato Mitu Gulati, professore di diritto finanziario all'università della Virginia, intervistato dal Ft: "Una volta che queste regole cambiano, cambiano per sempre la finanza internazionale".

 
La Cina e gli altri paesi emergenti che non si sono schierati lo sanno bene. Zhang Yanling, ex vicepresidente esecutivo della Bank of China, come riporta il Ft, ha detto in un discorso della scorsa settimana che le sanzioni "faranno perdere la credibilità degli Stati Uniti e mineranno l'egemonia del dollaro nel lungo periodo", affermando che la Cina dovrebbe aiutare il mondo a "sbarazzarsi dell'egemonia del dollaro prima piuttosto che dopo".

Beni o patrimoni in Francia

Gli effetti delle sanzioni erano imprevedibili anche per la stessa Mosca, che nelle settimane prima della guerra aveva condotto diversi stress test per stimarne l'impatto. Esemplificativo come il consiglio di un banchiere russo di modellare cosa sarebbe successo se il rublo avesse superato la cifra simbolica di 100 per un dollaro sia stato bollato come irrealistico. Eppure alla fine di febbraio, il rublo quotava a 135 dollari, in picchiata del 50%. A cinque settimane dall'inizio della guerra, la situazione sembra diversa. Il rublo ha riguadagnato la maggior parte del terreno perso nei giorni successivi all'annuncio delle sanzioni, spingendo alcuni funzionari russi a sostenere che le misure erano fallite. "Questo è l'inizio della fine del monopolio del dollaro nel mondo", ha dichiarato mercoledì Vyacheslav Volodin, presidente della camera bassa del parlamento della Duma russa. "Chiunque mantenga denaro in dollari oggi non può più essere sicuro che gli Stati Uniti non ruberanno i loro soldi".
Gli analisti sono dell'avviso che il recupero momentaneo del rublo sia in larga parte spiegato dai controlli draconiani sui capitali e gli aumenti dei tassi d'interesse, una politica non sostenibile nel lungo termine. Tuttavia, la Russia potrebbe trovare modi per aggirare le sanzioni e il sistema finanziario statunitense basato sul dollaro. I funzionari indiani, per esempio, hanno detto che il governo e la banca centrale stanno esaminando la fattibilità di un accordo rupia-rublo. Le sanzioni potrebbero anche accelerare i cambiamenti nell'infrastruttura della finanza internazionale. Come parte della sua spinta per ridurre la dipendenza dai sistemi controllati dagli Stati Uniti, la Cina ha trascorso anni a sviluppare il proprio sistema di pagamenti interbancari transfrontalieri (Cips) denominato in renminbi, che ora conta 1.200 istituzioni membri in 100 paesi. E ora a seguito dell'esclusione della Russia dallo Swift, sempre più paesi potrebbero guardare con interesse al Cips.

Infine la ricomposizione delle riserve globali verso altre valute, potrebbe erodere quello che nel 1960, l'ex presidente francese Valéry Giscard d'Estaing definì come "l'esorbitante privilegio” dell'America. Secondo gli ultimi dati del FMI, dei 12 mila miliardi di dollari di riserve in valuta estera detenute dalle banche centrali di tutto il mondo alla fine del 2021, il dollaro rappresenta circa il 59%. Si tratta di un calo rispetto al 71 per cento del 1999, quando fu lanciato l'euro.
Ad ogni modo non sarà facile per gli sfidanti del dollaro avere la meglio. La mancanza di alternative praticabili è il vero impedimento. Con riserve in valuta estera di pari a 3,2 mila miliardi di dollari che devono essere investite, la stessa Cina, per esempio, non ha altra scelta che avere ampie partecipazioni in dollari: non ci sono abbastanza attività finanziarie liquide in altre valute per soddisfare tale domanda. E lo stesso renminbi, seppur i severi controlli dei capitali da parte della Cina siano negli anni diminuiti, non è ancora una moneta completamente convertibile.

È ancora dunque troppo presto per cantare il requiem del dollaro? Per Adam Smith, ex funzionario del Tesoro, sì.  "La campana a morto del dollaro nell'economia internazionale è stata suonata ogni anno" dal 2008 circa, quando Washington ha impedito per la prima volta all'Iran di utilizzare il dollaro per le sue transazioni energetiche internazionali. "Da allora c'è stato un sacco di clamore sul fatto che il dollaro avesse perso il suo status di valuta di riserva, eppure il biglietto verde ha continuato a rimanere forte e questo è probabile che continui anche dopo che la polvere si sarà depositata sulla guerra in Ucraina".
Laureato in Finanza e mercati Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, nella redazione di We Wealth scrive di mercati, con un occhio anche ai private market. Si occupa anche di pleasure asset, in particolare di orologi, vini e moto d’epoca.

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