La survey mensile di Bofa tra i gestori di fondi non lascia dubbi: il quadro macroeconomico per i mercati è decisamente meno di supporto rispetto ai mesi scorsi
Solo il 12% degli intervistati nella Global Fund Manager Survey di Bank of America sono dell’avviso che l’economia continuerà a crescere nei prossimi mesi
Le posizioni di portafoglio più comuni tra gli investitori risultano essere: lungo tech e esg, corto Cina. La competente azionaria dovrebbe essere rivista
Dopo mesi di crescita economica ininterrotta, il meglio sembra ormai alle spalle. O almeno è quanto emerge dal sondaggio mensile condotto da Bank of America tra i gestori di fondi, sondaggio considerato un affidabile termometro per stabilire se i mercati sono in salute o meno. Chi meglio dei gestori di fondi infatti può prevedere il futuro borsistico? Dalla survey di settembre, il dato fondamentale sono circa le aspettative macro: solo il 13% degli intervistati si aspetta una crescita dell’economia globale nei prossimi mesi.
Un dato molto forte considerando che si attesta al livello più basso dal maggio 2020 e che soli tre mesi fa (giugno ’21) era al 75%. La fine dell’ottimismo a livello aggregato ha comportato un altrettanto ritorno alla realtà anche circa le aspettative di crescita profitti delle imprese. Oggi solo un gestore su dieci si aspetta che questi aumenteranno nei prossimi mesi. A maggio scorso erano nove su dieci a credere nella crescita a venire degli utili aziendali. Parallelamente anche le aspettative circa l’inflazione hanno subito più di una brusca frenata. Per la prima volta dal maggio 2020, le attese circa l’andamento dei prezzi hanno cambiato segno: nei prossimi mesi probabilmente i prezzi saranno più bassi rispetto a quelli attuali. E se così non sarà, l’inflazione è da ritenersi transitoria (69%). Nonostante dunque i gestori non credano più nella crescita globale, questo non significa che si aspettino una recessione imminente: solo il 6% degli intervistati è così pessimista.
La ragione fondamentale di questo cambio di aspettative è il cambio di rotta delle autorità politica.L’84% dei gestori si aspetta infatti il taper entro fine anno, mentre per il primo rialzo dei tassi da parte della Fed bisogna aspettare dicembre 2022 o più probabilmente febbraio ’23. Lato fiscale, i gestori sono più ottimisti circa il raggiungimento di un accordo bipartisan e credono che alla fine il pacchetto fiscale che passerà al senato si aggirerà intorno ai 1,9 miliardi di dollari.
Da un punto di vista di allocazione di portafoglio, il deterioramento del quadro macro suggerisce di iniziare a rivedere la propria quota di portafoglio azionaria. Infatti risulta esserci una correlazione decisamente positiva tra le aspettative dei gestori sul ciclo economico e la rispettiva esposizione all’azionario. Inoltre emerge come la differenza tra prezzo delle azioni e valore effettivo giustificato dai fondamentali si sta ampliando. E il mercato se ne sta accorgendo. La triade di portafoglio small-cap/value/junk sta tornando ai livelli pre-elezioni statunitensi dell’ottobre scorso. Gli investitori risultano essere lunghi su tech/healthcare, sul fronte growth, mentre su banche e industriali, lato value. I titoli difensivi vengono evitati e le utily risultano essere quelle che il maggiore sottopeso in portafoglio. A livello geografico, per la prima volta da maggio 2020, i mercati emergenti sono sottopesati. Le posizioni più comuni tra gli investitori risultano essere: lungo tech e esg, corto Cina.
Solo il 12% degli intervistati nella Global Fund Manager Survey di Bank of America sono dell’avviso che l’economia continuerà a crescere nei prossimi mesiLe posizioni di portafoglio più comuni tra gli investitori risultano essere: lungo tech e esg, corto Cina. La competente azionaria dovrebbe essere…
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