La banca digitale? Sarà come un centro commerciale

I clienti digitali fruttano oggi alle banche la metà dei loro ricavi, ed entro il 2029 si arriverà al 70%. In parallelo, il numero delle filiali in Italia passerà dalle 22 mila del 2022 a circa 16 mila nel 2029, in virtù di una razionalizzazione territoriale della copertura. In particolare, il tasso di penetrazione dell'internet banking nel nostro Paese nel 2022 ha raggiunto una media del 45%, in anticipo di circa 3 anni rispetto alle previsioni. E si stima che raggiungerà il 60% nel giro di sei anni (2029). Sono le principali evidenze del quinto report di Deloitte sulla Digital Banking Maturity (300 banche, 41 paesi), presentato il 15 febbraio a Milano da Manuel Pincetti e Gianmaria Trapassi, entrambi senior partner di Monitor Deloitte, con interventi di Luca Vanetti (responsabile marketing e omnicanalità Banco BPM), Carlo Panella (head of direct bank di Illimity e chairman del BoD di HYPE).
La reazione del sistema bancario alla digitalizzazione
In risposta alle mutate abitudini di consumo, le banche sono ormai vere e proprie piattaforme multiservizio, con un’offerta che spazia dalla mobilità alla sanità, dall’e-government ai beni di consumo. Nel settore bancario italiano in particolare sono in atto sei trend digitali: una sempre maggiore gestione dei processi da remoto da parte dei clienti grazie all’utilizzo delle “super app”; l’adozione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale; un design inclusivo delle interfacce digitali per renderli accessibili; la semplificazione del processo di investimento in prodotti semplici attraverso pochi clic; infine, la nascita di istituti bancari piccoli e innovativi che rivoluzionano l’esperienza del cliente grazie a offerte di specifici servizi.
Nel caso di Banco Bpm, rivela Luca Vanetti, si è «voluto concentrare i nostri investimenti nell’obiettivo di far evolvere la banca tradizionale, dipendenti e clienti. Abbiamo quindi puntato sulla digitalizzazione del core della banca, dalle transazioni all’assistenza». In generale, l’Italia non fa male. Si rileva nel Belpaese «una vera e propria trasformazione digitale che permette di ridurre il gap di digitalizzazione del settore bancario rispetto agli altri paesi. Nuove proposizioni e nuove funzionalità suscitano sempre più interesse per le banche, che hanno iniziato a integrare la propria offerta superando i confini dei servizi puramente bancari, potendo ancora far leva su ulteriori opportunità di crescita agendo in logica di ecosistema».
Ed è proprio sulla costruzione strategica di ecosistemi che gli enti bancari stanno puntando, supportati da normative e soluzioni transnazionali, «per fornire ai clienti una visione sempre più unificata di prodotti e servizi», sottolinea Deloitte. Del resto, «gli investimenti in digitalizzazione continueranno a essere imprescindibili in quanto destinati a impattare anche le performance aziendali nel lungo periodo». Nello studio Deloitte le banche, tramite il punteggio Digital Banking Maturity score (DBM score), vengono suddivise in base al loro livello di digitalizzazione in quattro gruppi: ritardatari digitali (Digital Latecomers), adottatori del digitale (Digital Adopters), seguaci digitali intelligenti (Digital smart followers) e campioni digitali (Digital Champions).
Digitalizzazione, la buona performance delle banche italiane
Le banche italiane hanno in media migliorato il loro DBM score rispetto ai risultati del 2018 (da 27% a 40% per i digital adopters, da 35% a 50% per digital smart followers e da 43% a 59% per digital champions) e due di esse si sono classificate come digital champion. Quest’ultima categoria identifica gli attori che offrono un'ampia gamma di funzionalità digitali ritenute rilevanti dai clienti, con una esperienza per l’utente di livello superiore rispetto ai loro competitor. I campioni digitali mostrano migliori performance sotto il punto di vista finanziario con un aumento del ROE di 1,5 punti percentuali rispetto agli altri player.
Si contraddistinguano inoltre offrendo ai propri clienti una migliore esperienza utente, con particolare attenzione a funzionalità relative a: bancassicurazione (+52 p.p.), servizi di investimento (+46 p.p.), ecosistema (+28 p.p.). Poi, in aggiunta alle funzionalità di operatività bancaria giornaliera, tra i quali la gestione delle finanze personali (+57 p.p.), gestione carte (+53 p.p.) e trasferimenti e pagamenti (+45 p.p.), nonché beyond banking (+18 p.p.): «Un cliente su due vede nella banca la possibilità di trovare di accedere a servizi di terzi e prodotti di terzi.
Gli istituti quindi hanno l’opportunità di caratterizzarsi come soggetti che possono fare da mediatori», spiega Pincetti. Nel caso di illimity Bank, spiega Carlo Panella, head di Direct Bank di illimity e chairman del Bod di Hype: «Dobbiamo convincere il cliente a fare altre cose, oltre alle solite attività offerte dalle banche tradizionali. Perciò, bisogna offrire servizi ad hoc creati con partner specifici per diventare una specie di “centro commerciale”». In generale, gli istituti italiani hanno incrementato di molto, rispetto al 2020, il punteggio per le funzionalità di Information Gathering (+19 p.p.), Account Opening (+17 p.p.) e End Relationship (+14 p.p.).