L'Eurozona andrà in recessione secondo 8 economisti su 10

Per l'Italia il quarto trimestre sarebbe quello più duro, con una contrazione prevista dello 0,4%, alla quale ne seguirebbe un'altra dello 0,2%
Meno colpite, invece, sarebbero Francia e Spagna, che secondo gli economisti sondati da Bloomberg non andranno in recessione
Un consenso sempre più ampio di economisti mette ormai in conto una recessione dell'Eurozona, e dell'Italia, nel 2023. Secondo un nuovo sondaggio realizzato da Bloomberg la percentuale di studiosi che prevede almeno due trimestri consecutivi di contrazione del Pil (ossia la circostanza che definisce la recessione) è salita all'80%, dal 60% della precedente rilevazione. Il rischio di una recessione non raggiungeva questo livello dal luglio 2020.
Quella degli economisti, però, è una consapevolezza che ancora non combacia con le previsioni delle istituzioni europee. La Bce, nelle sue ultime stime pubblicate a settembre, vede una crescita del Pil dell'Eurozona dello 0,9% per tutto il 2023 - in uno scenario base che non assume il completo taglio delle forniture di gas proveniente dalla Russia.
Nel dettaglio, per l'Eurozona i trimestri negativi sarebbero due: l'ultimo del 2023 (-0,3%) e il primo del 2022 (-0,2%). Per quanto riguarda l'Italia, gli economisti sondati vedono negli ultimi tre mesi del 2022 una contrazione dello 0,4% - la più significativa alla pari di quella prevista in Germania – cui seguirà un primo trimestre 2023 in rosso dello 0,1%.
“L’anno prossimo” le previsioni internazionali “prevedono una mezza recessione... Chiaramente c’è un rallentamento ma ancora non credo si possano vedere i sintomi di una recessione”, aveva dichiarato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella conferenza del 16 settembre.
Né la Francia né la Spagna, invece, andrebbero incontro alla recessione secondo il sondaggio Bloomberg: per la prima l'unico trimestre negativo sarebbe il quarto del 2022 (-0,2%), mentre per Madrid le prospettive sono quelle di un rallentamento economico privo di trimestri a crescita negativa.
Recessione, il peso della stretta Bce
Le risposte degli economisti sono state raccolte fra il 9 e il 15 settembre e integrano già il rialzo dei tassi da 75 punti base deciso dal board Bce, il più ampio mai adottato finora. Christine Lagarde ha anticipato come il Consiglio direttivo preveda nuovi rialzi nelle prossime due, tre o quattro sedute. E' una stretta monetaria obbligata che, però, eserciterà i suoi effetti restrittivi in un'economia già minacciata dai rincari energetici e dal possibile taglio completo delle forniture di gas russo.
Per quanto riguarda le attese sull'inflazione, gli economisti sondati intravedono il picco per il quarto trimestre di quest'anno, con un tasso del 9,6%. L'aumento dei prezzi andrebbe a rallentare progressivamente, resterebbe ancora al 2,2%, poco al di sopra del target Bce, nel primo trimestre del 2024. L'atteso raffreddamento dei prezzi energetici dovrebbe contribuire a ridurre il tasso d'inflazione nel prossimo anno, anche se già adesso altre componenti del paniere non interessate dal costo delle importazioni hanno iniziato a crescere oltre i target. Questi rincari, come quelli osservati nel settore dei servizi, indicano come gli attori economici abbiano iniziato ad adeguare i prezzi verso un'inflazione ritenuta non più transitoria.
Secondo il capo economista della Bce, Philip Lane (solitamente incasellato fra le “colombe”) il rialzo da 75 punti base è stato un passo “appropriato” che, probabilmente, resterà l'unico di tale portata: i prossimi rialzi dovrebbero essere, dunque, più piccoli. In qualche modo, anche la presidente Christine Lagarde aveva fatto riferimento a questa mossa come un “frontloading”, ossia il tentativo di anticipare i rialzi più grandi nelle fasi iniziali della stretta monetaria. Ufficialmente la Bce ha affermato che le decisioni saranno comunque determinate dai dati macroeconomici che arriveranno. Se l'inflazione dell'Eurozona dovesse continuare ad accelerare mentre l'economia rallenta, o va in contrazione, la Bce (e probabilmente per i mercati) sarebbe costretta a decidere nello scenario peggiore; ossia a intervenire con forza, anche a costo di rendere la recessione europea più grave.