Anche se il livello dei consumi negli USA si conferma su livelli medi, l’ipotesi di una stretta creditizia molto forte ha fatto da freno
Sono attesi nei prossimi mesi del 2022 dieci possibili rialzi dei tassi da parte della Fed
Il rischio cambio
C’è da ricordare però che non è il caso di muoversi con troppa confidenza perché “si investe – ricorda l’esperto finanziario Angelo Drusiani – in una moneta diversa dall’euro. E non è una situazione da sottovalutare, perché, mediamente, le oscillazioni dei rapporti di cambio possono anche essere rilevanti. Con guadagni e perdite che si sommano algebricamente al risultato che si otterrà dalla gestione dei T-BOND, le emissioni con cui il ministero del Tesoro di Washington si finanzia”. Quindi l’investitore, oltre a tenere conto di quanto riportato, deve fare i conti con la personale propensione al rischio. “In questo momento – spiega Drusiani – le due scadenze più significative, la durata biennale e quella decennale, hanno evidenziato rialzi dei rendimenti significativi, soprattutto per la scadenza più breve che è considerata lo specchio di ciò che potrà accadere in materia di tasso di riferimento”.
I rendimenti
A metà maggio 2021 il suo rendimento era pari allo 0,17%, salito ad oggi al 2,59 per cento, quasi a sfiorare il rendimento della durata decennale. Quest’ultima ha visto il rendimento salire dall’1,66% di metà maggio 2021 all’attuale 2,99 per cento, in calo dal 3,20%, toccato il 9 maggio scorso. “Il rendimento del titolo decennale esprime l’ipotesi che il mercato fa della durata del rialzo dei tassi ufficiali. In questo caso, la si riterrebbe di medio periodo”, spiega Drusiani. “All’atto della decisione di aumentare il tasso di riferimento dello 0,50%, il 4 maggio scorso, molti analisti ipotizzarono fosse il secondo di dieci possibili aumenti successivi. Al tempo stesso, pochi giorni dopo, l’11 dello stesso mese, il dato relativo all’inflazione mensile di aprile si è attestato su valori decisamente inferiori. Anche se il livello dei consumi negli USA si conferma su livelli medi, l’ipotesi di una stretta creditizia molto forte li ha in parte frenati. Ma, al di là di questa considerazione, aumenti del tasso di riferimento eccessivi avrebbero effetti tutt’altro che positivi su una popolazione mediamente indebitata in misura abbastanza alta. Non si può non pensare che la politica monetaria restrittiva, come è stata ipotizzata da una parte di analisti e come la stessa Banca Centrale statunitense non ha escluso, possa adeguarsi all’evolversi della situazione economica, rivedendo la strategia in materia di tasso ufficiale nel corso dei prossimi mesi”.
Guardando ai rendimenti, per l’esperto la scadenza biennale in tempi ravvicinati potrebbe attestarsi al 3%, mentre per la durata decennale poco sopra 3,50%, 3,75% (a fine anno).
I titoli
Su che titoli puntare? “La limitatezza di strumenti obbligazionari a cedola variabile, negli Stati Uniti, restringe la scelta tra emissioni del Tesoro a cedola fissa con varie durate ed emissioni di titoli indicizzati all’inflazione, i TIPS. La durata biennale non espone a rischi di prezzo eccessivi e può essere immessa in portafoglio a questi livelli di rendimento. Per la scadenza decennale, un’eventuale aumento del tasso al 3,50-3,75% potrebbe rappresentare una buona occasione di acquisto. Per i TIPS, solo a fronte di ipotesi di ulteriori incrementi dell’inflazione potrebbe aprirsi un nuovo interesse”.
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