Il petrolio schizza alle stelle. Le importazioni si contraggono. Arrivano sanzioni, embarghi e chi più ne ha più ne metta.
È normale avere paura. Non eravamo abituati alla guerra. Possiamo ritenerci fortunati se la guerra resta fuori dai nostri confini nazionali. Ma la prospettiva di bruciare i nostri risparmi in un investimento è qualcosa che non ci auguriamo in ogni caso.
Di fronte ai primi venti di conflitto, chi ha qualche investimento si è subito spaventato. Come possono muoversi gli investitori in “tempo di guerra”?
In questo articolo cercheremo di capire come affrontare questo momento a livello finanziario. Cercheremo prima di capire che cos’è la paura, inquadrandola nello scenario storico attuale. Faremo anche un excursus di casi reali per vedere come i mercati hanno reagito nel passato durante precedenti periodi di guerra.
Capire dove ci troviamo
Prima di tutto, inquadriamo la paura: è ancorata a qualche motivazione oppure non ha alcun fondamento? Se partecipo a un safari e scopro che un leone è libero e dista da me solo due metri, ho tutte le ragioni per essere spaventato.
Se, invece, vedo un leone a un chilometro di distanza, non c’è motivo di avere tanta paura: posso prendere la decisione finale di salire sulla jeep per evitare che mi raggiunga. Facile a dirsi, più difficile da mettere in atto.
La guerra in Ucraina sta portando dei cambiamenti nei mercati finanziari. Ma questi cambiamenti sono qualcosa di cui avere paura? Sono il punto di arresto di tutto? Oppure sono l’inizio di un nuovo scenario?
I mercati in tempo di guerra
La storia non mente. La storia è ciclica e ci insegna che investire nel mercato finanziario in tempi di guerra fa guadagnare. Quanto? In media, un +7%. Difficile a credersi ma lasciamo parlare i numeri e analizziamo gli indici del Dow Jones durante tre guerre passate: le due Mondiali e la guerra nel Vietnam.
Nei sei mesi che seguirono lo scoppio della Prima guerra mondiale, il Dow Jones Industrial Average perse il 30%. A quel tempo, poiché la guerra aveva seriamente intaccato il mondo finanziario, si decise di chiudere la Borsa (anche oggi molti titoli sono sospesi nelle quotazioni).
Dopo altri sei mesi, alla riapertura nel 1915, il Dow Jones mise a segno quello che è stato il rialzo record di sempre in un singolo anno: +88%
Nel 1918, al termine del conflitto, l’indice americano guadagnò in totale il 43%, ovvero un 8,7% all’anno.
Qualcosa di simile accadde con la Seconda guerra mondiale. Nel settembre 1939, pochi giorni dopo l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il mercato salì del 10%. Con l’attacco a Pearl Harbor (dicembre 1941), le azioni inizialmente aprirono in calo ma recuperarono in meno di un mese. Quando le Forze Alleate invasero la Francia, nel 1944, il Dow Jones Industrial Average registrò un aumento del 5% nel mese successivo. Al termine del conflitto, durato dal 1939 al 1945, il Dow Jones guadagnò il 50% complessivamente, pari al 7% all’anno.
Terzo e ultimo caso: la guerra in Vietnam. Nel 1965, quando le truppe americane arrivarono in Vietnam, il Dow Jones chiuse l’anno con un 10% di guadagno. Al termine del conflitto, nel 1973, il mercato realizzò una performance complessiva del 43%, pari al 5% all’anno.
Combattere, fuggire o bloccarsi?
In ambito finanziario abbiamo paura della guerra perché per noi è uno scenario nuovo e non sappiamo cosa ci aspetti. In questo senso, la paura è uno stato emotivo che ci aiuta.
Le neuroscienze ci insegnano che esistono tre comportamenti possibili davanti alla paura: scappare, combattere o fermarsi. Sono gli stessi comportamenti che l’uomo preistorico metteva in atto davanti a una minaccia (un grosso animale, ad esempio) e che gli hanno permesso la sopravvivenza.
Oggi adottiamo gli stessi comportamenti nella nostra società attuale. In ambito finanziario, infatti, potremmo scegliere di: mantenere l’investimento (fermarsi), investire ancora (combattere) o vendere le nostre azioni (fuggire).
Quando un investitore vuole liquidare tutto, esprime un desiderio ma senza capire bene lo scenario in cui si trova (dove si nasconde il leone?). Sta fuggendo da un pericolo che esiste oppure no?
Infatti, spesso la nostra paura ha due facce: razionale ed emotiva.
In finanza, la paura è reale se andiamo incontro a una perdita effettiva. È emotiva se invece consiste solo in una proiezione futura, se abbiamo paura della possibilità di perdere, che è diverso dall’avere paura della perdita stessa.
Da solo, l’investitore fa fatica a vincere la paura razionale ed emotiva. Ha bisogno di un aiuto esterno.
Il consulente finanziario può aiutare a spiegare quello che sta succedendo nei mercati, presentare case-history come quelle che abbiamo visto e aiutare l’investitore ad adottare una strategia appropriata. Che potrà essere: vendere, mantenere o comprare. Ma che non sarà più dettata dalla sola paura irrazionale.