Business model (60%), comprensione dei bisogni del mercato (33%), gestione finanziaria (29%) e networking (35%) sono i principali ostacoli che le aziende devono affrontare per superare la fase di ideazione/progettazione di un progetto innovativo
Adottare una logica di open innovation può aiutare le aziende a superare gli ostacoli sopra citati, attraverso una serie di vantaggi. Ma l’Italia, è ancora in ritardo su questo fronte
Andando per ordine, quasi la metà delle aziende intervistate (46%) ha indicato la definizione di un business model efficace come il primo ostacolo all’innovazione. Una percentuale che sale al 60% tra le pmi e le grandi aziende. “Senza un business model chiaro è difficile riuscire a rendere scalabile la propria idea e trasformarla in un business remunerativo” spiega lo studio, evidenziando che “a volte le aziende non investono sufficiente tempo e risorse nella sperimentazione e analisi del proprio piano”. Un secondo scoglio da superare risiede nella comprensione dei bisogni del mercato, indicata da circa un terzo dei rispondenti (33%). “Utilizzare un approccio scientifico può aiutare a comprendere i bisogni dei propri clienti e orientare lo sviluppo del prodotto o servizio” sottolinea il report. Per il 29% del campione, la gestione delle risorse finanziarie rappresenta un ulteriore elemento ostacolante. Questo tema, osserva il report, è di cruciale importanza per le startup, ma riguarda anche le grandi aziende, che “spesso tendono a spendere molto più del dovuto a causa di una mancanza di flessibilità interna che allunga i processi interni e comporta maggiori spese rispetto ad una startup”. Infine, la creazione di un network, ossia delle giuste connessioni per accedere alle risorse, umane e finanziare, e trovare dei partner chiave per guidare lo sviluppo del proprio prodotto e l’accesso al mercato, costituisce un ostacolo per il 35% del campione.
“Non sono solo le startup a dover attraversare la cosiddetta valle della morte, ossia quella fase di difficoltà finanziaria che si colloca dopo la prima fase iniziale e prima dell’ingresso nella fase di crescita strutturata. E anche l’idea secondo cui le prime fasi di un progetto innovativo sono sempre le più delicate non vale solo per le piccole imprese innovative. Dal nostro osservatorio privilegiato, infatti, abbiamo potuto rilevare come queste complessità siano intrinseche a ciascun progetto innovativo, a prescindere che sia sviluppato da una startup, da una Pmi o da una grande azienda consolidata. E per quanto sia opinione comune che una grande azienda abbia le risorse economiche per sviluppare un progetto, spesso non si tengono in considerazione i vincoli e le strutture organizzative complesse che una corporate tende ad avere rispetto ad una startup, che comportano una minor flessibilità e adattabilità dei processi” ha commentato Francesco Iervolino, partner di Deloitte e co-lead di Officine Innovazione.
Infine, la ricerca evidenzia l’importanza della collaborazione tra i diversi player (università, centri di ricerca, startup etc.), che rimane centrale nell’ottica di superare gli ostacoli precedentemente citati, sia per una startup che per una grande azienda. Tuttavia, quando si tratta di open innovation, l’Italia sconta ancora un evidente ritardo. Secondo Deloitte, l’adozione di questo modello di innovazione “aperta” può portare diversi vantaggi, quali: la riduzione dei rischi nei progetti di innovazione per l’adozione di processi già avanzati, la riduzione dei costi di ricerca & sviluppo per il ricorso a soluzioni già sviluppate, l’adozione di nuovi trend tecnologici per una migliore interazione con l’ecosistema degli innovatori e l’identificazione di nuove opportunità di business per una più aperta visione.