Secondo lo studio Corporate Actions and The Manipulation Of Retail Investors in China: An Analysis of Stock Splits, alcuni split in Cina sarebbero sospetti
Sul mercato di Shanghai gli investitori retail contano per il 90% degli scambi giornalieri mentre il 70% dei titoli quotati sulla borsa non possono essere venduti allo scoperto
C’è un terribile sospetto che alleggia sulla Cina: molte aziende usano gli split azionari per aumentare i prezzi delle loro azioni. “Pump and dump”, in inglese; gonfiare (i prezzi) e vendere (le azioni), in italiano. Ad avanzare questa ipotesi è una ricerca a firma Sheridan Titman Chishen Wei. Wei Bin Zhao promossa dal National Bureau of Economic Research, organizzazione no-profit “impegnata a diffondere una ricerca economica imparziale”. Secondo lo studio, che analizzato 4510 stock split tra il 1999 e il 2015 sul mercato delle A-shares scambiate sulla borsa di Shanghai, questa pratica sarebbe molto diffusa tra le aziende cinesi, eccezion fatta per le State Owned Enterprise.
Investitori retail e limiti allo short selling
La premessa allo studio è che ci sono due fattori che rendono il mercato cinese oggetto di possibile manipolazione. Primo gli investitori retail contano per il 90% del volume giornaliero di scambi sullo Shangai Stock Exchange. I piccoli investitori al dettaglio tendono ad essere relativamente poco sofisticati – circa un terzo di tutti gli investitori al dettaglio cinesi non hanno un’istruzione superiore e un sondaggio del 2014 riporta che la maggior parte delle nuove aperture di conti sono state fatte da investitori che non avevano un diploma di scuola superiore. In secondo luogo, la vendita allo scoperto nel mercato cinese delle A-share è sostanzialmente limitata. Le vendite allo scoperto erano vietate prima del 2010 e le restrizioni del 2016 hanno proibito la vendita allo scoperto di quasi il 70% dei titoli. Queste restrizioni impediscono agli arbitraggisti di intervenire per contrastare le azioni manipolative.
Pump and dump
Con queste condizioni strutturali al mercato le imprese possono operare degli split azionari a tutto loro beneficio. La divisione del prezzo delle azioni rendendole meno care attirerà gli investitori retail che dalla ricerca emerge come siano molto propensi al trading, abbiano piccole somme a disposizioni e siano in prevalenza uomini. Ciò porterà il prezzo dell’azione ad apprezzarsi e sul mercato, essendo limitata la vendita alla scoperta, non ci saranno soggetti in grado di riportare velocemente il prezzo a livello pre-split. In questo modo le imprese beneficeranno dell’apprezzamento delle azioni per ottenere prestiti usando le stesse come garanzia e vendendole in blocco fuori mercato. Questo spiegherebbe in parte come mai a differenza degli split “regolari”, nal caso degli split sospetti il prezzo delle azioni ritornerebbe ai livelli pre-split. L’altro contributo per riportare il prezzo ai livelli pre-split è fornito da investitori istituzionali, che in accordi con l’impresa, comprano le azioni prima dello split e le vendono in seguito. Cosa che fanno anche alcuni retail investor, consci della manipolazione, ma che sopravalutano le loro capacità di market timing.
Split sospetti
Secondo lo studio ci sono vari fattori che segnalerebbero uno split come sospetto. Un primo elemento di sospetto è quando lo split viene fatto a seguito di un modesto apprezzamento delle proprie azioni. In genere, di fatti un’azienda decide di ridurre il prezzo delle azioni quando queste diventano troppo care. Inoltre a livello di timing risulta che il 92% degli split venga annunciato nell’earnings season. Quando questo non avviene un investitore dovrebbe chiedersi il perché. Un secondo elemento di sospetto è la scadenza di clausole di lock-up con restrizioni di trading per grandi azionisti e investitori istituzionali. Secondo la ricerca se questa clausola scade nel lasso temporale compreso tra un mese prima allo split e i successivi sei mesi la possibilità di essere in presenza di uno split sospetto si alza. Il terzo elemento è poi la traiettoria del prezzo descritta precedentemente. In totale, approssimativamente il 21% degli split analizzato nello studio è stato considerato come sospetto.
In Cina la manipolazione di mercato è reato e le sanzioni penali e civili sono costose. In uno degli ultimi casi ripreso dalla stampa, Xiang Xu, il gestore di hedge fund della Zexi Investment Company, è stato condannato a cinque anni e mezzo di carcere e ha pagato una multa di 11 miliardi di Yuan cinesi per aver cospirato con i manager per annunciare split e contemporaneamente condurre wash usando conti di trading non affiliati.