Anche negli Stati Uniti gli Etf value hanno invertito la rotta, con deflussi netti da 1,5 miliardi di dollari, dopo i 62 miliardi ricevuti in gestione nei precedenti nove mesi. Su entrambe le sponde dell’Oceano sono nuovamente gli Etf basati sui titoli “growth” quelli più gettonati. Le azioni growth sono caratterizzate da valutazioni più care, ma anche da un maggiore potenziale di crescita. Negli Stati Uniti gli Etf Growth hanno ricevuto afflussi netti di 9,4 miliardi di dollari nel terzo trimestre – il secondo dato più positivo di sempre – dopo un deflusso netto di 8,5 miliardi registrato nel corso dei 12 mesi precedenti.
Da un punto di vista teorico, il fatto che si stia avvicinando la fase di stretta monetaria delle banche centrali, in particolare negli Stati Uniti, dovrebbe penalizzare le prospettive delle growth stocks. I tassi bassi aiutano queste aziende, poiché le loro alte valutazioni si fondano su flussi di cassa futuri “meno penalizzati” da tassi elevati – la stretta monetaria, al contrario, tende a favorire i titoli value. I manuali, però, non aiutano a comprendere quanto si sta verificando.
Dopo l’arrivo del vaccino anti-Covid i titoli che hanno maggiormente sofferto durante la “lockdown economy”, come i bancari, le compagnie aeree, minerarie e petrolifere hanno “avuto un rally storico durato quattro o cinque mesi”, ha affermato al Ft Peter Sleep, senior portfolio manager presso 7 investment Management. Ma le prospettive di rallentamento economico dovuto a un fisiologico assestamento nei prossimi mesi andrebbero a penalizzare titoli come questi, le cui sorti sono associate all’andamento del ciclo. Questo dovrebbe, nuovamente, riportare l’orientamento degli investitori sui titoli growth. Secondo Sleep, il ritorno al growth è un “classico caso di caccia alla performance”.
Non è detto che i deflussi dai titoli value debbano necessariamente proseguire nell’immediato futuro. La ripresa economica potrebbe spingere ancora per un certo periodo la categoria “a buon mercato”.