In una testimonianza resa al Congresso il presidente della Fed, Jerome Powell, ha evitato di speculare su quali potrebbero essere gli impatti della guerra in Ucraina sulle decisioni di policy
Allo stesso tempo, il rialzo dei tassi per questo marzo è stato confermato
Ciò che Powell dà per certo è che lo sconvolgimento dello scenario politico avvenuto nelle ultime settimane non cambierà il corso immediato delle decisioni della banca centrale americana, che questo mese procederà con il primo rialzo dei tassi d’interesse dall’inizio della pandemia.
“Ci aspettiamo che sarà appropriato aumentare il target range per il tasso dei fondi federali alla nostra riunione alla fine di questo mese“, ha scritto Powell, che prenderà la parola nel tardo pomeriggio del 2 marzo (ora italiana). In generale, però, il presidente della Fed si asterrà dal commentare quale impatto avrà la situazione geopolitica in Europa orientale sul corso della politica monetaria, in un’ottica più ampia.
Per gli Stati Uniti la buona notizia è che la crescita è robusta che “il mercato del lavoro estremamente stretto”, anche se quest’ultimo aspetto sta già contribuendo ad alimentare i salari e, potenzialmente anche i prezzi sui prodotti. Nei dodici mesi al gennaio 2022 l’inflazione si è attestata al 7,5% con l’indice Pce, quello più rilevante per le decisioni di politica monetaria della Fed, al 6,1%. Powell ha ribadito come la Fed si aspetta di veder rallentare l’inflazione andando avanti nel 2022. Tuttavia, gli economisti cominciano a tratteggiare alcune delle ripercussioni che è possibile attendersi anche sul fronte economico dalla nuova stagione inaugurata dalla guerra in Ucraina.
I rincari osservati sulle materie prime, uno dei principali risvolti finanziari della crisi ucraina, così come le sanzioni, andranno a generare nuovo stress sulle catene di fornitura. Alla scarsità di semiconduttori che sta colpendo l’industria automobilistica, ad esempio, si stanno aggiungendo aspri rincari per il palladio (utilizzato nei catalizzatori), xeno e alluminio. Quest’ultimo metallo, di cui la Russia è esportatrice è rincarato del 20% solo nell’ultimo mese.
Allo stesso tempo i prezzi dell’energia rendono l’idea di quanto, a cascata, l’inflazione generare potrebbe subire un impatto a breve termine. Il future sul carbone, combustibile diventato nuovamente centrale nella politica energetica volta limitare le importazioni di gas russo, ha raggiunto un nuovo massimo storico il 2 marzo, superando quota 400 dollari (con un balzo del 32% in un solo giorno).
Il barile di petrolio Brent ha raggiunto i 113,94 dollari il 2 marzo, con un rialzo ampiamente superiore al 5%, ai massimi dal settembre 2014. Su questo fronte sarà importante osservare l’esito dei negoziati sul nucleare iraniano, che potrebbero sfociare in un accordo in grado di portare sul mercato internazionale un’offerta aggiuntiva di greggio stimata fra 1-1,5 milioni di barili al giorno.
Anche il future Ttf sul gas naturale continua mantenersi su livelli estremamente alti, a 117 dollari – se si esclude il picco dello scorso dicembre il gas non è mai stato più caro rispetto all’ultima settimana.