Il paper “Should Passive Investors Actively Manage Their Trades?” a firma Side Li ha evidenziato come in occasione dei ribilanciamenti trimestrali i trader costino agli etf miliardi di dollari
La ricerca ha scoperto che il prezzo delle azioni che gli etf acquistano in media sale di 67 punti base nei cinque giorni di negoziazione prima del riequilibrio
Quanto costa agli etf il regolare riequilibrio, tipicamente trimestrale, del proprio portafoglio per rimanere allineati alla mutevole composizione dell’indice sottostante? 3,9 miliardi di dollari all’anno: ovvero non poco. È questa la cifra che i fondi statunitensi indicizzati starebbero gettando via nel perseguire strategie di rebalancing meccaniche, stando ai risultati di una recente ricerca accademica ripresa dal Financial Times.
“Il costo di trading del ribilanciamento meccanico è grande in molti sensi. È paragonabile alle commissioni di gestione totali applicate dai gestori di etf” ha commentato Sida Li, studente di dottorato presso l’Università dell’Illinois e autore del documento intervistato dal Ft. Secondo l’analisi, le perdite costerebbero a un investitore che ha costruito un portafoglio di pensionamento di 2 milioni di dollari in 30 anni tramite fondi comuni passivi o exchange-traded 29 mila dollari. Come si spiegano questi costi? Semplice: i fondi annunciano in anticipo i propri ribilanciamenti danno la possibilità ai
trader di sapere quali saranno i cambiamenti dell’indice prima che vengano implementati. Ciò dà a questi ultimi la possibilità di muovere i prezzi dei titoli in oggetto del riequilibrio contro gli etf.
La ricerca ha scoperto che il prezzo delle azioni che gli etf acquistano in media sale di 67 punti base nei cinque giorni di negoziazione prima del riequilibrio, per poi scendere di 20 punti base nei 20 giorni successivi. Dal momento che il tasso mediano di rotazione del portafoglio per gli etf azionari statunitensi al 2020 era del 16%, questo “scherzo dei trader” si tradurrebbe in una mancata performance dello 0,14%
Li, che ha descritto le strategie di riequilibrio di questi etf trasparenti come “sunshine trading”, ha paragonato quest’ultime con quelle di quelli che ha definito “etf opachi”. Questi fondi riportano i loro portafogli solo alla fine del mese, piuttosto che quotidianamente, come invece fanno gli etf trasparenti. Tuttavia tutti gli etf riportano il loro valore patrimoniale netto su base giornaliera, il che ha permesso a Li di confrontare 16 etf opachi con 16 etf solari: gli indici tracciati sono gli stessi. I nav di queste coppie di etf hanno mostrato una correlazione di 0,9999 al di fuori delle finestre di ribilanciamento degli indici, ma solo 0,97 durante i ribilanciamenti trimestrali, il che dimostrerebbe che in tali occasioni i due gruppi di etf si comportano differentemente. Difatti Li ha scoperto che gli etf opachi in genere camuffano il momento di ribilanciamento, scambiando i titoli sia prima che dopo la data ufficiale di ribilanciamento. Questa diversa strategia comporterebbe di risparmiare sulla performance finale del portafoglio lo 0,07%.
Discorso simile per gli etf “auto-indicizzati”, etf che hanno a benchmark un indice interno come per esempio lo è Schwab 1000 ETF, il cui benchmark è l’indice Schwab 1000. Come per gli etf opachi, anche questa categoria di fondi camuffa il momento dello scambio. In questo caso il guadagno sul portafoglio è di 9,4 punti base.
Il paper “Should Passive Investors Actively Manage Their Trades?” a firma Side Li ha evidenziato come in occasione dei ribilanciamenti trimestrali i trader costino agli etf miliardi di dollariLa ricerca ha scoperto che il prezzo delle azioni che gli etf acquistano in media sale di 67 punti base nei …