La Banca centrale europea ha simulato il potenziale impatto del cambiamento climatico su 4 milioni di aziende e 1.600 banche nei prossimi 30 anni
“I costi a breve termine della transizione impallidiscono di fronte ai costi del cambiamento climatico. Previsti benefici anche in termini di investimenti”
Italia tra i Paesi più a rischio
Quanto al rischio fisico, rivela la Bce, i paesi del Nord e del Centro Europa vantano una quota di imprese ad alta emissione compresa tra il 20 e il 50%. Ma la loro quota di esposizioni verso imprese ad alto rischio fisico resta limitata e, nella maggior parte dei casi, ruota intorno al 5%. La maggior parte di queste imprese, infatti, risulta concentrata nel Sud Europa, dove rappresentano una quota compresa tra il 25 e il 100%, con Italia e Spagna sul podio. E il Belpaese non rivela dati incoraggianti neppure sul fronte dell’esposizione al rischio di transizione. Il 10% dei portafogli bancari più inquinanti raccoglie infatti il 30% delle esposizioni complessive dell’area euro e finanzia quasi il 65% delle emissioni totali; e guardando alla composizione geografica di questi portafogli, un terzo risulta localizzato proprio in Italia, seguito da circa il 50% per Germania e Francia.
I vantaggi dell’agire in anticipo
“Senza politiche a favore della transizione verso un’economia più verde, i rischi fisici aumenteranno nel tempo”, spiega Luis de Guindos, vicepresidente della Bce, al Financial Times. “È essenziale effettuare una transizione precoce e graduale, in modo da mitigare sia i costi stessi della transizione sia l’impatto futuro dei disastri naturali”, avverte. Come scrive infine Francoforte, i risultati dello stress test climatico mostrano “chiari vantaggi nell’agire in anticipo” anche in termini di investimenti e di sviluppo di tecnologie più efficienti. Se ciò non dovesse accadere, invece, i rischi fisici aumenteranno e “lo faranno in modo non lineare e duraturo”.