Un rapporto dello European systemic risk presideduto da Christine Lagarde ha messo in luce quali sono i possibili impatti finanziari di eventi climatici avversi come inondazioni e siccità
I gestori di fondi europei sarebbero in possesso di 1.400 miliardi di euro in asset esposti ai rischi climatici, pari al 22% del portafoglio
Il 57% degli asset in mano ai fondi d’investimento è riferibile a società inquinanti, nonostante l’ascesa del fenomeno ESG
Per le banche i pericoli sono quantomai concentrati, con “il 70% delle esposizioni creditizie del sistema bancario a imprese” considerate a rischio “concentrate nei portafogli di soli 25 istituti”
“Gli scenari avversi suggeriscono una svalutazione aggregata diretta dell’1,2% delle partecipazioni azionarie e delle obbligazioni societarie” detenute dai gestori Ue “nei prossimi 15 anni”, ha affermato lo Esrb. “La stragrande maggioranza delle perdite” che potrebbero impattare “l’universo dei fondi è dovuta agli investimenti sui produttori di energia e potrebbe essere amplificata in caso di fire sales”.
“I portafogli di investimento” con maggiori concentrazioni di azioni relative a società inquinanti “potrebbero subire perdite fino al 14%”, ha poi aggiunto l’istituto.
L’industria del risparmio gestito continua ad essere esposta alle società contraddistinte da elevate emissioni, poiché le società ad elevate capitalizzazioni di mercato, a parità di altri fattori, tendono a inquinare di più. L’esposizione mediana dei gestori verso gli “asset inquinanti” rappresenta il 57% del portafoglio. Se si restringe lo sguardo alle società ad elevate emissioni di CO2 l’esposizione del portafoglio dei fondi è rimasta stabile intorno al 30% negli ultimi sette anni; tuttavia, l’ammontare in termini assoluti è cresciuto dai 700 miliardi di euro del 2013 ai 1.300 miliardi del 2019.
Il ruolo (ancora da valutare) del fenomeno ESG
I fondi contraddistinti dalle strategie ESG, ha proseguito l’Esrb, investono in imprese le cui emissioni sono mediamente più contenute del 30% e la cui carbon intensity media è inferiore del 10%. Sono risultati sufficienti? L’istituto europeo su questo ha sospeso il giudizio, affermando che “la mancanza di coerenza nella categorizzazione delle strategie di investimento sostenibile, così come l’assenza di definizioni standardizzate per i fondi ESG, ostacola la capacità delle autorità, degli investitori e dei ricercatori di comprendere le implicazioni più ampie delle recenti tendenze del mercato ESG e il loro impatto sulla transizione verso un’economia a basse emissioni”.
Lo European systemic risk board, tuttavia, ha precisato che “molti fondi d’investimento Ue potranno essere soggetti a un maggiore controllo dal momento che, in media, solo l’11% dei portafogli può attualmente essere considerato green”.
Il rischio climatico per le banche
Nei prossimi vent’anni il crescente rischio di catastrofi ambientali come inondazioni, incendi e siccità potranno colpire duramente l’Europa, benché in modo decisamente disomogeneo. L’esposizione del sistema bancario europeo nei confronti delle imprese ritenute a rischio per colpa del cambiamento climatico, arriva al 30%, ha affermato l’Esrb. Ciò si potrebbe tradurre in una perdita dell’1,60-1,75% delle attività ponderate per il rischio su un orizzonte temporale di 30 anni.
Va però sottolineato che per quanto riguarda i soli rischi fisici (e non regolatori), “il 70% delle esposizioni creditizie del sistema bancario a imprese” considerate a rischio “sono concentrate nei portafogli di sole 25 banche”.
Il sistema bancario italiano, secondo quanto calcola l’Esrb, è quello più esposto ai rischi climatici dopo quello spagnolo. In particolare, pesano le vulnerabilità delle imprese tricolore verso fenomeni di stress idrico (ovvero di scarsità di acqua potabile), inondazioni e a “pericoli multipli”. In Italia i rischi climatici più consistenti si concentrano nella zona Padana e, ai massimi livelli, sulla costa veneta.
I settori economici che potrebbero subire le peggiori conseguenze dal cambiamento climatico sono, nell’ordine, quello minerario (di gran lunga più degli altri), i trasporti, l’agricoltura, l’energia elettrica e il gas. Di fronte al pericolo che una serie di imprese potranno subire l’impatto del cambiamento climatico nei prossimi anni, infine, relativamente poca protezione deriverà, dalle assicurazioni. Al momento, infatti, solo il 35% delle perdite economiche legate al clima sarebbero attualmente coperte, nell’Ue, da una polizza assicurativa.