Covid-19: quando la paura pesa sul pil

Virginia Bizzarri
Virginia Bizzarri
11.9.2020
Tempo di lettura: 3'
Un nuovo studio dell'Osservatorio conti pubblici italiani indaga sul perché l'intensità della crisi economica sia "tanto diversa" tra i paesi avanzati. Dall'analisi emerge che, tra i fattori determinanti, c'è il cosiddetto "effetto paura"

L'effetto della pandemia sulle economie dei paesi avanzati è stato caratterizzato da una forte eterogeneità

Uno studio condotto dall'osservatorio Cpi della Cattolica identifica i tre fattori in grado di spiegare queste differenze. Tra questi, la paura dell'epidemia

“La presenza di un effetto paura relativamente forte sulla crescita del pil rende il trade-off tra misure anti-covid-19 e salvaguardia dell'economia più complesso." spiegano gli autori, evidenziando che "occorre trovare una giusta via di mezzo: convivere col virus con adeguata prudenza”

Il commento di Giampaolo Galli, vice direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica e co-autore dello studio

Nel primo semestre 2020 il pil della Germania è sceso dell'11,5% mentre quello della Spagna e del Regno Unito sono crollati si oltre il 22%. Sono solo alcuni dei numeri a dimostrazione dell'impatto fortemente eterogeneo che lo shock pandemico ha avuto sulle economie dei paesi avanzati (figura 1).
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Figura 1. Perdita cumulata del pil nel primo semestre 2020 (Fonte: elaborazione osservatorio Cpi su dati Ocse)
Ma cosa spiega le differenze nella profondità delle recessioni tra paesi sviluppati? Un nuovo studio dell'Osservatorio conti pubblici italiani della Cattolica a cura di Giampaolo Galli e Giulio Gottardo ha provato a rispondere a questa domanda, identificando i fattori alla base del fenomeno. In ultima analisi, gli autori indentificano tre le variabili chiave: la durezza delle politiche di contrasto alla diffusione del virus, la composizione settoriale delle economie stesse e il cosiddetto “effetto paura”, un elemento che ha aggravato in modo "rilevante" la caduta del pil.

Effetto dei lockdown e della composizione settoriale

La severità e la durata del lockdown in alcuni paesi (es. Spagna e Italia) rispetto ad altri (es. Svezia), è un primo fattore che ha pesato sulla performance economica dei paesi analizzati nello studio. La ricerca mette in risalto una “evidente correlazione" tra l'intensità del lockdown e la caduta del pil: “nei paesi in cui le persone sono rimaste a casa più a lungo e con più divieti la recessione è stata peggiore”.

Un secondo fattore in grado di spiegare le differenze tra le recessioni riguarda le caratteristiche strutturali delle economie colpite. In particolare, poichè l'impatto della pandemia è stato più accentuato per alcuni settori (come il turismo), i paesi in cui il pil è più legato a queste industrie sono stati maggiormente danneggiati. Lo studio precisa inoltre come gli effetti settoriali siano stati importanti, giustificando le misure da hoc che sono state prese in vari paesi a sostegno dei settori più colpiti.

Pil: la paura fa perdere punti

Il terzo fattore identificato dallo studio è la paura. Nella ricerca, gli autori evidenziano come il cosiddetto'“effetto paura” abbia incentivato le persone a rimanere a casa riducendo produzione e consumi, aggravando di conseguenza in modo “rilevante” la caduta del pil. Questo, si legge nello studio, perché, “la percezione della gravità della situazione circostante può avere un effetto sulle decisioni individuali simile alle limitazioni imposte dalle norme”. Sulla base di tali considerazioni, per stimare l'impatto dell'“effetto paura” sul pil, gli autori utilizzano il numero di morti per milione di abitanti come “proxy” dell'effettiva gravità della pandemia e quindi indicatore della possibile paura delle persone. Il risultato? La paura è in grado di spiegare più di 4 dei punti percentuali di pil persi da paesi come Spagna, Regno Unito, Italia e Francia (figura 2).
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Figura 2. Stima dell'effetto paura sul pil (Fonte: Osservatorio Cpi su dati Ocse OxCRGT e Oms)
“Un ragionamento analogo è stato fatto da alcuni economisti nel corso della riunione annuale delle banche centrali a Jackson Hole" spiega a We Wealth Giampaolo Galli, vice direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica e co-autore dello studio. In particolare, la considerazione che è stata fatta è che, "qualora non si riuscisse a  trovare un vaccino, il cosiddetto ‘effetto paura' potrebbe durare anche decenni, frenando così investimenti e consumi” evidenzia Galli , auspicandosi che vengano aumentati gli investimenti nella ricerca di un vaccino, attualmente “insufficienti rispetto alla gravità dell'evento” e alle possibili conseguenze sul pil.

“La presenza di un effetto paura relativamente forte sulla crescita del pil rende il trade-off tra misure anti-covid-19 e salvaguardia dell'economia più complesso. I lockdown hanno inevitabilmente contribuito alla recessione ma, salvando vite, hanno anche contribuito ad attenuare la paura delle persone. Occorre quindi trovare una giusta via di mezzo: convivere col virus con adeguata prudenza” concludono gli autori.

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