Quali saranno gli effetti reali sul sistema complessivo di questi mancati pagamenti che si vanno ad aggiungere all’ingente stock di crediti deteriorati già in pancia alle banche e ai professionisti del recupero?
Gli esperti ritengono che il mercato italiano potrà difficilmente affrontare, nelle condizioni attuali, la nuova ondata. In un mondo cambiato tanto velocemente e radicalmente servono strumenti nuovi ed è necessario un nuovo modello di industria del credito deteriorato, più su larga scala, con obiettivi di tempistica e valore differenti e, soprattutto più “etica” e socialmente responsabile.
Un po’ come al pronto soccorso, al triage, andranno individuati per primi quegli incagli o unlikely to pay – ossia i crediti che saranno difficilmente pagati ma che non sono ancora in sofferenza – che possono essere gestiti dalle banche stesse, senza cederli a recuperatori, per cercare di riportarli in bonis. Obiettivo non semplice, visto che quell’inadempimento deriva verosimilmente da una perdita di fatturato e di flussi di cassa che sono andati definitivamente perduti.
Le cessioni saranno poi complicate dal fatto che oggi sul mercato gli operatori sono più numerosi e la concorrenza di un player a capitale pubblico come Amco potrebbe fare la differenza. Inoltre, i margini vedranno una inevitabile contrazione e il recupero sarà più lungo e complicato. Nel contesto di incertezza attuale e di crescente paura di un nuovo lock down, non sarà semplice per i debitori assumere impegni di pagamento di nuove rate e il valore dei portafogli si ridurrà di conseguenza.
Il cambiamento di paradigma indispensabile in questo “nuovo mondo” che dovremo affrontare riguarda dunque gli obiettivi e le modalità del recupero.
Fino a ora, il business dei servicer si è concentrato sul massimizzare il recupero e contrarre più possibile i tempi. Ora serve sostenere in modo responsabile e adeguato l’economia delle famiglie, degli artigiani e dei piccoli imprenditori, che hanno maggiormente sofferto – e purtroppo soffriranno – i danni della pandemia.
Servono dunque nuove misure normative che disciplinino – nel mutato contesto – una procedura di esdebitazione responsabile, che consenta quella completa “riabilitazione economico-finanziaria” al soggetto che se ne avvale, già prevista dalla legge 3/2012 per le crisi di sovra indebitamento.
D’altro canto, saranno necessari per queste finalità interventi da parte di soggetti “qualificati” – che impieghino anche fondi pubblici e che dispongano di denaro “paziente”- da investire in tempi lunghi, compatibili e sostenibili, con un intento di responsabilità sociale differente nei confronti dei debitori che veramente ne hanno la necessità e la volontà, trasformando un credito incerto in un flusso di cassa certo, pur se nel lungo termine.
In sintesi, meno prebende a pioggia che dissipano risorse e non portano alcun beneficio, se non elettorale e immediato, ma maggiori investimenti pubblici seri e con una vera “finalità sociale” per far rialzare prospettive e fiducia.