A livello globale le previsioni sulla crescita economica del 2023 non sembrano cambiate molto: l’Ocse ha confermato un tasso positivo del 2,2% per l’anno prossimo. Dietro a questo numero generale, sono solo due i Paesi avanzati (Russia esclusa) che, secondo gli economisti dell’organizzazione parigina, dovrebbero chiudere il 2023 in recessione: la Germania, la cui previsione rispetto al settembre scorso è comunque migliorata da -0,7 a -0,3% e il Regno Unito, per il quale l’outlook è invece peggiorato da una crescita nulla a un -0,4%.
Chi scende…
Per quanto le previsioni per l’anno in corso siano migliorate (da +3,4 a +4,4%) il Regno Unito emerge nell’ultimo outlook come uno dei Paesi meno attraenti rispetto alle previsioni di qualche mese fa. La nazione guidata da Rishi Sunak è anche l’unica nel G7 ad aver registrato, a oggi, un calo nel Pil rispetto al quarto trimestre 2019, l’ultimo pre-covid, con un rosso dello 0,4%.
“La crescita del Pil britannico è rallentata e gli indicatori ad alta frequenza segnalano un ulteriore deterioramento delle prospettive”, si legge nel rapporto Ocse, “dopo una crescita dello 0,7% nel primo trimestre del 2022 e dello 0,2% nel secondo, il Pil reale è sceso dello 0,2% nel terzo trimestre, poiché la crescita dei prezzi ha superato quella dei salari, con un conseguente deterioramento dei redditi delle famiglie”.
… e chi sale
Fra i Paesi più in forma nel 2023 spiccano alcune economie asiatiche, nell’ordine: India (Pil atteso +5,7%), Arabia Saudita (il cui Pil è visto in salita del 5%), Indonesia (+4,7%) e Cina (+4,6%). A livello di area geografica, ha notato Joshua Crabb, head of Asia Pacific equities di Robeco, “il divario tra le valutazioni delle azioni dell’Asia-Pacifico e quelle degli Stati Uniti si è attestato su livelli estremi che non si vedevano dalla fine degli anni ’90, quando l’area attraversava una crisi debitoria”. Questo divario, ha affermato l’analista, non sarebbe giustificato dai fondamentali: “Riteniamo che ciò rappresenti un’opportunità per gli investitori che desiderano diversificare dall’Europa o dagli Stati Uniti, o impiegare un po’ di liquidità”.
Fra le opportunità meno esposte a livello di copertura mediatica spicca l’Indonesia, che già in questo 2022 dovrebbe crescere del 5,3% (medaglia di bronzo nell’area Ocse) sulla spinta delle esportazioni di materie prime diventate più costose in seguito alla crisi geopolitica con la Russia. “L’economia [dell’Indonesia] ha beneficiato di un aumento delle esportazioni, in particolare di prodotti di base, che ha contribuito a migliorare la posizione fiscale del governo”, ha dichiarato Camellia Huang, Investment Analyst at Aubrey Capital Management, “ci concentriamo sulle aziende che sono campioni nazionali nel loro settore e ne abbiamo individuate diverse che registreranno performance mentre i comportamenti dei consumatori cambiano a causa della maggiore prosperità” (qualche nome: Bank Rakyat, Telkom Indonesia, Sumber Alfaria, Kalbe Farma).
“Nel 2021 le miniere indonesiane rappresentavano oltre il 35% dell’offerta globale”, ha aggiunto Huang, “quest’anno, la produzione è aumentata del 41%, il che significa che, da inizio anno, l’Indonesia ha fornito il 47% del nichel mondiale”.
India e Indonesia, inoltre, si mantengono in testa alle nazioni a maggior tasso di crescita anche nelle previsioni relative al 2024.
Sempre nel continente asiatico ha migliorato le sue prospettive anche la Corea del Sud, per la quale adesso l’Ocse vede una crescita del 2,2% nel 2023, dal precedente 1,8%.
Le altre grandi economie
In Europa le prospettive, come raccontato in un altro articolo, stanno migliorando in seguito a un inizio posticipato della stagione fredda che ha ritardato l’aumento dei consumi di gas. Nel complesso, l’Eurozona crescerà dello 0,5% nel 2023 contro la precedente previsione dello 0,3%, secondo l’ultimo outlook dell’Ocse. Nonostante questa promozione generale, sono state limate al ribasso la crescita italiana (da 0,4 a 0,2%) e quella spagnola (da 1,5 a 1,3%).
Dall’altra parte dell’Atlantico è rimasto stabile l’outlook per gli Usa (+0,5%) mentre è stato rivisto al ribasso il Pil canadese (da +1,5% a 1%) e al rialzo quello brasiliano (da 0,8 a 1,2%).