L’M&A è in netta ripresa in Cina: mai così tante operazioni sono state finalizzate nei primi due mesi dell’anno. E indipendenza dall’estero e crescita economica pongono le basi per acquisizioni sempre più cinesi
Il valore delle fusioni e acquisizioni nazionali e in soli due mesi è arrivato a 77,5 miliardi di dollari, più del 30% del rispettivo dato del 2020
Le operazioni di M&A estere rivolte alla Cina sono aumentate del 14% nel 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo i 5,4 miliardi di dollari
La Cina, la prima ad entrare nel vortice della pandemia, è stata anche la prima ad uscirne. Non solo: è una delle poche ad esserne uscita con le ossa intatte. La resilienza del sistema cinese non solo si è apprezzata a livello di tenuta economica. Il mercato delle imprese è fervido anche da un altro punto di vista: le operazioni straordinarie stanno crescendo a un ritmo record, con il valore delle fusioni e acquisizioni nazionali che in soli due mesi è arrivato già ai 77,5 miliardi di dollari, più del 30% del rispettivo dato del 2020. Secondo Refinitiv si tratta di uno degli inizi anni migliori sempre. Quali sono i fattori che hanno reso ciò possibile?
Un articolo del Financial Times ha fatto il punto. Secondo David Brown, responsabile degli affari di PwC per l’Asia Pacifico, intervistato dal quotidiano britannico, c’è stata un “tempesta perfetta di fattori”. Il driver principale è stato la politica voluta da Xi Jiping sempre più incentrata sull’indipendenza dall’estero, in particolare sul fronte della tecnologia e dei capitali. Tale strategia è stata favorita da uno scenario geopolitico favorevole. Le relazioni tese tra Washington e Pechino e le restrizioni ai viaggi causa coronavirus hanno acuito l’enfasi sull’attività a casa. Un numero di accordi cinesi in uscita a livelli così bassi infatti non si vedeva da dieci anni a questa parte. La ripresa economica in atto poi ha avuto il merito di ridare fiducia all’interno sistema, con i mercati che hanno seguito a ruota l’andamento economico del paese. Nonostante infatti le negoziazioni fossero crollate nel febbraio dello scorso anno, a seguito dei primi blocchi, secondo PwC, l’attività si è più che ripresa salendo del 30% per l’intero anno a 734 miliardi di dollari, fornendo un ulteriore terreno fertile per gli investimenti. Infine, per Alicia García-Herrero, capo economista per l’Asia del Pacifico presso la banca di investimenti Natixis, le aspettative giocano un ruolo chiave. “L’aspettativa che i salari cinesi e il reddito familiare aumenteranno a un ritmo decente, almeno tornando ai livelli del 2019, sta guidando la crescita degli affari in Cina. Ciò ha reindirizzato un sacco di capitale che in precedenza sarebbe andato fuori dal paese verso acquisizioni nazionali”.
Alla luce del boom dell’e-commerce durante la pandemia, gli accordi principali sono stati nell’ambito di tecnologia e logistica. Le recenti transazioni hanno coinvolto Xinjiang Tianshan, una società di cemento, che ha acquistato quattro concorrenti regionali per un totale di 15 miliardi di dollari; l’acquisizione da 2,3 miliardi di dollari di Kerry Logistics da parte del gruppo di corrieri cinesi SF Holding; e l’acquisizione della società cinese di logistica CJ Rokin da parte della società di private equity con sede a Hong Kong FountainVest Partners. Infine, secondo Refinitiv, le operazioni di M&A estere rivolte alla Cina sono aumentate del 14% nel 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo i 5,4 miliardi di dollari. Il gruppo statunitense di private equity Blackstone a novembre ha annunciato di aver accettato di acquistare una quota di maggioranza in un parco logistico nel sud della Cina per 1,1 miliardi di dollari.
Il valore delle fusioni e acquisizioni nazionali e in soli due mesi è arrivato a 77,5 miliardi di dollari, più del 30% del rispettivo dato del 2020Le operazioni di M&A estere rivolte alla Cina sono aumentate del 14% nel 2021 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo i 5,4 mili…
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