L’indice di Borsa di San Paolo, il Bovespa, ha reagito in modo ondivago nella mattina di lunedì 31 ottobre, oscillando sopra e sotto la parità
La vittoria di Lula, tuttavia, ha avuto un deciso impatto negativo sul real, che ha perso oltre l’1% sul dollaro nelle prime ore del 31 ottobre
Al termine di un testa a testa elettorale scaduto fra insulti reciproci, Luiz Inazio Lula da Silva ha sconfitto il presidente Jair Bolsonaro, con un margine minimo di appena 1,8 punti percentuali. Il candidato della sinistra brasiliana torna per la terza volta a capo del più importante Paese sudamericano in ottica di mercato, promettendo migliori condizioni per le classi svantaggiate, maggior rispetto per l’ambiente e per le risorse forestali del Paese.
Una maggioranza parlamentare a maggioranza liberale, però, dovrebbe garantire un’agenda più moderata rispetto a quella delle precedenti presidenze Lula, fra il 2003 e il 2010, spostando al centro il baricentro politico dei prossimi anni.
L’indice di Borsa di San Paolo, il Bovespa, ha reagito in modo ondivago nella mattina di lunedì 31 ottobre, oscillando sopra e sotto la parità. Dopo il voto del primo turno, che aveva mostrato un’inaspettata rimonta di Bolsonaro e l’affermazione dei suoi alleati per le elezioni dei due rami del parlamento, fino al ballottaggio del 30 ottobre il Bovespa aveva guadagnato il 4,09%.
Il mercato azionario brasiliano, complici le esportazioni di materie prime e derrate agricole diventate ancor più preziose nel nuovo contesto geopolitico internazionale è stato fra i pochi ad aver attraversato un 2022 positivo: da inizio anno al 31 ottobre la performance è stata del +10,66%, mentre nello stesso periodo l’S&P 500 ha ceduto il 19,15% e l’Euro Stoxx 600 il 15,70%.
Anche la moneta nazionale, il real, è stata fra le più forti reggendo meglio il confronto con il super dollaro. La vittoria di Lula, tuttavia, ha avuto un deciso impatto negativo sul real, che ha perso oltre l’1% sul dollaro nelle prime ore del 31 ottobre, a un minimo di 5,2090. Il nuovo presidente entrerà in carica il prossimo gennaio.
La vittoria di Lula, l’analisi di mercato
“Con la vittoria di Lula, ci sono maggiori possibilità di vedere interferenze politiche nell’economia”, ha dichiarato a We Wealth l’analista di eToro, Javier Molina, “tuttavia, non crediamo che si verificherà un cambiamento effettivo nell’andamento della situazione economica, con il ciclo di inasprimento della politica monetaria che potrebbe essere ormai prossimo alla fine”.
Dal punto di vista monetario la fine della stretta “potrebbe contribuire a rilanciare il mercato azionario e in questo modo a lasciare immutato l’appetito degli investitori”, ha proseguito Molina, “le valutazioni appaiono infatti interessanti e la potenza delle esportazioni di materie prime del Paese dovrebbe mantenere il suo attuale slancio”.
Per quanto riguarda il nuovo corso politico, il programma nettamente più ecologista di Lula dovrebbe beneficiare “l’energia verde e, in generale, tutti i settori in cui l’Esg è un must”. Impulsi positivi poi, potrebbero esserci anche per “i settori delle materie prime, dei beni di consumo discrezionali, i titoli dell’istruzione”.
Come suggerisce l’immediata reazione alla sua vittoria, il real potrebbe avere di fronte a sé un periodo di minor forza: “Ci aspettiamo che il real brasiliano riduca il potenziale di apprezzamento, a causa di alcune perplessità in merito alle riforme fiscali e dalla fine della politica monetaria”, ha concluso Molina.
Lula i prossimi test per i mercati
Nonostante le controversie della presidenza Bolsonaro anche un Lula che minacci un uso eccessivamente allegro delle risorse pubbliche potrebbe avere effetti ancor più negativi sui mercati. Un ministro delle Finanze rassicurante e una chiara indicazione delle coperture per il finanziamento delle politiche green e sociali che Lula intende perseguire saranno i primi esami che gli investitori sottoporranno, per così dire, al nuovo presidente brasiliano.
Fra gli aspetti potenzialmente più problematici del programma economico di Lula c’è l’eliminazione del tetto alla spesa pubblica introdotto in costituzione nel 2016, che dovrebbe consentire maggiori investimenti in infrastrutture e politiche sociali. A questo punto, sarà legittimo aspettarsi maggiori dettagli prima dell’entrata in carica del nuovo presidente a inizio 2023.
Quando Lula lasciò il suo incarico nel 2010 il debito pubblico era al 51%, mentre a fine 2021 era salito al 80%. Se si esclude il 2020 il deficit sul Pil brasiliano è andato verso una costante riduzione dal 2015 in poi, passando dal 10,2% al 4,5% sul Pil.