Per proteggere il potere d’acquisto dei propri risparmi, le opzioni sono molteplici. Una di queste viaggia spesso sottotraccia, nonostante sembri piuttosto ovvia: mettere in portafoglio obbligazioni il cui rendimento sia indicizzato all’inflazione
I titoli indicizzati all’inflazione restano una valida alternativa anche per chi li dovesse inserire in portafoglio oggi? Abbiamo approfondito questo tema con Francesco Salvato, Cfa e managing partner del family office romano Monium Scf
Questi numeri perderanno di attualità abbastanza in fretta, ma l’aspettativa che l’inflazione resterà elevata per diverso tempo sembra una considerazione importante anche nella pianificazione finanziaria di ampio respiro. A partire dalla seconda metà del 2021 l’inflazione è stata frequentemente sottostimata dalle previsioni delle maggiori banche centrali. Nel giugno 2021, il 72% dei gestori globali sondati da Bank of America riteneva che il rialzo dell’inflazione osservato allora sarebbe stato transitorio.
L’opzione dei bond indicizzati all’inflazione
L’invasione russa dell’Ucraina e il tentativo di isolare economicamente Mosca avranno conseguenze che dureranno molto di più delle sole ostilità militari. Per proteggere il potere d’acquisto dei propri risparmi, le opzioni sono molteplici. Una di queste viaggia spesso sottotraccia, nonostante sembri piuttosto ovvia: mettere in portafoglio obbligazioni il cui rendimento sia indicizzato all’inflazione.
E’ una soluzione che diversi stati europei (volendo evitare valute diverse dall’euro e il rischio di cambio) offrono agli investitori. Il Tesoro italiano offre, ad esempio, il Btp Italia, indicizzato all’inflazione nazionale e il Btp€i, indicizzato a quella europea.
Sul mercato secondario i titoli indicizzati, in seguito all’aumento delle aspettative sull’inflazione, hanno avuto performance migliori delle controparti il cui rendimento non è collegato all’inflazione. Chi nei mesi scorsi aveva messo in portafoglio titoli di stato indicizzati, infatti, ha sicuramente ottenuto un risultato immediato: il Btp-i a scadenza maggio 2023 ha osservato un brusco rialzo di prezzo in seguito all’invasione russa, così come l’equivalente Bund tedesco, passando da area 103 a oltre i 107 (l’apprezzamento da inizio anno al 1 aprile è stato del +3,24% per il titolo italiano).
I titoli indicizzati all’inflazione restano una valida alternativa anche per chi li dovesse inserire in portafoglio oggi? Abbiamo approfondito questo tema con Francesco Salvato, Cfa e managing partner del family office romano Monium Scf.
Le aspettative sull’inflazione sono state ripetutamente riviste al rialzo negli ultimi mesi e, ancor di più, dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La protezione del portafoglio dalla perdita del potere d’acquisto vede nei titoli indicizzati, come ad esempio il Btp€i, una valida opzione?
Sicuramente i Btp€i sono una valida alternativa per proteggere i portafogli dalla perdita del potere d’acquisto. Due sono le considerazioni da fare in merito. La prima riguarda il corretto bilanciamento rispetto alle altre componenti del portafoglio al fine di evitare un’eccessiva concentrazione sullo strumento. La seconda riguarda la gestione dei rischi legati all’aumento dei tassi d’interesse. È infatti importante proteggere i portafogli dall’inflazione ma allo stesso tempo è essenziale garantire protezione dall’aumento dei tassi d’interesse, soprattutto in un contesto in cui le banche centrali occidentali si avviano verso politiche monetarie restrittive. Ciò può essere fatto contenendo la duration di portafoglio, anche tramite strumenti che investono sulle attese inflazionistiche coprendo il rischio tasso.
Nei portafogli che costruite per i vostri clienti questa tipologia di bond aveva/ha un ruolo? E com’è cambiato negli ultimi mesi?
La logica di costruzione dei nostri portafogli prevede una protezione dall’inflazione sia tramite bond indicizzati ma anche tramite commodity e alcuni settori del mercato azionario. E’ fondamentale avere portafogli sempre equilibrati in grado di affrontare qualsiasi situazione di mercato, garantendo resilienza e contenimento dei drawdown. Per realizzare ciò è necessario monitorare l’andamento delle correlazioni tra asset class, avere portafogli ben diversificati e un protocollo d’investimento robusto. L’esposizione all’inflazione risulta quindi strategica in quanto offre protezione e stabilità rispetto ad altre componenti dei nostri portafogli maggiormente penalizzati da un contesto di inflazione crescente. A livello tattico tale esposizione è stata aumentata negli scorsi mesi date le problematiche di approvvigionamento e le politiche fiscali accomodanti dei principali paesi occidentali.
Quali sono le alternative per la protezione del portafoglio dall’inflazione e quali sono i pro e i contro dei bond indicizzati nel ventaglio delle alternative disponibili?
L’esposizione all’inflazione è una caratteristica imprescindibile nei nostri portafogli e sicuramente i bond indicizzati sono un valido strumento che va tuttavia integrato tramite un’esposizione trasversale tra le varie asset class. Ad esempio, sul mercato azionario è possibile incrementare i pesi dei settori che maggiormente beneficano di un contesto di pressione inflazionistica. Allo stesso modo, un’attenta attività di stock picking consente di selezionare quelle aziende che hanno maggiori possibilità di trasferire al cliente l’aumento dei costi, a prescindere dal settore di appartenenza. Inoltre, l’investimento in commodites agricole, metalli industriali e oil permettono sia una protezione dall’inflazione che una complessiva diversificazione di portafoglio. Ovviamente i bond indicizzati sono caratterizzati da una volatilità mediamente inferiore rispetto alle alternative, ma offrono anche rendimenti attesi minori ed espongono il portafoglio ad un maggiore rischio tasso date le duration mediamente lunghe che presentano.
Quali sono, nel concreto, i bond indicizzati più interessanti a vostro avviso? Per chi è residente in Italia può avere senso esporsi a titoli indicizzati all’inflazione di altri Paesi europei?
Sicuramente, dati gli spread attuali, le emissioni italiane possono offrire rendimenti relativamente più interessanti rispetto a quelle di altri paesi europei come Francia e Germania. Una diversificazione geografica è comunque sempre auspicabile non solo verso altri paesi europei ma anche verso gli Stati Uniti, economia in cui un mercato del lavoro caratterizzato da crescenti pressioni salariali combinate con colli di bottiglia nei processi produttivi (aggravati dalla situazione in Ucraina) stanno contribuendo ad un incremento dell’inflazione. Ovviamente, nel caso d’investimento verso gli Stati Uniti per un investitore residente in Italia è necessario gestire con oculatezza il rischio valutario che ne deriva.