“Se le prospettive di inflazione a medio termine persistono o si deteriorano, sarà opportuno un aumento più consistente nella riunione di settembre”, rispetto al rialzo da 25 punti base già messo in conto dal board della Bce.
Anche se con passo ancora diverso, le banche centrali stanno accelerando il passo delle proprie azioni su entrambe le sponde dell’Atlantico. La Federal Reserve, per bocca del suo presidente Jerome Powell ha evocato esplicitamente la possibilità di un secondo rialzo da 75 punti base consecutivo – intervento di per sé già raro, che non si vedeva dal 1994.
Da parte sua, la Banca centrale europea ha deciso di far sapere in anticipo la sua prossima decisione: “Il Consiglio direttivo intende aumentare i tassi di interesse di riferimento della Bce di 25 punti base nella riunione di politica monetaria di luglio”, si legge a chiare lettere nel bollettino economico pubblicato il 23 giugno che conferma quanto già anticipato dalla presidente Christine Lagarde.
“In prospettiva, il Consiglio direttivo prevede di aumentare nuovamente i tassi di interesse di riferimento della Bce a settembre”, ha proseguito il bollettino, “la calibrazione di questo aumento dei tassi dipenderà dall’aggiornamento delle prospettive di inflazione a medio termine”. A settembre l’intervento potrebbe essere da 50 punti base, sulla base delle anticipazioni offerte dal board: “Se le prospettive di inflazione a medio termine persistono o si deteriorano, sarà opportuno un aumento più consistente nella riunione di settembre”.
Le probabilità che l’inflazione si raffreddi nel corso dell’estate non sembrano molte: nel frattempo, infatti, la Russia sta tagliando le sue forniture di gas verso gran parte dei Paesi europei, contribuendo ad accrescere i costi energetici.
La combinazione dei prezzi in salita ai danni di imprese e famiglie, uniti a misure monetarie restrittive più drastiche del previsto, sta rafforzando le aspettative degli economisti sull’arrivo di una recessione negli Usa e in Europa entro il prossimo anno, o forse anche prima. Goldman Sachs, ad esempio, ha innalzato dal 15 al 30% le probabilità che gli Stati Uniti finiscano in recessione già in questo 2020, mentre la percentuale sale al 48% se si allarga l’osservazioen ai prossimi 24 mesi.
Secondo il capo economista di Moody’s Analytics, Mark Zandi, le chance che si verifichi una recessione in America sono “scomodamente elevate”, intorno al 40% nei prossimi 12 mesi di circa il 50% nei prossimi 24. Per l’Europa, ha dichiarato Zandi al Financial Times, i rischi sono ancor più grandi: “Per evitare la recessione, l’economia globale ha bisogno di un po’ di fortuna e che le ricadute economiche della pandemia di coronavirus e dell’aggressione russa si esauriscano rapidamente, insieme a una politica abile da parte della Fed e delle altre banche centrali”.
Azionario europeo, come ribilanciare in vista della recessione
Gli analisti di Bank of America si aspettano di osservare la recessione Usa nel secondo trimestre del prossimo anno. Per quanto riguarda l’Europa, invece, “il nostro scenario di recessione implica un ulteriore ribasso del 10% per lo Stoxx 600, a 365 punti entro il secondo trimestre del prossimo anno, dopo un calo del 20% dal picco di inizio gennaio”. A sottoperformare, secondo BofA, sarebbe il comparto bancario ed energetico europeo (-25% di ulteriore sottoperformance), seguito da quello automobilistico (-20%).
“Il nostro scenario di recessione implica anche una significativa sovraperformance per tutti i principali settori difensivi”, in particolare fra le utility, società pharma (+15%) e, ancor di più per i comparti cibi & bevande e beni di consumo (+20%).