Il 23 aprile 2022, circa due mesi più tardi dell’esplosione del conflitto in Ucraina, alcune agenzie di stampa italiane riportavano la news secondo la quale il consenso di Putin da parte del popolo russo era cresciuto in concomitanza con l’entrata in guerra della Russia.
AdKronos, ad esempio, riportava: “Dopo due mesi di guerra in Ucraina, il tasso di fiducia nel presidente russo Vladimir Putin è all‘80,7%, un tasso simile a quello che aveva quando nel 2014 ci fu l’annessione della Crimea. È quanto emerge da un sondaggio condotto dal Centro di indagine dell’opinione pubblica russo (Levada), che sottolinea come il 20 febbraio scorso, quattro giorni prima dell’invasione, il gradimento di Putin fosse fermo al 67,2%. Per il sondaggio sono state interpellate 600 persone in 80 regioni russe dall’11 al 17 aprile scorsi”.
Attenzione alle informazioni
I dati sono dati, non si discutono. Ma la questione è: abbiamo davvero sotto mano tutti i dati? Perché basta ometterne qualcuno per dare una informazione incompleta e un’informazione incompleta fa presto a comunicarci una realtà falsata.
Prendiamo lo spunto da questo caso di cronaca quotidiana per esplorare il sottile equilibrio della comunicazione contemporanea. Siamo bombardati da informazioni, internet fa correre ogni news sempre più velocemente e la connessione in rete ci fa sentire più vicini anche alle parti più remote del globo. Eppure, tutta questa velocità comporta dei rischi: si perdono i dettagli.
A volte tutto viene fatto in buona fede. Un giornalista europeo intercetta una news su un media asiatico autorevole, e la ritiene vera. Ma non si accorge che la notizia è parziale, o va letta alla luce di altri dati. Come in un telefono senza fili, l’informazione passa di bocca in bocca, di articolo in articolo, di sito in sito, e ogni volta rischia di impoverirsi di quei dettagli che ci aiutano a preservarne la veridicità.
Il sondaggio russo
Proprio come è successo nel caso del sondaggio russo. Cos’è stato chiesto esattamente ai russi intervistati? E cos’hanno risposto esattamente?
Sulla base di un esperimento dei ricercatori di Radio Free Europe, probabilmente quell’80,7% di consenso va interpretato con i guanti. Infatti i ricercatori hanno scoperto una certa riluttanza del popolo russo a parlare con franchezza e onestà ai sondaggisti. Samuel Greene, professore esperto di politica russa del King’s College di Londra, ha criticato il sondaggio, affermando che i russi stavano in parte nascondendo le loro opinioni e che Levada avrebbe dovuto pubblicare il “tasso di risposta”, per rendere nota quale percentuale di intervistati avesse rifiutato di partecipare.
Infatti molti russi sono intimoriti dalla situazione politica del loro paese ed è facile che preferiscano glissare alla domanda. Se su 10 russi solo 3 rispondono, allora è chiaro che se anche quei tre fossero favorevoli all’operato politico di Putin, costituirebbero solo il 30% e non il 100% della popolazione intervistata.
E ancora: la domanda dei sondaggisti riguardava l’operato politico del governo di Putin, Putin stesso o l’entrata in guerra? Può essere che molti russi siano favorevoli ad alcuni provvedimenti presi da Mosca, ad esempio in ambito economico, ma siano contrari al conflitto. E anche questo non viene specificato nella news riportata sui media. Si parla solo di “tasso di fiducia”. Ma in che cosa?
Infatti i ricercatori Philipp Chapkovski e Max Schaub hanno evidenziato che quando i russi sono intervistati nello specifico sulla guerra in Ucraina, la tendenza è quella di rispondere secondo la linea del Cremlino, dicendo che le immagini delle atrocità sono false e negando di fatto la responsabilità russa. Tuttavia, le stesse persone hanno espresso il loro dissenso verso gli omicidi e gli orrori della guerra in generale. È quanto emerso da un loro esperimento.
Nel loro esperimento, i ricercatori hanno utilizzato uno strumento sociologico online chiamato Toloka per reclutare 3mila adulti e hanno elaborato un elenco di domande per chiedere agli intervistati se sostenessero una o più delle seguenti quattro “politiche”: matrimonio tra persone dello stesso sesso, restrizioni all’aborto, guerra in Ucraina e pagamenti assistenziali in contanti per i russi poveri. Agli intervistati non veniva chiesto di dire quali politiche supportavano, ma solo quanti dei quattro elementi supportavano.
A metà degli intervistati è stato fornito un elenco di tre elementi, con la questione della guerra in Ucraina omessa; all’altra metà è stato fornito un elenco di quattro voci che includeva la questione della guerra in Ucraina.
I ricercatori hanno anche poi posto agli intervistati una domanda chiusa: “Appoggiate la guerra?” I risultati sono sorprendenti. Quando ai russi è stata posta direttamente la domanda “Sostieni la guerra?”, il 68% ha detto di sì. Quando si è utilizzato l’esperimento dell’elenco, il sostegno alla guerra è sceso al 53%.
Il 15% di differenza significa perdere la vera opinione di una persona su sei. Non è poco. Ma soprattutto, significa modificare il risultato dell’intero sondaggio e, conseguentemente, fare arrivare anche a noi lettori del sondaggio un’opinione distorta di quella realtà. E poiché le nostre scelte sono dettate dalle informazioni che riceviamo, beh, il calderone mediatico è da prendere con le pinze.
Come fare a non cadere nella rete della Rete?
Come i cercatori d’oro, che setacciano a lungo e a fondo la sabbia fino a trovare anche le pepite più piccole, dobbiamo stare attenti a leggere bene le informazioni che riceviamo, a capire chi le veicola, in quale contesto, a cosa si riferiva esattamente, e quali parole ha utilizzato. E poi confrontare più fonti su uno stesso tema. Sentire chi la pensa bianco e chi la pensa nero, con mente aperta all’ascolto, per poi farci un’opinione nostra.
I dettagli sono importanti. E si potrebbe spiegare anche con una piccola barzelletta. Un giorno un professore scrisse alla lavagna:
“La donna senza un uomo è nessuno”. Poi chiese ai suoi allievi di aggiungere la punteggiatura.
I ragazzi scrissero: “La donna, senza un uomo, è nessuno”.
Le ragazze scrissero: “La donna: senza, un uomo è nessuno”.
Per la serie: anche una virgola può fare la differenza.