2019, un anno di incognite: parola alle manager

Secondo Orlandini, “non è da trascurare la complessità con cui il mercato e il particolare ciclo economico in cui ci troviamo si bilanciano con il rischio politico, vista la fragilità complessiva”
Per D'Onofrio “l'inflazione è ancora inchiodata all'1% e il 7 marzo la Bce ha annunciato una revisione al ribasso, dicendo sostanzialmente di aver fallito dal punto di vista dell'inflazione”
“Dobbiamo cercare di capire in che Paesi possiamo aspettarci la recessione. La Germania, per esempio, sta flirtando con la recessione”, spiega Bussoli
Considerare i rischi geopolitici nell'asset allocation
Per Grazia Orlandini considerare i rischi geopolitici nella valutazione di un asset “è ormai parte integrante dei nostri processi di investimento” ed è un fattore che incide “almeno al 50%” nelle stime. Secondo la manager, “non è da trascurare la complessità con cui il mercato e il particolare ciclo economico in cui ci troviamo si bilancia con rischio politico, vista la fragilità complessiva dell'economia. Dobbiamo ricordarci che però i fondamentali hanno sempre il loro valore e non possono essere trascurati. Considerare lo scenario politico serve a gestire i rischi di coda, ma contemporaneamente sappiamo che i fondamentali a medio termine ritornano. Dobbiamo stare attenti a non farci spaventare troppo dallo scenario politico se dietro c'è un'economia reale solida”.
Patrizia Bussoli ricorda che “l'attenzione alle tematiche geopolitiche, dal 2011, è diventata inevitabilmente crescente ed è uno dei fattori che occorre inserire e valutare a livello di analisi. La novità è che il rischio politico è quello che oggi caratterizza di più i paesi sviluppati rispetto agli emergenti, per cui il gestore che lavora sui primi ha bisogno di confrontarsi con i colleghi che trattano gli emergenti per capire come questi si sono comportati nella gestione delle crisi. Magari qualcuno storcerà un po' il naso, ma significa guardare ai paesi sviluppati con gli occhi dei paesi emergenti”.
In Italia esiste un rischio politico?
“Nel senso che l'Italia possa ‘contagiare' gli altri paesi? Non lo penso. Io non sono così pessimista sull'Italia come molti - clienti e non - con cui ho avuto modo di confrontarmi. L'aspetto positivo della situazione attuale è che c'è voglia di cambiamento. Nel Paese si stanno portando alla luce dei temi reali: chiedersi ad esempio se l'Europa che abbiamo costituito in questi vent'anni si trovi sua miglior forma possibile è del tutto lecito. La Bce ormai è da febbraio 2015 che ha implementato una politica monetaria estremamente espansiva. Nonostante questo, dopo 4 anni l'inflazione è ancora inchiodata all'1% e il 7 marzo la Bce ha annunciato una revisione al ribasso, dicendo sostanzialmente di aver fallito dal punto di vista dell'inflazione. Inoltre il tasso di crescita medio dell'Eurozona - fatta eccezione per il 2017- è stata dell'1,5-1,7%. Questo dimostra che con questa politica monetaria e il ‘dogma' di una politica fiscale per forza non espansiva a mio avviso non si va molto avanti”, commenta D'Onofrio.
“La crescita in Europa non è omogenea - prosegue D'Onofrio - e Bruxelles non può favorire solo la Germania penalizzando gli altri Paesi. Non bisogna stupirsi se in Gran Bretagna si verifica la Brexit, se in Francia hai il movimento dei gilet gialli e l'Italia è il primo Paese a guida populista. Il motivo per cui io sono ottimista per il futuro dell'Italia e dell'Europa, è che quando qualcosa non funziona più bisogna cambiarla. Il periodo di passaggio non è mai piacevole, si ha paura, ma sono sicura che sia nell'interesse di tutti i paesi europei che l'Europa trovi la forza di andare oltre questo dogma della politica fiscale del tutto restrittiva”, sottolinea D'Onofrio.
Cosa dobbiamo aspettarci sui mercati azionari, dopo che il 2019 è iniziato molto bene?
Il 2019 “è iniziato molto bene dopo un 2018 davvero difficile”, ricorda Orlandini, spiegando che “il contesto economico non era favorevole: le guerre commerciali e la paura di una possibile escalation delle tensioni hanno avuto dei riflessi sul mercato. È evidente che da una parte stiamo assistendo a una minore tensione sul fronte della trade war e ne beneficeranno sicuramente i mercati, soprattutto quelli di Stati Uniti e Cina ma anche gli altri. D'altra parte è evidente che c'è un rallentamento economico da gestire. Ma i mercati non possono continuare con questo tasso di crescita. Siamo in una situazione sottile, se si risolve a breve – e mi sembra nell'interesse soprattutto di Trump che sia lo scenario più verosimile – dovremo avere una stabilizzazione dei mercati, anche se la volatilità dovrebbe restare perché siamo in una fase finale del ciclo. Certo non aspettiamoci questi ritmi di crescita”, commenta ancora la manager.
“Nella fase ribassista del mercato è stato prezzato un rischio di recessione globale, un eccesso di pessimismo che derivava da un'implosione del sistema - soprattutto trade - a cui eravamo abituati. Questo rischio così pronunciato è venuto meno e quindi di fatto si è riprezzato quell'eccesso di pessimismo. Essendo nel repricing occorre fare un passo indietro nei fondamentali. Siamo tornati su dei livelli piuttosto elevati rispetto a dei fondamentali sia macro che micro che stanno rallentando. La correzione offre delle opportunità per differenziare le valutazioni sulle varie aree geografiche. Dobbiamo cercare di capire a che punto siamo e in che Paesi possiamo aspettarci la recessione. La Germania, per esempio, sta flirtando con la recessione”, aggiunge Patrizia Bussoli.
Brexit, possibili scenari
“A mio avviso all'ultimo minuto, proprio allo scoccare della mezzanotte, il Regno Unito otterrà almeno una proroga. Però sono possibili tutti gli scenari. C'è una buona parte dei cittadini inglesi che non sono d'accordo con questa decisione, quindi non escludo nemmeno lo scenario di un nuovo referendum. È ovvio che dal punto di vista dei mercati se si dovesse arrivare ad una hard Brexit l'impatto sarebbe sicuramente molto negativo. Tra le altre cose non escludo che l'annuncio del 7 marzo della Banca centrale europea di anticipare il Tltro possa rappresentare una mossa fatta in anticipo per predisporsi ad un evento non positivo come quello della Brexit. Se dovesse effettivamente verificarsi, comunque, non sarebbe la fine. Penso che la Germania e la Francia prenderebbero in considerazione l'utilizzo della leva fiscale”, conclude Manuela D'Onofrio.
