Paolo Gaeta, commercialista esperto in trust e pianificazione patrimoniale, spiega ta We Wealth la riforma del catasto
Sono poche le cose che in Italia mantengono sempre molto alta l’attenzione dei cittadini. Tra queste, senza dubbio, vi è la riforma del fisco.
E, in effetti, per l’anno in corso, sono numerosi gli interventi che sul fronte fiscale hanno impegnato e impegneranno il legislatore. Molti contribuenti, alla luce delle novità degli ultimi giorni, per esempio, hanno tirato un sospiro di sollievo nel comprendere che la riforma del catasto, prevista per il 2026, non andrà a incidere in maniera particolarmente impegnativa sulle loro tasche, a differenza di quanto, almeno in linea teorica, si era prospettato all’inizio dell’anno. In effetti, si è raggiunto un accordo circa l’eliminazione di ogni riferimento (nel testo della riforma del catasto) al sistema duale, relativamente all’Imu e sui regimi cedolari esistenti, i quali non verranno intaccati. Inoltre, l’aggiornamento della normativa sulle rendite non prevedrà alcuna innovazione di carattere patrimoniale. Ma non è tutto. Ci sono numerosi aspetti che involgono l’ambito tributario e che sono in procinto di essere modificati.
Per fare il punto, We Wealth ha intervistato Paolo Gaeta, commercialista di stanza a Napoli e Milano, esperto, tra le altre cose, in Trust e pianificazione patrimoniale.
Il sistema del catasto sembra cambiare volto. Cosa cambierà davvero? Cosa si devono aspettare i contribuenti?
La riforma del catasto sembra che questa volta davvero si faccia. Non credo che sia più tollerabile che lo Stato non abbia conoscenza della titolarità e la composizione degli immobili e dei terreni sul proprio territorio. Si dice che siano oltre un milione gli immobili non censiti e chissà quante sono le rendite catastali da aggiornare. Riuscire a mappare in modo adeguato il territorio è importante perché offre la possibilità di utilizzare dei criteri di misurazione della base imponibile oggettivi e più equi. Ma non bisogna fare confusione sull’aggiornamento dei dati e le imposte che si vorranno applicare su questi nuovi dati, se si continua, come oggi, a ragionare su dati incompleti e vecchi si persevera nella direzione di crescenti diseguaglianze.
Veniamo all’Irpef e all’Irap. Quali sono le principali novità?
La riforma dell’Irpef opera su una platea di contribuente ampia. Vantaggio maggiore ne dovrebbero avere i nuclei familiari con figli ed i contribuenti con redditi medio bassi e medio alti. Una riforma che costa allo Stato 13 miliardi, di cui 6 per l’assegno unico universale che è stato già introdotto. Auguriamoci che questi risparmi di imposte non siano erose dalle addizionali locali oggi molto differenziate. Altro tema interessante è l’Irap che dovrebbe non essere più applicata alle persone fisiche con attività commerciali, arti o professioni e, anche in questo caso, auguriamoci, a differenza di quanto si legge oggi, che ciò valga per gli studi professionali associati.
Fisco e tecnologia: è sul crinale di questo binomio che il legislatore intende rafforzare le politiche di contrasto all’evasione fiscale. Di che si tratta?
I sistemi d’intelligenza artificiale sono ormai presenti nelle nostre vite ovunque, a partire dallo smartphone. Le applicazioni intelligenti nei prossimi anni saranno disruptive in tanti settori come le banche, la sanità, la cybersecurity, ma anche nel mondo del management e della finanza di azienda. In questo scenario l’idea del Mef è di scovare gli evasori con software che abbiano accesso a tanti dati e che imparino a riconoscere un evasore dal suo comportamento complesso. Ci si arriverà. E questi strumenti potranno essere utili per chi deve predisporre un accertamento. Tuttavia, ci vorranno anni e bisognerà compiere lo sforzo di impiantare questi sistemi in una struttura che sia più efficiente di quella attuale affinché possano essere realmente efficaci.