La scelta di destinare il Tfr alla previdenza complementare incide sul rendimento finanziario potenzialmente ricavabile dalla somma accantonata
Versare il proprio Tfr in un fondo pensione consente, a certe condizioni, di godere di maggiori benefici e vantaggi, tanto dal punto di vista fiscale quanto dal punto di vista dei rendimenti
L’anticipazione verrà accordata se la richiesta risulterà subordinata alla necessità di sostenere spese sanitarie o acquistare la prima abitazione.
Più nel dettaglio, il dipendente ha sei mesi di tempo, a partire dall’assunzione, per scegliere come destinare il Tfr, fermo restando che avrà sempre la possibilità – in qualsiasi momento – per tornare sui suoi passi e decidere di cambiare opzione.
Se il lavoratore opterà per destinare il Tfr a un fondo pensione, otterrà la somma destinata al momento del pensionamento sotto forma di pensione integrativa; se il lavoratore sceglierà di lasciare il Tfr in azienda, riceverà la liquidazione della somma al termine del rapporto di lavoro.
Ebbene, proprio su questo ultimo aspetto, relativo alla possibilità di scegliere se lasciare il trattamento di fine rapporto in azienda o destinarlo ad un fondo pensione, occorre soffermare l’attenzione.
Infatti, la scelta operata dal datore di lavoro inciderà sul trattamento fiscale della somma accantonata e sul potenziale rendimento finanziario ricavabile dal Tfr.
A tutta prima, è bene specificare che la destinazione del Tfr ad un fondo pensione si differenzia a seconda che questa venga resa esplicitamente, o meno. Vi è adesione esplicita se si decide di destinare il Tfr alla previdenza complementare entro i primi sei mesi dall’assunzione. Vi è, invece, adesione tacita, se – nel caso di azienda con più di 50 dipendenti – il dipendente passati i sei mesi non esprime una preferenza.
La tassazione potrà variare: le prestazioni finali erogate dal fondo pensione saranno tassate con un’aliquota del 15% che, via via, si ridurrà dello 0,30% per ogni anno di adesione al fondo, fino ad arrivare, oltre il quindicesimo anno di partecipazione, alla soglia minima del 9%.
In quest’ultimo caso, pertanto, la scelta di destinare il Tfr a un fondo pensione porta almeno a un doppio beneficio: consistente, da un lato, nella percentuale di reddito aggiuntivo ottenibile al momento dell’erogazione della prestazione pensionistica; dall’altro, nella minore tassazione cui è soggetto il Tfr destinato alla previdenza complementare.
Quanto al rendimento, la somma destinata ad un fondo pensione si rivaluta in base ai risultati della gestione finanziaria in cui si è scelto di investire i propri versamenti; la somma lasciata in azienda è rivalutata a un tasso del 1,5% fisso + il 75% dell’inflazione annua.
Destinare il Tfr ad un fondo pensione, inoltre, permette di diversificare i rischi in caso di fallimento del datore di lavoro. Il dipendente che ha lasciato il Tfr in azienda al momento del fallimento diviene creditore privilegiato dell’azienda, ma per ottenere il dovuto dovrà aspettare la chiusura del procedimento fallimentare. Il dipendente che invece ha destinato il Tfr a un fondo pensione, avendo allontanato la somma dall’azienda poi fallita, potrà accedere subito al montante accumulato.
Un ultimo aspetto da tenere a mente concerne l’ipotesi di ottenere un anticipo delle somme accantonate. Nel caso di somma lasciata in azienda, il dipendente dovrà formulare apposita richiesta al datore di lavoro. Quando il Tfr maturando è destinato al fondo pensione, il lavoratore potrà ottenere fino al 30% di quanto accantonato senza dover produrre motivazione.