Gli emolumenti e i compensi del 2021, corrisposti entro il 12 gennaio 2022, rientrano nel reddito dell’anno precedente
I nuovi scaglioni di reddito previsti dalla riforma Irpef sono applicabili a decorrere dal periodo d’imposta 2022
Come a chiare lettere è riportato dal Mef (Ministero dell’economia e delle finanze), l’intervento inserito nella legge di bilancio non è stato pensato per avere un impatto specifico su individuate categorie di contribuenti. Al contrario, con il fine, da un lato, di incidere sulla componente tributaria del cuneo fiscale e, dall’altro, di sostenere la ripresa dell’economia in una fase di ripartenza, si è optato per un intervento idoneo a coinvolgere la generalità dei contribuenti.
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In buona sostanza, il governo, – con questo primo intervento, che di certo non è esaustivo – ha scelto di dare avvio ad un’iniziale opera di razionalizzazione del tributo, così da segnare i primi passi di un percorso che intende portare alla risoluzione di alcuni problemi strutturali dell’imposta. In questo senso, la riforma mantenendo un approccio generalista ha insistito soprattutto sulla riduzione dell’aliquota media effettiva per i contribuenti con reddito tra 28 e 50 mila euro e sulla modifica della dinamica delle aliquote marginali effettive.
In questi termini, il legislatore ha optato per intervenire in modifica dei principali parametri dell’imposta: aliquote Irpef, scaglioni e detrazioni per tipologia di reddito.
Cosicché, i 5 scaglioni di reddito vigenti prima della riforma, in questo modo articolati: “fino a 15.000 euro 23%; fino a 28.000 euro 27%; fino a 55.000 euro 38%; fino a 75.000 euro 41%; oltre 75.000 euro 43%”, attraverso l’accorpamento degli ultimi due scaglioni sono stati ridotti a 4. A seguito dell’intervento, gli scaglioni sono stati conseguentemente ripensati: fino a 15.000 euro 23%; fino a 28.000 euro; fino a 50.000 euro 35%, oltre 50.000 euro 43%.
Infine, modifiche sono intervenute sul 4° scaglione: mutua l’aliquota prevista nel precedente schema al 5° scaglione (oggi non più previsto), abbassando la soglia reddituale a 50 mila euro.
Tutto ciò considerato, tralasciando il primo scaglione (15.000 mila, al 23%), che non ha subito modifiche, ma concentrando l’attenzione sui restanti, emerge che per i redditi fino a 50.000 euro sussiste un risparmio d’imposta crescente; che invece decresce, fino a rimanere invariato, per redditi imponibili superiori a 50.000 euro. Si può ritenere, pertanto, che per effetto delle modifiche apportate agli scaglioni reddituali, si riscontra un beneficio maggiore per i redditi medio-alti.
Ma non è tutto. Per avere contezza dell’effettivo livello di imposizione bisogna anche guardare alle detrazioni d’imposta per tipologie reddituali, che incidono più sui redditi bassi e diminuiscono progressivamente all’aumentare del reddito complessivo. Fino ad annullarsi una volta raggiunta una determinata soglia
Come si diceva, infatti, il legislatore è intervenuto anche sulle detrazioni. In questi termini, stando a quanto messo in chiaro dal report recentemente pubblicato dal Mef, la modifica sull’andamento delle detrazioni, ad esempio per i lavoratori dipendenti, ha permesso di arrivare a tre livelli di aliquota marginale effettiva, ovvero il 23% fino a 15.000 euro, il 34% fino a 28.000 euro e il 43% dopo i 28.000 euro. Prendendo come riferimento l’esemplificazione riportata dal Mef, ciò significa che: “prima dell’intervento un lavoratore dipendente con uno stipendio annuo di 35mila euro lordi che a seguito di un aumento dell’impegno lavorativo avrebbe guadagnato 5.000 euro aggiuntivi (sempre lordi), avrebbe scoperto che di quei 5.000 euro gliene rimanevano circa 1.960. Nel 2022, di quei 5.000 euro aggiuntivi al lavoratore ne rimarranno circa 2.750”.
Ma veniamo agli effetti redistributivi. Come avverte il Mef, per avere la misura dell’impatto che nel breve periodo l’intervento avrà per i lavoratori dipendenti è necessario guardare al reddito disponibile, (dato dal reddito complessivo meno l’imposta al netto delle detrazioni più l’eventuale trattamento integrativo). In questi termini, i lavoratori dipendenti al di sotto dei 10.000 euro di reddito non registreranno particolari benefici, posto che larga parte della popolazione in oggetto non paga imposta o paga importi estremamente bassi; i lavoratori dipendenti nella fascia fino a 35.000 euro, avranno vantaggi, ma limitati dal nuovo andamento della detrazione da lavoro dipendente che riassorbe al suo interno gli effetti del trattamento integrativo; coloro che percepiscono redditi elevati, dato che lo sgravio oltre i 75 mila euro si stabilizza a 270 euro, godranno di un beneficio sostanzialmente irrilevante.
In conclusione, come analizzato efficacemente dall’Osservatorio sui Conti Pubblici, ben prima dell’approvazione della Legge di Bilancio per il 2022, si può ritenere che beneficeranno della riforma maggiormente i redditi medio-alti in quanto, sopra i 30.000 euro il beneficio cresce marcatamente. I contribuenti in questa fascia beneficiano sia del taglio di 2 punti percentuali nel secondo scaglione (15.000-28.000) sia di quello di 3 punti percentuale nel terzo scaglione (28.000-50.000).
Per i soggetti che invece percepiscono redditi elevati, poco cambierà. Infatti, al superamento della soglia di 50.000 euro, il beneficio progressivamente diminuisce fino a stabilizzarsi e rimanere invariato al crescere del reddito, una volta superata la soglia di 75.000 euro.