La riforma fiscale può attendere, quali le sorti del mattone?

3.9.2021
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La riforma fiscale, tanto discussa e attesa, segna il passo (anche per mancanza di copertura finanziaria), mentre potrebbe toccare al solito mattone farsi carico di un maggior prelievo fiscale. E se dessimo priorità alla giustizia fiscale (come è avvenuto per quella civile e penale)?
Sono state ben 61 le audizioni condotte in sei mesi dalla Commissione bicamerale al fine di varare un'imponente indagine conoscitiva sulla riforma dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario; un documento, tuttavia, che non si perita di individuare le fonti di copertura finanziaria della prospettata riforma, che invero dovrebbe comportare, tra l'altro, l'abolizione dell'Irap, un taglio delle aliquote intermedie Irpef e l'incremento dell'area di detassazione completa dei redditi (portando il relativo tetto a 10mila euro).
Forse anche per questo motivo il disegno di legge delega per la riforma fiscale (ancora una volta) di matrice governativa – preannunciato per la fine di luglio dal ministro per l'economia Franco – è slittato, e con esso i successivi decreti delegati (sempre di emanazione governativa) necessari a dare esecuzione alla delega in questione.
Il tempo però stringe (mancano solo 18 mesi alla fine della legislatura, e, con essa, della delega in parola, sempre che veda la luce), tenuto conto poi che serve “una riforma ampia e organica. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta” (parola di ministro).
Forse anche per questo motivo il disegno di legge delega per la riforma fiscale (ancora una volta) di matrice governativa – preannunciato per la fine di luglio dal ministro per l'economia Franco – è slittato, e con esso i successivi decreti delegati (sempre di emanazione governativa) necessari a dare esecuzione alla delega in questione.
Il tempo però stringe (mancano solo 18 mesi alla fine della legislatura, e, con essa, della delega in parola, sempre che veda la luce), tenuto conto poi che serve “una riforma ampia e organica. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta” (parola di ministro).
Attendiamo dunque il disegno in questione – nel frattempo, lo stesso ministero ha emanato nello scorso agosto l'atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2021-2023 (lo ripetiamo: a marzo 2023 la legislatura scade).
Nel documento viene ancora una volta ribadito come, tra gli obiettivi di politica economica, rivesta un ruolo rilevante il progetto di un'ampia riforma fiscale (per inciso, richiesta anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr), finalizzata a semplificare e razionalizzare la struttura dei prelievi, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività: in soldoni, meno tasse, senza sposare tuttavia la “flat tax”.
Il problema, come sempre, è “chi paga” (posto che i fondi europei sono destinati a nuovi progetti, e non a ridurre le tasse nostrane), problema ancora una volta rimandato al futuro, posto che nella relazione si legge che “detta riforma sarà accompagnata dall'istituzione del nuovo ≪fondo per l'attuazione della riforma fiscale≫ e dall'eventuale incremento delle risorse che potranno essere iscritte nel fondo ≪fedeltà fiscale≫, istituito con la legge di bilancio per il 2021 e da alimentare con i proventi delle maggiori entrate legate all'aumento della compliance che verranno successivamente restituiti, in tutto o in parte, ai contribuenti sotto forma di riduzione del prelievo”.
Tradotto: il fondo per l'attuazione della riforma fiscale al momento è vuoto (rectius, ancora non c'è), e quello della fedeltà fiscale, di fresca istituzione, deve fare affidamento non tanto sugli onesti, che già pagano, ma su coloro che si “convertiranno” a una maggiore onestà.
Nel documento viene ancora una volta ribadito come, tra gli obiettivi di politica economica, rivesta un ruolo rilevante il progetto di un'ampia riforma fiscale (per inciso, richiesta anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr), finalizzata a semplificare e razionalizzare la struttura dei prelievi, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività: in soldoni, meno tasse, senza sposare tuttavia la “flat tax”.
Il problema, come sempre, è “chi paga” (posto che i fondi europei sono destinati a nuovi progetti, e non a ridurre le tasse nostrane), problema ancora una volta rimandato al futuro, posto che nella relazione si legge che “detta riforma sarà accompagnata dall'istituzione del nuovo ≪fondo per l'attuazione della riforma fiscale≫ e dall'eventuale incremento delle risorse che potranno essere iscritte nel fondo ≪fedeltà fiscale≫, istituito con la legge di bilancio per il 2021 e da alimentare con i proventi delle maggiori entrate legate all'aumento della compliance che verranno successivamente restituiti, in tutto o in parte, ai contribuenti sotto forma di riduzione del prelievo”.
Tradotto: il fondo per l'attuazione della riforma fiscale al momento è vuoto (rectius, ancora non c'è), e quello della fedeltà fiscale, di fresca istituzione, deve fare affidamento non tanto sugli onesti, che già pagano, ma su coloro che si “convertiranno” a una maggiore onestà.
Difficile non nutrire un certo scetticismo al riguardo: forse un concreto aiuto finanziario alla riforma arriverà invece dal “puntuale aggiornamento degli archivi catastali” (si veda a pagina 9 dell'atto di indirizzo del ministro): potrebbe trattarsi della famosa riforma del catasto, che punta a incrementare la rendita degli immobili e, conseguentemente, ad allineare al mercato i valori su cui si paga, ad esempio, l'Imu (per ora non gravante sulla prima casa). Insomma, il vecchio mattone, probabilmente, dovrà sopportare il peso dell'ennesima riforma fiscale, con buona pace della riduzione del prelievo tributario (quanto meno di quello sul patrimonio).
E se sfruttassimo i mesi (di legislatura) che restano per una riforma della giustizia tributaria, in stato comatoso, soprassedendo (per una volta) su quella (forse inutile) fiscale?
Magari il vero problema del fisco non è il sistema complicato (i contribuenti italiani sono allenati), ma la mancanza di un Giudice (con la g maiuscola) che sappia tutelare l'equa e ragionevole applicazione delle norme, rispetto alle quali l'Agenzia delle entrate, per quanto imparziale, è comunque una “parte” del rapporto tributario (parola, anche, di investitori esteri).
E se sfruttassimo i mesi (di legislatura) che restano per una riforma della giustizia tributaria, in stato comatoso, soprassedendo (per una volta) su quella (forse inutile) fiscale?
Magari il vero problema del fisco non è il sistema complicato (i contribuenti italiani sono allenati), ma la mancanza di un Giudice (con la g maiuscola) che sappia tutelare l'equa e ragionevole applicazione delle norme, rispetto alle quali l'Agenzia delle entrate, per quanto imparziale, è comunque una “parte” del rapporto tributario (parola, anche, di investitori esteri).