Egli, infatti, potrà: costituire in Italia una stabile organizzazione; identificarsi come soggetto passivo Iva; nominare un proprio rappresentante fiscale. Il rappresentante fiscale Iva, pertanto, (la cui nomina deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata o da lettera annotata presso l’ufficio Iva o delle Entrate di competenza), è un soggetto che adempie ed esercita gli obblighi o i diritti in materia di Iva previsti a carico o a favore di un soggetto non residente, e senza stabile organizzazione, che effettua operazioni in Italia.
Quanto alla responsabilità, il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato estero relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto per tutte le operazioni territorialmente rilevanti nello Stato, con esclusione delle sole operazioni poste in essere direttamente dal soggetto non residente effettuate all’estero; risponde in proprio per gli obblighi previsti dalla normativa Iva ai fini della fatturazione, registrazione dei documenti, liquidazioni e pagamento dell’imposta, dichiarazioni e a quant’altro richiesto dalla normativa per le operazioni effettuate in Italia.
Ebbene, benché dal punto di vista civilistico, il rappresentante fiscale agisca come mandatario, tuttavia, la responsabilità di questo non può considerarsi determinata solo in funzione dell’accordo privatistico (contratto di mandato) che lo lega al rappresentato non residente.
Piuttosto, la responsabilità del rappresentante fiscale si individua anche dall’applicazione delle norme giuridiche sulla territorialità dell’operazione e sulla conseguente individuazione del debitore dell’imposta. In buona sostanza, il rappresentante fiscale Iva di un soggetto non residente risponde dei reati tributari anche se commessi dal rappresentato.
Questo perché, la carica ricoperta attribuisce a costui quei doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta la responsabilità anche penale, quantomeno a titolo di dolo eventuale. Così si è espressa la Corte di Cassazione che in una recente sentenza n. 3325 del 31 gennaio 2022, ha confermato la responsabilità del rappresentante fiscale italiano di una società maltese che aveva presentato le dichiarazioni dei redditi della società estera, avvalendosi di documentazione dalla quale emergeva chiaramente la fittizietà delle operazioni.
Il rappresentante fiscale, agendo in qualità di mandatario del soggetto non residente è responsabile con quest’ultimo per eventuali irregolarità commesse nei confronti dell’Erario.
Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture o documenti per operazioni inesistenti si configura quale reato proprio esclusivo o “di mano propria”. Per tale ragione, la responsabilità ricade principalmente nei confronti di colui che presenta la dichiarazione reddituale e che ha obblighi di vigilanza e di controllo della documentazione utilizzata per la compilazione della dichiarazione fiscale; compreso l’onere di verificare la veridicità delle fatture indicate.
Articolo Pubblicato sul numero di Febbraio 2022 del magazine di We Wealth