Patent box: cambiano le regole sulle spese per i software

Aldo Bisioli
Aldo Bisioli
22.2.2023
Tempo di lettura: 5'
La nuova “patent box” sul software, secondo l’Agenzia delle entrate, dovrebbe passare per la relativa registrazione presso la Siae. L’intento è meritorio, ma gli effetti rischiano di essere deleteri. Vediamo perché

Su queste colonne ho già avuto modo di sottolineare quale grande occasione di “progresso imprenditoriale” sia stata persa scegliendo di riformare (di fatto, abolire) la disciplina agevolativa fiscale che andava sotto il nome di “patent box”: una detassazione degli utili societari legata agli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo su determinati beni (brevetti, software, know-how e, originariamente, anche marchi).


Una detassazione tanto più elevata quanto maggiori erano i risultati aziendali, innescando di fatto un processo qualitativo, oltre che quantitativo (meglio spendo in ricerca e sviluppo, migliorando i risultati reddituali, più risparmio fiscale ottengo).


Il cambio di approccio del legislatore fiscale sulla patent box

Il legislatore fiscale ha deciso di abbandonare questo approccio “revenue driven” per abbracciarne uno “cost driven”, il quale rischia di rendere la nuova “patent box” un duplicato dell’agevolazione, delle spese di ricerca e sviluppo (anch’essa rimaneggiata nel tempo, e oggetto attualmente di un meccanismo di restituzione per coloro che se ne sono avvalsi in modo troppo disinvolto).


Come, peraltro, già fatto in numerose altre occasioni, è attualmente in corso di discussione una bozza di circolare dell’Agenzia delle entrate, la quale, assai apprezzabilmente, raccoglie i contributi degli operatori economici per migliorare/emendare quanto contenuto nella bozza stessa, soprattutto alla luce, si deve ritenere, delle concrete applicazioni che determinate interpretazioni possono assumere nei singoli settori, o, addirittura, in capo a singoli contribuenti.


La posizione dell’Agenzia delle entrate sul software

In quest’ottica, come già osservato, ritengo utile ribadire in questa sede che sul software l’Agenzia ha assunto una posizione che potrebbe rivelarsi “fatale” per il destino della nuova “patent box” applicata a tale tipologia di bene.


Benché il software sia coperto (in Italia) dal diritto d’autore (alla stessa stregua di un romanzo o di una canzone) e che tale diritto sorga per effetto dell’atto creativo originale (in soldoni, basta non copiare), l’amministrazione finanziaria, pur in assenza di alcun obbligo normativo, intenderebbe condizionare l’agevolazione in parola all’avvenuta registrazione del bene presso la Siae.


Non v’è dubbio che l’intervento di una “authority” esterna conferisca maggior certezza e imparzialità, consentendo di combattere eventuali abusi (quando un software può dirsi “creato”? senza considerare, poi, che un software ben funzionante è, di fatto, una sorta di “fabbrica del duomo”).


Tuttavia, ci sono due motivi che rendono impraticabile la registrazione: il primo attiene alla riservatezza dei dati (per alcune imprese strategiche – ad esempio, nel settore dei pagamenti – il software non può mai uscire dai confini aziendali); il secondo concerne la “trasportabilità” dei dati: alcuni software occupano talmente tanto “spazio” che la Siae dovrebbe dotarsi di notevoli infrastrutture tecnologiche per garantire l’acquisizione e la registrazione dei beni in questione.


La soluzione? Affidarsi a un sistema di certificazione interna alle aziende, come ad esempio le marche temporali (già adottate nel settore tributario), attestanti il momento il cui il “codice sorgente” è stato ultimato (o, quanto meno, ritenuto tale).

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Quali sono i vantaggi per le imprese nell’adottare un sistema di certificazione interna? Sai se ci sono altri vantaggi fiscali legati all'investimento in ricerca e sviluppo?

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Laureato in Economia aziendale con il massimo dei voti presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, dal 1997 svolge l’attività presso lo studio Biscozzi Nobili, in qualità di socio dal 2003. È iscritto all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano dal 1992. Revisore contabile dal 1999, ora Revisore Legale. Specializzato in fiscalità d’impresa.

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