Il trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del trust, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e trustee
In tema di imposta di donazione, registro e ipocatastale, la costituzione del vincolo di destinazione non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale
Con una recente pronuncia, n. 6047 del 2023, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di fiscalità del trust.
Sul punto, l’iter argomentativo dei giudici di legittimità ha preso avvio a partire dall’art. 2 del DL 262/2006, il quale ha istituito l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione.
Tale norma, include tutti i trasferimenti a titolo gratuito ed anche gli atti con cui si costituiscono vincoli di destinazione patrimoniale, senza che assuma rilevanza l’animus donandi, che infatti è assente negli atti a titolo gratuito diversi dalle liberalità.
Il rapporto tra disponente e trustee
Quando al trust, osserva la Corte:
- il rapporto fra disponente e trustee ha natura fiduciaria
- i beni o i diritti conferiti nel trust non incrementano il patrimonio personale del trustee, ma ne restano separati e segregati
- l’istituzione del trust non determina un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee, e non può pertanto costituire un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva di quest’ultimo
- la costituzione del trust non produce un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento
- per via della costituzione del trust, i terzi beneficiari, ove esistenti, non acquisiscono un qualche incremento patrimoniale, che comporti una maggiore capacità contributiva.
Alla luce di quanto sopra, secondo i giudici di legittimità, dal punto di vista fiscale, la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica la neutralità fiscale, tenuto conto che l’indice di ricchezza, al quale deve sempre collegarsi l’applicazione del tributo, non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione e che nelle more l’utilità, insita nell’apposizione del vincolo, si risolve per il conferente in un’auto-restrizione del potere di disposizione, mediante la segregazione, e per il trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, separata dai suoi beni personali.
In questo senso, ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust”.
Inoltre, osserva la Corte, non si può ritenere che detto trasferimento imponibile sia costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trustee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.
Trust e imposta di successione
L’istituzione di un “trust” ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del “trustee”, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale, sicché non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni; l’imposta sarà dovuta, invece, al momento del trasferimento dei beni o diritti dal “trustee” al beneficiario.